Alcuni appunti del mio recente viaggio in Argentina. Durante le mie visite periodiche non finisco mai di emozionarmi innanzi a questi grandi spazi sotto un cielo di un azzurro nitido. Quando ho tempo, fra un volo e l’altro, esco dall’aeroporto di Aeroparque e attraverso la strada, per scrutare l’immensità del Rio de la Plata in fronte e penso al mio nonno materno, arrivato a sedici anni, e a come doveva essere rimasto colpito dalla grandezza e dalle risorse di questo Paese. E ogni volta penso ai decenni di cattiva amministrazione che lo hanno dissanguato, nonostante dopo la seconda guerra mondiale fosse più ricco del Canada.
Sull’aereo per Mendoza ho chiacchierato con una signora seduta di fianco a me e, quasi subito, ho toccato con mano la realtà preannunciatami da un’amica argentina. Il paese era spaccato in due: i kirchneristi, seguaci della ex presidente, e quelli di Cambiemos, seguaci dell’attuale presidente Macri. Due punti di vista inconciliabili, le cui crepe passano non solo attraverso le diverse classi sociali ma anche all’interno di famiglie e di gruppi di amici. E spesso per preservare le relazioni personali, si è arrivati al tacito accordo “de esto no se habla”, a parafrasare il titolo del film dell’argentina Bemberg.
La madre medico di un caro amico mi aveva parlato di sua nipote, che non voleva ascoltare le ragioni dell’attuale governo, data la povertà di parte della popolazione e la conseguente necessità di giustizia sociale da sempre invocata dal peronismo e dal kirchnerismo. Poco importava che la nonna volesse farle vedere come il falso populismo avesse sperperato il benessere generato dall’ascesa delle “commodities” nel recente decennio, purtroppo ancora l’unica vera carta dell’Argentina. Ed era la stessa nonna a ricordarle che l’attuale governo di Macri, nonostante gli errori compiuti, stava cercando di fare del suo meglio, per contrastare un certo cinismo del precedente governo. Mi avevano detto, infatti, che, subito dopo l’insediamento di Macri, il nuovo governo si era trovato di fronte a buchi di bilancio e presupposti di spesa per opere pubbliche fasulle. “Sapevamo che rubavano ma non ci saremmo mai immaginati quanto. Non c’era più alcun pudore o senso della vergogna”.
A San Juan, una piccola città ai piedi della cordigliera delle Ande, un giovane avvocato, parlando della realtà economica locale, l’aveva riassunta in poche parole: “Qui vi è un piccolo gruppo che sta molto bene e al quale importa poco del resto della popolazione”. I governi populisti recenti e passati hanno capitalizzato su questi divari, creando un sistema di sussidi che spesso ha distorto l’etica del lavoro: nei vigneti, per esempio, la manodopera viene dalla Bolivia, perché gli argentini non sono incentivati a lavorare.
Fino a un mese fa non era ovvio quale sarebbe stato il risultato delle elezioni legislative di fine ottobre e questa incertezza pesava su una parte dell’economia, molti investimenti erano bloccati, come mi avevano riportato diversi immobiliaristi e gestori.
Dopo la decisiva vincita della linea Macri ho chiesto a un familiare cos’era successo in questo paese così diviso. Lui mi ha ricordato che, quando Macri era salito al governo due anni fa, una parte della popolazione aveva avuto paura di perdere i sussidi, com’era stato ampiamente pubblicizzato dai peronisti in campagna elettorale. Dopo il voto non solo non è stato così, ma alcune politiche dai benefici evidenti hanno tranquillizzato la popolazione. Sono stati realizzati diversi investimenti infrastrutturali, portando per esempio la rete fognaria in parti della capitale dove ancora non c’era. Lo stesso ministero dell’educazione di Buenos Aires è in corso di costruzione in un’area degradata e povera della capitale, Villa 31, a sottolineare che questo governo sembra aver capito che i divari storici su cui ha marciato un certo populismo vanno colmati, anche se il deficit governativo continua. E poi si è cominciato a portare giustizia: ministri e segretari, prima intoccabili, ora sono sotto processo. “Molta gente ha votato per la paura di vedere ritornare quelli che erano prima al potere, più che essere d’accordo con la linea di Macri”.
All’ufficio delle imposte federali, la fila era tale che ho avuto la sensazione di essere in un racconto di Buzzati: sarei entrata per non uscirne più… E invece sono stata sorpresa dalla relativa velocità ed efficienza con cui tutto si è svolto e dalla gentilezza del personale. Com’era possibile? L’ho fatto notare a un amico — che puntualmente si lamentava della scortesia della gente — al suo rientro da alcune conferenze in giro per il mondo. Questa volta però è stato d’accordo con me, anche se ha specificato che tale gentilezza era un fatto recente.
Con il nuovo governo vi è un senso di speranza, si respira più libertà e soprattutto, finalmente, si percepisce un maggiore rispetto della legge anche a livello governativo.