L’Asia trema di nuovo. Due fatti che si sono verificati nelle ultime ore aumentano il rischio e i timori di una nuova escalation nell’area. Secondo quanto riportato da Bloomberg, che cita il quotidiano sudcoreano Joong Ang Ilbo, la Cina avrebbe sventato un complotto di Kim Jong-un per eliminare il nipote, il 22enne Kim Hang Sol, figlio di Kim Jong-nam, fratello dell’attuale dittatore, assassinato nel febbraio scorso all’aeroporto di Kuala Lumpur in Malesia. Non solo. L’autorevole Chosun Ilbo riporta che Kim Jong-un ha richiamato in Nord Corea tutti i lavoratori nordcoreani all’estero, in particolare da Cina e Russia. Sarebbe una risposta di Pyongyang alle misure restrittive annunciate il mese scorso dalla Cina in applicazione delle sanzioni disposte dalle Nazioni Unite. “Bloomberg è attendibile — spiega Francesco Sisci, analista ed editorialista di Asia Times —. Un attentato ordito da Kim contro il nipote è la spia che qualcosa si sta agitando, anche se non vengono lanciati missili. Forse è addirittura peggio”.
Che cosa sappiamo?
Sappiamo poco. Kim Hang Sol è un giovane sulla ventina, non si sa dove sia. Di certo si sa che non è né in Cina né in Nord Corea.
Kim Jong-un è riuscito però ad eliminare il padre.
Sì. Il dittatore voleva eliminare colui che riteneva un possibile contendente e ci è riuscito. Pare che suo padre, il “caro leader” Kim Jong-il, avesse indicato il primogenito Kim Jong-nam come suo successore, e che i cinesi abbiano detto no preferendo un avvicendamento esterno alla famiglia. Alla fine Kim l’ha spuntata indicando il terzogenito, l’attuale leader Kim Jong-un.
C’era Pechino dietro Kim Jong-nam?
C’è l’ipotesi che Jong-nam sia stato ucciso per paura di un colpo di stato ordito dalla Cina. La Cina sarebbe riuscita a proteggere Hang Sol, ma non suo padre? E’ una domanda alla quale per ora non possiamo dare risposta. Forse, dopo la morte di Jong-nam la Cina ha rafforzato le misure di sicurezza su alcuni personaggi nordcoreani. In realtà la sicurezza di costoro dovrebbe essere assicurata da Pyongyang, non certo da Pechino.
Kim Jong-un avrebbe deciso il rientro di tutti i lavoratori nordcoreani. Cosa significa?
La Nord Corea affitta i suoi lavoratori all’estero, soprattutto a Cina e Russia. Si tratta di decine di migliaia di persone nella sola Cina. La notizia è affidabile perché il Chosun Ilbo è molto ben informato. Tutto questo è segno di un raffreddamento ulteriore delle relazioni, vuol dire che la Nord Corea non intende piegarsi alle pressioni cinesi.
Quali misure ha deciso la Cina contro la Nord Corea?
La più pesante è la sospensione entro fine anno delle forniture di olio combustibile. Il 90 per cento di quello che la Nord Corea consuma viene dalla Cina. Detto questo, uno dei principali timori nei giorni scorsi era che Kim facesse un nuovo lancio o un esperimento atomico durante il congresso del partito comunista. Così non è stato.
Ma come sono i rapporti?
Ci sono ancora, esistono margini di manovra che vanno usati saggiamente. Per questo è un periodo estremamente delicato.
Papa Francesco è molto preoccupato di un possibile conflitto con annesso impiego di armi nucleari e ha voluto il vertice per il disarmo nucleare che si terrà il 10-11 novembre in Vaticano. Cosa può fare la Chiesa?
Può fare moltissimo, aiutando a creare un contesto diverso.
Ma il portavoce della Santa Sede Greg Burke ha precisato che non si tratta di una mediazione tra Stati Uniti e Nord Corea.
Posizione ragionevolissima, infatti è proprio questo il punto. La crisi è difficilissima da affrontare perché il contesto appare compromesso. Su questo occorre intendersi, altrimenti si rischia di avere una visione falsata del problema.
Di quale problema stiamo parlando?
Intorno alla Cina cresce la tensione, non ci sono più tensioni bilaterali, isolate, ma sistemiche. Oggi è trapelata in India la notizia che la Cina vorrebbe nientemeno che dirottare il corso del Brahmaputra mediante un tunnel di mille chilometri, spostando l’acqua dal Tibet al deserto dello Xinjiang. Progetti del genere sono quotidiani in Cina. Ma non tutto ciò che è ipotizzato, studiato in Cina viene poi realizzato. Idem per quanto riguarda i progetti di Usa e Russia di sciogliere la calotta artica. Intanto però la circolazione di tali notizie in un momento come questo fa salire subito alle stelle la tensione politica. E un paese come l’India può risvegliare i mostri semplicemente agitando una notizia accademica.
Quindi?
Questo è solo un esempio. Eventi come quello citato non sono più isolati, assomigliano ormai ad anelli di una catena che sembra circondare la Cina.
Eventi o fake news?
L’una e l’altra cosa. Gli effetti possono essere gravi in entrambi i casi.
C’è una regia?
Non parlerei di una regia, ma di più regie, di iniziative o reazioni simultanee e ugualmente destabilizzanti, anche se derivanti da intenzioni o realtà diverse, da parte dei paesi dell’area, che temono di divenire vassalli della Cina.
Ma di chi parliamo esattamente?
Dei paesi del sudest asiatico come della Russia e ovviamente dell’India.
Non crede che anche la Cina abbia qualche responsabilità?
Assolutamente sì, perché si comporta come se i paesi vicini fossero minori.
E’ questo il contesto geopolitico che è saltato?
Sì. Questi paesi mettono in agitazione gli Stati Uniti, già travagliati al loro interno. Si crea un circolo tra Usa e Paesi asiatici che ha l’effetto di aumentare l’apprensione della Cina. Ed è facile capire come la Nord Corea rappresenti il possibile innesco di una reazione a catena. Per questo parlavamo di clima velenoso che va diradato, di catene di sospetti reciproci che vanno spezzate e l’iniziativa della Santa Sede va in questa direzione.
(Federico Ferraù)