La tensione resta altissima in Spagna e in Catalogna, con l’Unione Europea che torna a parlare con uno dei suoi membri più autorevoli, il commissario all’Economia Moscovici. Quella “mediazione internazionale” richiesta da Puigdemont al momento è arrivata solo a metà, visto che non ci sono membri in Ue che si sono schierati contro il Governo Spagnolo: «Una Catalogna indipendente non sarebbe membro dell’Unione europea. L’Unione europea conosce un solo Stato membro: la Spagna», spiega Moscovici a poche ore dalla notizia choc del Parlamento catalano sospeso da Madrid. Proprio questo braccio di ferro, secondo il commissario all’economia Ue, rappresenta una vicenda dolorosa che va trattata direttamente nello stato spagnolo. «Immagini di violenza che hanno scioccato, la vicenda catalana pone il problema delle ineguaglianze di sviluppo tra regioni e l’Europa ha un ruolo in questo», conclude Moscovici. (agg. di Niccolò Magnani)
SI TENTA UN ULTIMO DIALOGO
Si tenta un dialogo quasi disperato visto anche quanto si viene a sapere dalla Catalogna: secondo fonti del Sussidiario vicine alla Guardia Civil, la polizia spagnola, sono stati in queste ore ridotti i normali turni di riposo per i poliziotti spagnoli presenti in Catalogna nei prossimi giorni. Questo significa che le famose “leggi speciali” in momenti di emergenza nazionale stanno per avvicinarsi se non succede qualcosa nelle prossime 48 ore di decisivo e significativo: tradotto, da lunedì i militari, la polizia spagnola e l’esercito potrebbero entrare in Catalogna per bloccare la dichiarazione d’indipendenza firmata dalla Generalitat. Non solo, dopo che la Corte spagnola ha di fatto sospeso la seduta di lunedì nel Parlamento catalano i timori per una escalation degenerativa sono purtroppo fondati. Sono però previste per sabato e domenica alcune manifestazioni che tenteranno di invitare Madrid e Barcellona ad un dialogo: il titolo è indicativo, «Parlem?» (Parliamo?), e tramite social network si stanno lanciando i tam tam per i raduni nelle maggiori piazza della Spagna e della Catalogna. Il movimento popolare che porta il nome omonimo della manifestazione sta lanciando appelli per chiedere «la Spagna sia un Paese migliore dei suoi governanti, che hanno seminato odio e ci dividono». Ai manifestanti davanti ai municipi verrà chiesto di vestirsi di bianco, portare cartelli e dipingendosi le mani sempre di bianco per evitare bandiere di qualsivoglia movimento spagnolo. (agg. di Niccolò Magnani)
CORTE VIETA SEDUTA DEL PARLAMENTO CATALANO
Si chiama El Pleno e raccoglie il Parlamento della Catalogna: lunedì avrebbe dovuto tenersi la seduta forse decisiva per presentare la dichiarazione unilaterale d’indipendenza dopo il referendum di domenica scorsa. Ecco, da qualche ora la Corte Costituzionale ha sospeso El Pleno in forma precauzionale per evitare, al momento, la presentazione del tassello decisivo verso la secessione vera e propria: lo spiega El Pais, con la Corte spagnola che di fatto sospeso i lavori e la sessione di lunedì dove era tra l’altro previsto l’intervento del presidente Generalitat, Carlse Puigdemont. Avrebbe dovuto presentare i risultati del referendum d’indipendenza e appunto presentare il documento tanto temuto: in mattinata aveva presentato ricorso contro tale convocazione il partito socialista catalano, referente locale del Psoe spagnolo, e la Consulta di Madrid l’ha accolto in poche ore. L’inizio delle sospensioni dei poteri locali passa anche da qui e la situazione si fa sempre più fosca in tutta la Catalogna. (agg. di Niccolò Magnani)
RAJOY A PUIGDEMONT, “RITIRA LA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA”
Da più parti in questi giorni dopo il referendum è stata chiesto un passo indietro ai due principali protagonisti del referendum in Catalogna, un tentativo di permettere un dialogo laddove al momento l’opzione sembra quasi impossibile. Ecco per Puigdemont e Rajoy, i due leader di Catalogna e Spagna, l’invito non sembra essere stato recepito alla perfezione, specie per il premier popolare: «chiedo al governatore della Catalogna Carles Puigdemont di rinunciare al progetto di una Dichiarazione unilaterale di indipendenza per evitare mali maggiori e di tornare alla legalità nel più breve tempo possibile». Sarebbe la soluzione migliore per Rajoy, anche se non ci vedono particolari aperture alle richieste e istanze catalane. Secondo Madrid, l’unico modo per evitare mali più grandi è proprio quello di «sopprimere il progetto di indipendenza unilaterale». Il conto alla rovescia è cominciato e i prossimi giorni determineranno quale reale stato delle cose ci sarà in Spagna nei prossimi anni: intanto sabato sono state organizzate da più assicurazioni a Barcellona numerose manifestazioni per un dialogo e una speranza di ristabilire una convivenza civile. (agg. di Niccolò Magnani)
PODEMOS ATTACCA IL RE E IL GOVERNO
Il leader di Podemos, dopo aver chiesto ai popolari di ripensare il trattamento della crisi in Catalogna e dopo aver ricevuto un sono “picche” dal premier Rajoy, attacca fortemente sia il governo che la stessa Corona spagnola, con toni davvero molto duri. «Il re ha fatto un errore storico che comprometterà il suo futuro politico. Non ha parlato con nessuna forza politica fondamentale, non ha parlato con i baschi, non ha parlato con noi. Ha fatto una dichiarazione in cui ha rotto la neutralità, ha fatto il discorso del governo», spiega Pablo Iglesias, leader dei populisti di Podemos in una intervista ai microfoni di ‘6 su Radio 1 dai toni aspri contro Re Felipe e il premier spagnolo dei Popolari. «Un re che è un re del governo e non è il capo dello stato di tutti i cittadini è un re che ha problemi di legittimità. Quello che ha fatto è stato molto irresponsabile. non ha parlato del dialogo dei feriti, non ha avuto una sola parola alle persone ferite nelle cariche quindi ha fatto un discorso irresponsabile in cui ha lasciato fuori migliaia di cittadini catalani». La Spagna è da rifondare secondo Iglesias, bisogna “abbattere il governo e poi la stessa corona spagnola”. Il nodo-Catalogna, come si può evincere, sta svelando una instabilità generale che fino all’altro ieri era esistente ma molto nascosta. (agg. di Niccolò Magnani)
LE MOSSE TRA LA CHIESA E L’UE
Sono la Chiesa Cattolica e l’Unione Europea a provare in extremis una mediazione per evitare la frattura definitiva tra Catalogna e Spagna: dopo il referendum e prima della dichiarazione d’indipendenza, come già raccontavamo ieri, la Chiesa di Spagna ha provato in sottotraccia un tentativo importante di trovare un ponte, un collegamento tra Barcellona e Madrid. Il cristianesimo è di fatto uno dei pochi elementi che accomunano in tutto e per tutto le due popolazioni e su questo starebbe cercando Rajoy di “lavorare” per un accordo che il suo governo non riesce a trarre da Puigdemont. Due giorni fa il premier ha cinocntrato i cardinali e arcivescovi di Barcellona e Madrid – Juan José Omella e Carlos Osoro – mentre giusto ieri la Generalitat catalana ha contatto l’arcivescovado di Barcellona per poter arrivare ad una mediazione con la Corona. Insomma, un duplice movimento importante da segnalare e con la Sagrada Familia come “simbolo” di questa tentata unità. Dall’Europa invece il messaggio arrivato ieri dal Presidente del Parlamento Antonio Tajani è di doppio taglio: «Da questo Parlamento parte un appello a sostegno di una riflessione serena e profonda, che favorisca il dialogo in Spagna, nel rispetto del quadro costituzionale». Accuse poi sia a Madrid – “Nessuno ha gradito gli eventi di domenica” – che a Barcellona, «le decisioni unilaterali, compresa la dichiarazione di indipendenza da uno Stato Ue, sono in contrasto con l’ordinamento giuridico europeo e sono destinate a provocare pericolose divisioni». (agg. di Niccolò Magnani)
LUNEDÌ LA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA?
Resta alta la tensione in merito alla questione dell’indipendenza della Catalogna. Dopo le violenze di domenica scorsa, la Spagna intera attendeva il discorso del Re Felipe che si è schierato in maniera netta, per quanto prevedibile, a favore dell’unità nazionale stigmatizzando peraltro il referendum indetto dalle autorità Catalane. Nessuna apertura neppure sui metodi usati dal Premier Rajoy, che ha scelto la linea dura della repressione per cercare di impedire lo svolgimento stesso del referendum e per stigmatizzare il comportamento dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana che si è ribellata agli ordini centrali di Madrid. Un discorso che è stato giudicato estremamente deludente dai catalani e che ha acuito di fatto la frattura tra Barcellona e Madrid, con i rappresentanti della Catalogna che si sono detti delusi dalla mancata condanna quantomeno agli atti di violenza compiuti dalla Guardia Civil nei confronti dei cittadini presso i seggi del referendum.
REFERENDUM CATALOGNA, IL DISAPPUNTO VERSO IL RE
In particolare il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, ha avuto parole molto dure nei confronti di re Felipe VI, sottolineando come il re avrebbe dovuto rispettare tutti i catalani e avere un ruolo da moderatore, e invece secondo Puigdemont “non ha mai considerato la posizione della Catalogna, ma ha deciso semplicemente di sostenere il governo spagnolo, per annichilire il desiderio di sovranità del popolo catalano. Il mio governo – ha rimarcato il presidente catalano – sarà sempre impegnato a favore della pace, ma saremo risoluti. Oggi occorre una mediazione e sono aperto a qualsiasi processo di mediazione. Speriamo che non vi siano provocazioni.” Sembra impossibile poter negoziare con Madrid in questo momento per la Catalogna, e le prossime mosse, anche alla luce di quelle che sono state le parole di Re Felipe VI, potrebbero essere ancor più tese ad acuire la frattura tra le parti.
“MI SENTO PRESIDENTE DI UNO STATO LIBERO”
I risultati del referendum infatti sono nelle mani del parlamento catalano, che con un 42% di votanti (con un’affluenza che ha comunque risentito pesantemente del clima di tensione e violenza che ha accompagnato il voto) ha avuto comunque il 90% dei consensi in favore dell’indipendenza. Un dato che non può essere ignorato, e lunedì dunque potrebbe essere il giorno del giudizio, con il parlamento chiamato a votare per sancire la dichiarazione d’indipendenza da Madrid. Puigdemont ha già avuto parole di fuoco nei confronti dell’autorità di Madrid, dichiarando di sentirsi già il presidente di un paese libero e indipendente. La grande partecipazione della popolazione catalana allo sciopero generale che è stato indetto nella giornata di martedì scorso, ha d’altronde dimostrato come per i catalani gli atti di violenza durante il referendum siano stati inaccettabili ed abbiano portato al massimo l’impopolarità di Madrid. Che per bocca di Rajoy però non starà a guardare così come è accaduto domenica, e a una dichiarazione d’indipendenza della Catalogna potrebbero seguire gravi decisioni.