Accoglienza da imperatore, per Donald Trump a Pechino, come mai successo prima per un presidente americano, contratti da miliardi di dollari firmati, nuove pressioni sulla Corea del Nord. La visita del presidente americano in Cina è davvero quel successo che tutti sembrano sottolineare? Per Francesco Sisci, corrispondente di Asia Times, in realtà rimangono ancora degli ostacoli non da poco: “Per gli americani ma anche per le altre nazioni dell’Asia c’è ancora una forte diffidenza nei confronti della Cina, alimentata da problematiche come il furto delle tecnologie o le alleanze internazionali che non sono state toccate in questa visita”. “Inoltre” dice ancora Sisci “l’incontro tra Putin e Trump, se si terrà davvero, potrebbe significare il tentativo di far fuori Pechino dalla questione nordcoreana, con conseguenze imprevedibili”.



Si aspettava questa accoglienza trionfale di Trump da parte della Cina? Si può dire, come fanno quasi tutti, che questo viaggio è stato un successo per il presidente americano?

C’era da aspettarsi questo tipo di accoglienza e quello che ne consegue. Soprattutto la mega-offerta da parte cinese di contratti per un valore di 250 miliardi di dollari, una cosa enorme, che in prospettiva Trump potrebbe vendere molto bene ai suoi elettori. Questi contratti significano posti di lavoro e quindi voti per lui.



Dal punto di vista di Pechino invece cosa ha significato questa visita?

Ha dimostrato la grande forza della Cina, quella di poter offrire accesso al suo mercato che potenzialmente è il più grande del mondo e che quindi ha una forza attrattiva gigantesca. In questo modo la Cina ha guadagnato quantomeno del tempo.

Ha ottenuto altro?

Secondo me no. Trump ha detto che rimangono due problemi enormi ancora aperti, il furto delle tecnologie e il disavanzo commerciale. Di quest’ultimo ha detto che non è colpa della Cina, che ha fatto solo il suo lavoro, ma che la colpa è dei suoi predecessori. Queste problematiche ancora aperte possono indebolire Trump.



In che modo?

Trump è sotto assedio, è debole sia per gli attacchi dei democratici sia per gli imbarazzi e le divisioni tra i repubblicani. Il problema sarà: come dare seguito a questi accordi? Già adesso la stampa americana minimizza i 250 miliardi di contratti, dicendo che è tutta fuffa, tutta aria fritta. E poi rimane il problema più grande.

Quale?

La diffidenza generale verso la Cina che c’è in America ma che c’è anche in Asia. Nessuno di questi temi è stato toccato, tanto è vero che il consigliere alla sicurezza nazionale, nonostante i cinesi avessero insistito perché partecipasse alla visita, non si è recato con Trump a Pechino.

Non è ancora confermato, ma Putin e Trump dovrebbero incontrarsi in Vietnam. Ci sarà in ballo la questione della Corea del Nord?

Il  tema dell’incontro ufficialmente è la Corea del Nord, però anche questo incontro appare delicato. Il fatto che l’America si rivolga alla Russia e in qualche modo dica che la Cina non è più il solo arbitro della questione, da una parte è un bene perché la libera da tutta la responsabilità che ha adesso. Dall’altro è pericoloso, perché se la Cina non è più arbitro il problema della Corea del Nord si può risolvere senza la Cina e anche contro la Cina. Si entra dunque in prospettive assai delicate.

Non è possibile immaginare una sorta di triplice alleanza Mosca-Pechino-Whashington?

Assolutamente no, è impossibile. E’ come immaginare che una mosca possa fare un figlio con un pollo e ottenere un pollo che vola.