Epicentro nel Kurdistan iracheno, vittime in Iran. Come ci ha spiegato al telefono Daniele Mazzone, responsabile di progetto Avsi nel Kurdistan, “l’epicentro del sisma è stato rilevato a circa trenta chilometri dalla città di Halabja, a due ore di distanza da Erbil, capitale del Kurdistan iracheno dove ci troviamo noi, ma essendo una zona a scarsa densità di popolazione e urbanizzazione, distruzione e morti si sono verificati in territorio iraniano, dove invece ci sono molti centri urbani”. Un sisma che ha colto di sorpresa tutti: “Non risulta a nessuno dei curdi che vivono qui a memoria d’uomo un terremoto di tale impatto (7.2 gradi della scala Richter, ndr), il che potrebbe spiegare perché, pur essendo frequenti i terremoti nel sud Iran, le città iraniane siano andate distrutte: non erano costruite con criteri anti sismici in quanto zona considerata non a rischio”.
Mazzone, lei ci parla da Erbil. Com’è la situazione dopo la scossa di terremoto?
Fortunatamente qui, dopo la grande paura di ieri sera, è tutto a posto, non ci sono stati crolli né vittime, la città ha subito ripreso la sua vita normale.
Ieri sera invece cosa è successo?
Erano circa le 21, mi trovavo in un ristorante quando tutto ha cominciato a tremare, è stata una scossa piuttosto forte durata un minuto e mezzo pieno. Siamo usciti fuori di corsa, siamo rimasti in strada circa mezz’ora poi siamo rientrati. Oggi tutto scorre normalmente.
Abbiamo letto che c’è paura per due dighe nel Kurdistan iracheno che sarebbero state danneggiate, le risulta?
In realtà si è letto sui media locali della possibilità di danni che poi però non sono stati confermati, almeno al momento.
Dall’altra parte del confine invece, in Iran, le vittime sono centinaia e molte città distrutte. L’Iran è una regione fortemente sismica, è evidente che le abitazioni non erano costruite con criteri sismici, può essere questa la ragione della devastazione?
E’ possibile, ma ovviamente non lo sappiamo. Quello che sappiamo, parlando con la gente di qui è che a memoria d’uomo nessuno ricorda un sisma così forte prima d’ora.
Le risulta che ci siano stati soccorsi dalla vostra parte nei confronti degli iraniani?
I media non parlano di azioni di aiuto agli iraniani da parte irachena, ma non è escluso che gli abitanti della zona di Suleimaniyeh, che è storicamente molto legata all’Iran, si siano mossi.
Lei di cosa si occupa come capo progetto di Avsi?
Sono arrivato nel settembre del 2017 prima del referendum indipendentista. Seguo un progetto di formazione per cento rifugiati curdi, in inglese, che punta a sviluppare life skills e anche attività ricreative per giovani tra i 14 e i 24 anni con l’obiettivo di uscire da una logica di emergenza ed entrare in quella di sviluppo. L’emergenza Isis sta finendo, molti rifugiati stanno rientrando a casa.
Come è la situazione invece dopo il referendum indipendentista?
La situazione è tesa perché le milizie sciite hanno riconquistato i territori contesi fino alle porte di Erbil, sono tensioni crescenti ma sotterranee che per fortuna non sono sfociate in violenza. Ci sono continue pressioni da parte di Baghdad, come ad esempio negli scorsi giorni quando la banca centrale irachena ha imposto alle banche curde di non fare più transazioni in dollari. Questo ha portato a problemi di liquidità, ha avuto impatto anche su di noi perché i nostri fornitori hanno problemi a riscuotere. Le forze di Baghdad stanno cercando di prendere il controllo al confine con la Turchia. Gli espatriati rimasti qui o passano attraverso Baghdad o usano il confine con la Turchia da dove passano tutte le merci turche dirette ad Erbil.
E voi come siete visti? Ci sono problematiche?
Noi dell’Avsi siamo una piccola squadra, ma non abbiamo mai avuto nessun problema. Il Kurdistan è sicuro, possiamo girare tranquillamente, la gente è accogliente. Va detto che dopo lo scontro referendario sono cresciuti i sentimenti antiamericani, anche se non sono così netti.