A un mese dal feroce attentato che ha visto morire sua madre e ha portato i riflettori della stampa mondiale sull’isola di Malta, il figlio di Daphne Caruana Galizia (la giornalista e blogger protagonista di diverse inchieste sulla corruzione le connivenze tra potere e criminalità organizzata nello stato insulare) è tornato a parlare e, in un articolo pubblicato sul sito web del settimanale L’Espresso, ha ricordato la figura della madre e il suo impegno civile, cogliendo l’occasione per ribadire l’importanza del suo lavoro giornalistico e interrogandosi anche sulla natura di una professione che sembra essere nuovamente finire nel mirino. “Se un giornalista pensa a quanto guadagna o al fatto di inimicarsi le forze dell’ordine corrotte” esordisce Matthew Caruana Galizia, “penso che stia facendo il mestiere sbagliato”: il ragazzo, infatti, già all’indomani dell’esplosione che aveva fatto saltare in aria la Peugeot 108 sulla quale viaggiava la madre nei pressi di Bidnjia, aveva accusato esplicitamente il governo maltese e il premier Joseph Muscat di condotta mafiosa dato che la giornalista, secondo Matthew, “senza risorse e alcun finanziamento stava per svelare una storia esplosiva”.
LE RIFLESSIONI SUL MESTIERE DEL GIORNALISTA
Nell’articolo pubblicato da L’Espresso, che può essere visto come una sorta di lettera a cuore aperto di un figlio che dopo quel drammatico 16 ottobre cerca di elaborare il suo personale lutto, Matthew Caruana Galizia ricorda il giorno successivo a quello del funerale della madre: “Ho eluso la sorveglianza dei poliziotti e sono andato sul luogo dell’attentato” scrive, spiegando che dove si è verificata l’esplosione c’era un taccuino lasciato da un cronista straniero e sul quale la copertina riportava la frase “Tutti hanno diritto alla libertà di espressione”. A giudizio della giornalista e blogger maltese, infatti, in quelle parole vi sarebbe l’essenza stessa del fare giornalismo: “Uno fa questo mestiere perché è coscienzioso e onesto” continua l’autore dell’articolo, aggiungendo che è proprio il voler andare contro l’ipocrisia, le ingiustizie e i compromessi morali e denunciarli a muovere il cronista. D’altronde, le sue parole sanno quasi di amaro monito dopo che il governo di Malta è finito nel mirino e gli stessi abitanti dell’isola hanno mostrato di avere scarso interesse per l’accaduto e per l’importanza dei reportage che Daphne Caruana Galizia stava portando avanti.
“MIA MADRE SI FINANZIAVA DA SOLA LE INCHIESTE”
Infatti, Matthew Caruana Galizia conferma come l’inchiesta della madre Daphne sui grandi evasori e sulla criminalità organizzata a Malta era “difficile” non solamente perché vedeva la giornalista opporsi ai cosiddetti poteri forti ma anche perché, di fatto, era auto-finanziata e senza dunque ricevere alcuna sovvenzione economica: “Mia madre non aveva nessuna risorsa esterna: i suoi unici finanziamenti le arrivavano dagli articoli che scriveva per un mensile di gastronomia e una rivista di design, peraltro pubblicate da lei stessa”. E, in conclusione di questo articolo scritto per il settimanale L’Espresso, il figlio della cronista messa a tacere in modo vigliacco a soli 53 anni si domanda quale è la natura del lavoro di giornalista se “noi, con tutte le risorse che oggi abbiamo a nostra disposizione, non riusciremo a fare altrettanto” e a proseguire il lavoro di Daphne sullo scoop riguardante il famigerato affare del gasdotto da 40 miliardi di dollari e dei presunti affari tra il premier maltese e i vertici del regime in Azerbaijan.