Incontro a sorpresa tra il presidente russo Putin e quello siriano Assad nel corso del quale i due hanno festeggiato quella che per loro è la fine della guerra al terrorismo. “Mission accomplished, missione compiuta” spiega a ilsussidiario.net il generale Carlo Jean, “russi e siriani possono dire con ragione che il peggio è passato e che quello che dovevano fare l’hanno fatto”. Questo però, dice ancora Jean, non significa che la situazione siriana torni quella di prima della guerra: “Putin ha costruito un’abile rete di comando sullo scenario mediorientale e si può permettere di invitare l’Onu al tavolo delle discussioni perché tiene in mano le stesse Nazioni Unite”. Il tutto mentre anche in Libia l’Onu torna protagonista dopo lungo silenzio nel tentativo di sbloccare in qualche modo il conflitto tra Serraj e Haftar.
Putin e Assad dicono di avere sconfitto il terrorismo dell’Isis. E’ così?
Certamente, fanno bene a dirsi quanto siamo stati bravi a sconfiggere lo stato islamico, ma le porte sul dopo il conflitto sono ancora belle spalancate.
Dopo aver ignorato l’Onu e dopo che l’Onu stessa ha dimostrato di non sapere intervenire in modo adeguato, adesso Putin chiede la sua egida per condurre il processo politico del dopoguerra. Che significato ha questa mossa?
Non è vero che l’Onu è stata del tutto assente nello scenario siriano, l’inviato speciale Staffan de Mistura è riuscito a portare le parti a colloquio diverse volte a Ginevra. Il fatto vero è che la Russia nella sua ricerca di visibilità internazionale in questi anni ha del tutto bypassato le Nazioni Unite, convocando colloqui in Kazakistan con Assad, Turchia e Iran, come dire: sono io che conduco il gioco.
Sta dicendo che adesso Putin vuole che l’Onu si muova in prima persona?
No, sto dicendo che Mosca dice all’Onu di fare quello che vuole lei, ancor più visto che gli Usa si sono disimpegnati quasi del tutto dallo scenario.
E l’Onu accetterà di sottostare a Putin?
Non ha alternative. In questi casi quello che vale è la forza che uno ha sul terreno: l’Onu non ne ha alcuna, Putin ne ha e ha dimostrato di saperla usare.
Che scenario possiamo immaginare a questo punto per il futuro?
Resta spinoso il problema dei curdi siriani, tradizionalmente legati a Mosca dai tempi dell’Unione Sovietica e che ospitano il Pkk, sovvenzionati contro i turchi. I curdi sono sostenuti anche dagli Usa quindi anche Washington è ai ferri corti con la Turchia. E’ un problema che però deve risolvere Putin con Erdogan.
Quale Siria uscirà fuori da questo marasma?
E’ ancora una situazione di incertezza anche perché la ricostruzione richiede una valanga di soldi che la Russia non ha, ma che hanno gli americani che con la leva finanziaria continueranno ad avere un peso sulla scena. Teniamo poi conto che l’80 per cento dei siriani è sunnita ed è legato alla famiglia Assad dal punto di vista economico. Può darsi che la concessione di autonomie locali ai drusi e ai curdi siriani consenta ad Assad di ricucire una sembianza di stato che possa reggersi in piedi.
Anche in Libia l’Onu sta tornando protagonista, con una road map per ricucire i contrasti fra Serraje Haftar, che idea ha di questo fronte?
L’attuale inviato dell’Onu, il libanese Ghassan Salamé, è un personaggio parecchio apprezzato nel mondo arabo. Al momento si sta discutendo a Tunisi un piano per modificare gli accordi in corso e riavvicinare Serraj e Haftar.
Ritiene dunque che ci si stia muovendo verso una soluzione positiva?
Ritengo di sì, perché c’è una forte crisi alimentare in Libia. Sono riprese parzialmente le esportazioni di petrolio e il denaro ricomincia a circolare, ma manca l’acqua, l’elettricità è scarsa, i negozi semivuoti e ci sono posti di blocco ovunque. Verosimilmente la classe media libica che aveva il potere con Gheddafi sta riprendendo peso e questo dovrebbe riportare il paese a una situazione di stabilità.