“L’Arabia Saudita ci ha rimesso la faccia, ma ha ancora il coltello dalla parte del manico”: così il docente libanese Camille Eid sintetizza l’apparente soluzione della grave crisi apertasi con il mistero della detenzione a Riyad del primo ministro libanese e le sue dimissioni altrettanto misteriose: “A Riyad ci sono ancora due dei tre figli di Hariri, cosa che sembra quasi una detenzione di ostaggi per far pressioni sul primo ministro, anche se ha sospeso le sue dimissioni rientrando a Beirut”. Per Eid, un ruolo importante in questo giallo l’hanno avuto Parigi e Berlino che si sono mosse dicendo chiaramente al nuovo principe saudita che stava esagerando: “Si è sfiorata una gravissima crisi diplomatica quando il ministro degli Esteri tedesco ha rimproverato aspramente gli arabi per il loro comportamento, ma qualcosa si è ottenuto. Ma siamo ancora con il fiato sospeso in attesa della prossima mossa”.



Professore, il ritorno in patria di Hariri e la sospensione delle sue dimissioni che cosa cambiano nello scenario che si è creato nelle ultime due settimane?

Al momento non siamo ancora in grado di dirlo, perché siamo ancora davanti a un giallo, quello della detenzione per ben 18 giorni del primo ministro libanese in Arabia, che si è risolta con un nuovo giallo.



Quale?

Quello a cui abbiamo assistito, il ritorno di Hariri a Beirut e il congelamento delle sue dimissioni, è una soluzione sorprendente, forse anche solo un compromesso temporaneo, ma lascia molti punti interrogativi.

Cosa intende esattamente?

Le modalità con cui si è svolta la questione. Abbiamo assistito a un retroscena che ha visto coinvolti Francia ed Egitto, paesi che hanno detto chiaramente all’Arabia di abbassare i toni perché stava esagerando. Di fatto Riyad ci ha rimesso la faccia, visto che era partita in quarta quasi dichiarando guerra al Libano.

Un particolare che pochi hanno osservato è che Hezbollah si trova adesso nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’intera Lega Araba, cosa che prima era limitata solo ad alcuni paesi, e che darebbe il motivo per attaccarli in Libano.



Esattamente. Anche qui abbiamo assistito a un gioco inquietante, con il segretario della Lega che prima si dice d’accordo con Riyad, poi lunedì dichiara che non vogliono destabilizzare il Libano. Va detto che a Riyad ci sono ancora due dei tre figli del primo ministro Hariri e che sua moglie è appena ripartita per riportarli a casa. E’ una cosa che li fa assomigliare a degli ostaggi.

Intende che Riyad ha lasciato partire Hariri minacciandolo che se non avesse mantenuto le dimissioni non avrebbe rivisto i figli?

Già, ma invece così non è stato. Inoltre il presidente libanese ha detto chiaramente che il suo paese non vuole pagare il prezzo dei conflitti interni tra paesi arabi.

Una situazione inquietante. Che aria si respira adesso a Beirut?

E’ intervenuto il patriarca maronita Béchara Rai che aveva chiesto ad Hariri di sospendere le dimissioni se avesse trovato un clima positivo, cosa che si è verificata, ed è stato accolto con grandi manifestazioni di benvenuto da parte di tutte le forze in campo. Ma cosa ancora più rilevante, Hezbollah ha annunciato il ritiro delle sue milizie dall’Iraq, ora che la guerra con l’Isis è praticamente finita, e dichiarato di non aver mai venduto armi ad alcuno dei paesi arabi. Questa presa di posizione apre uno spiraglio maggiore sulla neutralità del Libano.

In tutto questo quadro gli Stati Uniti non hanno aperto bocca, sono dovuti intervenire Parigi e Berlino. Cosa significa?

Significa che l’Europa è stata in grado di imporsi. Il ministro degli Esteri tedesco ha accusato duramente Riyad, dicendo di finirla con le sue azioni destabilizzanti: prima il Qatar, poi la guerra nello Yemen e adesso il Libano. Cosa che ha provocato il ritiro dell’ambasciatore arabo da Berlino, cosa che poteva aprire un nuovo fronte di crisi.

Quale speranza per il Libano adesso?

Che non venga lasciato solo e che l’Arabia smetta questa politica aggressiva.

(Paolo Vites)