Secondo quanto fanno sapere i parenti dei membri d’equipaggio del sottomarino “ARA San Juan”, scomparso da mercoledì scorso nell’Atlantico Sud, le autorità della Marina argentina hanno confermato che il sommergibile ha subito una potente esplosione mentre si trovava a 30 miglia dal punto dell’ultimo contatto conosciuto, durante il quale il Comandante aveva avvisato di un guasto elettrico. Alle ore 11:00 del 15 di novembre si è registrato quello che in un primo momento era stato identificato come un segnale acustico anomalo. Solo dopo aver inviato sia negli Usa che a Vienna (dove ha sede un organo internazionale di monitoraggio per individuare detonazioni nucleari) la registrazione si è avuta la conferma che il segnale era un’esplosione, che è stata poi individuata anche dal Sudafrica. Le coordinate del luogo dell’avvenimento lo collocano a 46° 11′ 12″, proprio sulla rotta che il sottomarino, che procedeva a una velocità di appena 5 nodi, stava compiendo per raggiungere la sua base di Mar Del Plata.
A questi dati, ormai di dominio pubblico e che hanno commosso il mondo intero che segue questa vicenda, si aggiunge quello, anticipato ai parenti dell’equipaggio, della profondità di 3000 metri alla quale giace lo scafo. Un dato terribile, che ha gettato nello sconforto i familiari, che hanno reagito in forma anche violenta a questa notizia, accusando le autorità di aver mentito in tutti questi giorni. Bisogna calcolare che lo stress al quale i parenti sono sottoposti è notevole, anche perché nei primi giorni successivi alla scomparsa le autorità hanno reso pubblici dei fatti che sembravano accelerare il ritrovamento, ma che alla fine sono stati smentiti, gettando i familiari nello sconforto.
Ancora non si sa con precisione quando si potrà trovare il sommergibile, anche perché le condizioni atmosferiche sono in progressivo peggioramento in un’area di navigazione estrema: si è aggiunto alle ricerche anche un aereo Antonov, il più grande del mondo, specializzato in questo genere di operazioni, per cui ormai si può ben considerare quella del “San Juan” l’operazione di ricerca più colossale mai attuata in tempo di pace.
Però l’incidente altro non è che l’ennesima dimostrazione di un processo di dissoluzione delle Forze armate iniziato dal Governo peronista di Menem negli anni Novanta e proseguito dai suoi successori. Al giorno d’oggi l’Argentina non possiede un esercito in grado di vigilare il suo territorio in forma continuativa al punto che risulta facile penetrarne i confini per attività illecite come il narcotraffico e la pesca clandestina. Pensiero figlio purtroppo dei tristi anni Settanta della dittatura genocida che, una volta ritornata la democrazia, hanno confuso il compito di difesa del territorio con quello della repressione ideologica di un periodo storico che ha visto tutti i suoi sinistri protagonisti militari condannati.