Il vertice di Sochi sulla Siria dei capi di Stato di Turchia, Russia e Iran del 22 novembre si è svolto positivamente. Nel documento finale si è pienamente accettata l’urgenza della ricostruzione del paese e di continuare ad operare per una pace che parta da un dialogo pluralista ed inter-siriano. Naturalmente permane l’ostacolo della ritrosia turca verso la partecipazione dei curdi, ma questa questione sarà ulteriormente elaborata dalle commissioni preparatorie per i prossimi incontri. Lo stesso presidente siriano Assad, in una visita lampo che ha preceduto di un giorno il vertice, ha ribadito il suo impegno “per il dialogo con tutte le forze di opposizione, che sono interessate alla soluzione politica del conflitto”.
Tuttavia i sauditi hanno voluto boicottare l’incontro. Infatti lo stesso giorno che il terzetto di Astana si incontrava a Sochi hanno riunito a Riyad i membri della “Coalizione nazionale per le forze rivoluzionarie e di opposizione siriane” (Ncs), il ministro degli Esteri saudita Adel al-Jubeir e il rappresentante speciale dell’Onu Staffan de Mistura. Il summit ha avuto il preciso scopo di indebolire il processo di pace, ribadendo ancora una volta, come condizione preliminare, la cacciata di Assad prima dell’apertura di qualsiasi processo di transizione.
Quindi è da registrare che l’indomani del colpo di stato di palazzo ed il successivo tentativo di destabilizzazione del Libano, Riyad continua a precludere una soluzione siriana per la Siria con l’accettazione di tutta la comunità internazionale e addirittura con la partecipazione dell’inviato speciale dell’Onu de Mistura. Non c’è da meravigliarsi allora che Isis abbia proceduto con l’attentato nel Sinai contro il sufismo che proiettato nella situazione siriana, rappresenta in maniera potente coloro che sono più propensi ad un accordo e contrari ad uno stato fondato sulla sharia.
Purtroppo non giova, in questo contesto che invoca una chiarezza di posizione, che Washington segua la linea saudita. Sta a dire che è proprio sulle tensioni e sulle forti conflittualità che prospera il terrorismo.
Per queste ragioni, la dichiarazione del segretario della Difesa degli Stati Uniti d’America gen. James Mattis non lascia ben sperare. Egli, contraddicendo la precedente posizione dell’amministrazione americana, ha già comunicato che l’esercito americano non lascerà la Siria neanche dopo la sconfitta definitiva di Isis e la stabilizzazione del paese. Naturalmente questo segnale è interpretato da qualcuno secondo l’idea che il peso specifico delle proprie richieste può essere aumentato con gli atti di terrorismo.
Del resto Mattis ha detto chiaramente che il motivo della permanenza americana non è più quella del terrorismo ma che è una decisione originata dal fatto che “un ritiro brusco possa influenzare la sopravvivenza del regime di Assad”. In altre parole, Washington non accetta l’inattesa piega degli eventi e farà di tutto per cambiarla.
In questo senso, i fatti sono più che eloquenti: con l’appoggio determinante di Washington, si è già costituita nel nord della Siria un’area amministrativa autonoma curda, del tutto indipendente dallo Stato siriano. Inoltre, come vedremo qui di seguito, ci sono forti segnali che questo status di “extraterritorialità” ed indipendenza dal governo centrale siriano sarà replicato anche nelle altre aree di de-escalation (dove vige un semplice cessate il fuoco) e cioè Damasco, Idlib ed al confine meridionale con la Giordania.
In queste aree per il Dipartimento di Stato americano già vige un “governo provvisorio” e all’uopo già sono state approntate sovvenzioni per sostenerlo fino al 2020. Sta a dire che Washington ha stabilito che tali aree non torneranno sotto l’autorità centrale almeno fino a tale data. In questo contesto — come si può vedere nel sito dei progetti del Dipartimento di Stato americano — è già esecutivo dal 22 di novembre già esecutivo dal 22 di novembre il progetto di affidare l’educazione dei giovani siriani alle Ong che saranno opportunamente scelte da Washington secondo le proprie “linee guida”. Il progetto, del valore di 39 milioni di dollari, è indirizzato a sostegno dell'”educazione moderata in Siria”. Il bando è stato indetto per il reperimento “organizzazioni non-profit statunitensi o straniere o organizzazioni for-profit” da sovvenzionare nelle aree di de-esclation al fine di realizzare un proprio sistema educativo, volto a “prevenire la crescita dell’ estremismo e del radicalismo nell’ambiente dei giovani siriani (…) e la prevenzione della formazione di una generazione perduta”.
In proposito, è da notare che non solo gli Usa non hanno alcuna giurisdizione legalmente riconosciuta in Siria ma agiscono anche verso terzi aprendo a Ong straniere e “incoraggiando fortemente” quelle “con sede nella regione del Medio Oriente e del Nord Africa” inclusa naturalmente l’Arabia Saudita.
Come si può notare, i passaggi nel testo della citazione sulla “educazione moderata” e sulla “prevenzione della formazione di una generazione perduta in Siria” suonano in maniera particolarmente ipocrita, soprattutto se si considera il fatto che gli Stati Uniti stessi hanno tentato di rovesciare lo stato laico siriano proprio attraverso l’estremismo islamico. Un’ulteriore incongruenza è che l’amministrazione Usa identifica il “governo provvisorio della Siria” con l’Ncs, cioè proprio l’organismo che ha appena boicottato a Riyad il processo di pace. Washington sembra dimenticare che l’Ncs è un agglomerato di gruppi armati che ha come collante il denaro saudita ed è una sorta di “interfaccia” esterna per un certo numero di gruppi salafiti con i quali l’Occidente non poteva, a causa di motivi di reputazione, negoziare direttamente.
Viste queste premesse, non si capisce come l’Ncs (organizzazione “ombrello” di vari gruppi jihadisti), possa essere garante che gli estremisti non “co-optino o esercitino influenza sull’educazione”.
Alla luce di queste evidenze, appare chiara la presunzione e la mancanza di razionalità di Washington e dei suoi alleati. Paradossalmente, sembra proprio che gli strateghi statunitensi parafrasino il detto di Hegel: “Se la realtà non si adatta alla nostra presunzione, tanto peggio per la realtà”.