TERZA GUERRA MONDIALE. Ieri è cominciato il primo viaggio di Donald Trump in Asia, il più lungo di un presidente americano nell’ultimo quarto di secolo e precisamente da quello di Bush senior tra il 1991 e il ’92. I fatti e soprattutto gli sviluppi diranno se sarà anche il più importante. Dal 3 al 14 novembre Trump sarà in Giappone, Sud Corea, Cina, Vietnam e Filippine, con una iniziale tappa alle Hawaii. L’attenzione è tutta concentrata sulla Nord Corea a la sua minaccia nucleare, per contrastare la quale il presidente americano cercherà alleati in tutta l’area. A cominciare dalla Cina, interlocutore inevitabile e obbligato di Washington. Ma nessuna potenza — né gli Usa, né la Russia né la Cina — può chiamarsi fuori dalla crisi geopolitica globale che ha a Pyongyang uno — non l’unico — dei suoi epicentri principali. Perché a suo modo, spiega Francesco Sisci (Asia Times), l’altro epicentro della crisi è proprio Pechino.
Lei ci ha già spiegato che intorno alla Cina la tensione va aumentando. Eppure parliamo di una potenza mondiale che continua a crecere: +6,8 per cento nel 2017 e +6,5 per cento nel 2018 secondo il Fmi.
Siamo lontani venti anni, otto giorni e secoli luce dall’epoca in cui Bill Clinton nel 1998 compiva una trionfale visita in Cina. Allora Clinton premiava con un viaggio di dieci giorni la Cina che era appena entrata del Wto e prometteva di diventare come l’America in un arco di tempo ragionevole, prima di compiere il grande sorpasso del Pil americano che già allora i futurologi pronosticavano.
E invece?
Oggi che la Cina è a un tiro di schioppo da quel sorpasso — stimabile in cinque-dieci anni —, Pechino non è diventata come gli Usa. E’ vero, non è crollata come gli scettici e i falchi si auguravano. La Cina è un animale diverso, inclassificabile secondo gli schemi noti, ma anche considerato sempre più pericoloso e arrogante nella regione. Così Trump ha ridotto la visita in Cina a un paio di giorni, e l’ha incastrata all’interno di un viaggio di 12 giorni in cinque paesi dell’Asia.
Allora, in cambio di un impegno, già siglato con il Wto, di diventare “come gli Usa” Clinton garantiva protezione politico-militare nella regione. Oggi è cambiato tutto e l’attenzione è tutta polarizzata dalla Nord Corea. E la Cina?
Oggi Pechino pensa di non avere più bisogno di protezioni americane nella regione o nel mondo, ma necessita di un lungo periodo di pace e di mancanza di turbolenze per continuare il suo sviluppo, e compiere quel famoso sorpasso. Ma non è chiaro se oggi gli Usa o potenze regionali grandi e medie, come il Giappone o l’India, siano interessate a non agitare le acque. E se lo fossero, non è chiaro cosa la Cina sia disposta a concedere in cambio.
Di che cosa stiamo parlando esattamente?
Di una grande zona grigia. Non sono state prese decisioni e la questione nord coreana potrebbe scoppiare all’insaputa della Cina, eppure molti ancora affermano che l’arroganza di Pyongyang c’è perché è la Cina ad agitare Kim Jong-un come un pupazzo. Il libro bianco della difesa giapponese, pubblicato questa settimana, dedica ben 34 pagine alla Cina, che dipinge in termini foschi sia per l’atteggiamento esterno, sia per le sue vicissitudini interne: instabilità sociale, proteste etniche, eccetera.
Lei sembra esprimere una preoccupazione generale che va al di là di pur gravi questioni specifiche, come la Nord Corea e i rapporti commerciali Usa-Cina.
E’ così. In qualche modo se la Cina non riesce ad affrontare in maniera diretta e importante le tensioni e le preoccupazioni che le si addensano attorno, ogni sua concessione specifica può essere fraintesa. Se il sospetto sulla Cina si addensa e Pechino non fa concessioni, allora Pechino è arrogante e aggressiva, se le fa è debole e vile. La conseguenza in entrambi i casi è che si rischia di ringalluzzire i tanti falchi anti-cinesi in giro per il mondo.
E’ Xi Jinping a temere l’accerchiamento?
La sfida per Xi è titanica. Mai da due secoli la Cina è stata tanto importante e grande, e forse mai allo stesso tempo tanto in pericolo. Al tempo dell’invasione giapponese la Cina era fiaccata e indebolita da decenni, anche a causa di guerre civili e di rivolte come quella dei Taiping. Oggi non ci sono guerre civili, i cinesi sono individualmente ricchi come mai lo sono stati nella loro storia, ma allo stesso tempo le differenze sociali sono cresciute e sono oggi più che mai poco tollerate per la memoria del passato egalitario comunista e per i paragoni con la grande classe media all’estero. Contemporaneamente, per la prima volta nella storia, la Cina è senza un solo alleato, mentre sembrano formarsi e stringersi delle alleanze contro di essa.