La Norvegia, viene vista molto spesso come un Paese all’avanguardia fra tecnologia e stile di vita moderno. Ma, come riportato da La Stampa, non tutti sanno che in un villaggio a 40 chilometri dalla capitale Oslo vive una comunità sciamanica in piena regola, riconosciuta dallo Stato e che tiene in vita i riti dell’antico popolo Sami, che affondano le loro radici più o meno intorno all’anno 1000. I Sami vivono celebrando ogni volta la nuova luna e rispettando i riti della tradizione vichinga. A raccontare come vive ancora oggi, 1000 anni dopo, il popolo Sami è Gro, che assieme ad Ingerlise parla di una comunità in cui esseri umani, animali e natura comunicano fra loro all’interno di quello che viene definito “un circuito unico di energia e spirito”. Racconta Gro: “Quando ero piccola andavamo a giocare nel bosco: la natura mi parlava, gli alberi, tutte le creature strane che apparivano appena stavi in silenzio. Però, il giorno in cui l’ho raccontato a papà mi ha picchiato. Da noi era vietato parlare di queste cose”.
UNA CULTURA MILLENARIA
I riti Sami vengono però ancora spesso associati alla stregoneria, e in passato, come racconta Gro, era anche peggio: “Mia nonna Sami si sposò a 15 anni per amore con mio nonno, un norvegese. I vestiti Sami li dovette lasciare dai suoi, perché davanti ai norvegesi era impensabile vestire in modo tradizionale. Ti sputavano addosso. All’inizio degli Anni 60 la religione Sami era ancora associata alla stregoneria. Nonostante l’amore, mio nonno non smise mai di far pesare a mia nonna le sue origini. I suoi figli e noi, i nipoti, abbiamo tutti frequentato scuole molto cristiane, perché lui voleva cosi. Quando mi sono rivolta alla nonna per sapere di più su quel legame che sentivo con la natura, mi sono trovata davanti a un muro di gomma. Non voleva rivelare assolutamente niente.” Per celebrare la nuova luna viene effettuato un rito con la brace, per contattare le forze che vivono nell’aldilà. Il che può generare diffidenza, ma Gro sembra prenderla con leggerezza: “Ho quattro figli che spesso sono tornati da scuola dicendo che quello che faccio è stregoneria. Ma è più forte di me e poi, sono anche allenatrice di calcio e questo aiuta parecchio nei rapporti con i vicini”. Durante il rito si è soliti non gettare nulla sulla brace poichè il fuoco viene considerato sacro. Da qui ha inizio il viaggio nell’aldilà, durante il quale i partecipanti saranno accompagnati, su invito della sciamana, dalle forze celesti. Tutto segue un rito ben preciso: si tocca il suolo ringraziando la madre terra, si strofinano delle bacche di una pianta associata sull’avambraccio come se fosse il contatto degli antenati, si brucia un ramo della medesima pianta. Ad avvolgere i partecipanti ci pensa il fuoco ed il suono dei tamburi. E Gro, durante il suo viaggio, si ricongiunge ogni volta con i suoi antenati, a partire da suo nonno, la guida, che ha ritrovato la pace proprio dopo la morte.