Onori mai visti per nessuno, non solo per i presidenti americani, quelli con cui Xi Jinping ha accolto Donald Trump a Pechino. Come ha detto a ilsussidiario.net il corrispondente di Repubblica dall’Asia Angelo Aquaro, per il presidente americano, Xi ha addirittura organizzato la cena ufficiale in un sala del palazzo imperiale dove prima di oggi non era mai entrato nessuno. “Trump è in Cina con la valigetta del commesso viaggiatore” ci ha detto ancora “e sta già portando a casa eccellenti risultati nel campo degli affari economici, ma anche quello che ormai appare come un pieno sostegno della Cina alla causa americana contro la Corea del Nord”.



Aquaro, qual è l’obbiettivo minimo che Trump deve portare a casa perché il suo viaggio in Cina non sia considerato un fallimento?

L’obbiettivo più importante è ovviamente quello di rassicurare l’opinione pubblica americana e internazionale sulla volontà della Cina di stare con l’America nelle pressioni nei confronti di Kim. Ed è un obbiettivo che pare già raggiunto: siamo davanti al più lungo periodo di astensione dai test missilistici da parte di Pyongyang degli ultimi anni, come Repubblica aveva già sottolineato due settimane fa.



Questo significa che Pechino ha fatto pressioni come si chiedeva a Kim Jong-un?

Certamente. E’ chiaro che Trump vuole tornare a casa con la fama di essere il presidente americano che ha concluso “il deal”, gli affari, con la Cina.

Questo anche in chiave economica, nonostante i molti punti che separano i due paesi in questo campo?

Ovviamente e in parte c’è già riuscito, con l’accordo di investimenti cinesi negli Usa del valore di nove miliardi di dollari.

Non è contraddittorio rispetto alla politica nazionalista di Trump in campo economico?

No, perché non si tratta della classica “invasione” cinese in un paese straniero. Si tratta di investimenti nella costruzione di infrastrutture di cui l’America ha disperato bisogno e che impiegheranno operai americani. Bisogna anche tenere conto che l’America deve rientrare da un deficit del trade commerciale del valore di 350 miliardi di dollari, e nove miliardi di investimenti significano tanto, se contiamo poi che i cinesi vanno avanti con opere faraoniche come ad esempio il ponte che unirà Hong Kong alla Cina.



Dunque questa visita si sta rivelando un successo?

Sì, soprattutto per la possibilità di farsi bello davanti al suo elettorato. Trump è riuscito addirittura a far passare come un accordo che aiuterà l’economia americana la vendita per milioni di dollari di armi alla Corea del Sud. In sostanza, pur facendolo passare per aiuto alla difesa di Seul, ha detto anche che Kim Jong-un fa bene all’economia americana.

Sembra di capire che fra Trump e Xi ci sia un ottimo rapporto, un feeling mai visto in precedenza tra i due paesi, è così?

Assolutamente sì. I cinesi sin dall’inizio della presidenza Trump hanno “coltivato” questo rapporto, quando si sono presentati al primo summit in Florida con la miglior disponibilità possibile. Pensiamo solo che durante la cena ufficiale tra il secondo e il dessert, Trump si alzò in piedi e uscì per tornare poco dopo dicendo: ho dato ordine di bombardare la Siria. Come avrebbe reagito qualunque altro statista? Invece Xi Jinping non ha aperto bocca neanche dopo. E l’accoglienza che gli sta dando è da autentico imperatore.

(Paolo Vites)