Un paio di giorni fa papa Francesco, ancora commosso e sconvolto per l’incontro avuto in Bangladesh con alcuni profughi rohingya, ha commentato che Gesù Cristo oggi si incarna in quel popolo perseguitato e massacrato senza pietà dal governo del Myanmar, altro paese dove il papa si era recato in visita: “Gesù Cristo oggi si chiama rohingya”. La minoranza musulmana dell’ex Birmania secondo le Nazioni Unite, è quella più perseguitata al mondo. Secondo Medici senza Frontiere tra agosto e settembre, quando è scattata l’offensiva delel forze militari, le persone uccise sono state circa 6700, di cui 730 bambini con meno di 5 anni e altrettanti bruciati vivi. La maggior parte è stata uccisa con armi da fuoco mentre i rimanenti sono morti bruciati vivi nelle loro abitazioni, per violenze fisiche o a causa delle mine che i soldati del Myanmar hanno disseminato lungo il confine con il Bangladesh.
Quelli che, sempre nello stesso periodo, sono riusciti a lasciare il paese sono almeno 670mila dove vivono in campi dove non c’è praticamente alcuna assistenza se non quella di alcune associaizoni umanitarie. Un numero di vittime, dicono ancora i responsabili di MSF, senz’altro sottostimato perché non è stato possibile visitare tutti i campi profughi in Bangladesh e ovviamente non sono potuti entrare nel Myanmar: «Abbiamo incontrato e parlato con i sopravvissuti delle violenze in Myammar e ciò che abbiamo scoperto è sconcertante. È davvero alto il numero di persone che ha riferito di aver perso un componente della famiglia a causa della violenza, a volte nei modi più atroci. Il picco di morti coincide con il lancio delle operazioni da parte delle forze di sicurezza del Myanmar nell’ultima settimana di agosto». Secondo l’Unicef invece i minori che si trovano nei campi di accoglienza in Bangladesh sono circa 720mila, moltissimi dei quali giunti qui da soli, senza i genitori morti negli attacchi dei militari o nella fuga.