Dove potrebbe scoppiare la Terza guerra mondiale? Robert Farley, professore e specialista sulla difesa e sicurezza nazionale americana, ha pubblicato sulle pagine del National Interest cinque zone dove l’anno prossimo potrebbe ipoteticamente scoppiare. Il primo Paese della lista non può che essere la Corea del Nord, dove si è creata una situazione «insolitamente pericolosa» a causa dei successi nello sviluppo di razzi vettori per testate nucleari. La seconda regione è Taiwan, che potrebbe essere invasa dalla Cina se si avvicineranno le navi militari americane sull’isola, stando a quanto dichiarato dal diplomatico cinese Li Keksin. C’è poi l’Ucraina, dove la situazione resta tesa: la caduta del governo potrebbe portare alla salita al potere delle forze di estrema destra che potrebbero provocare una escalation del conflitto in Donbass. Non è da escludere poi che la Russia rafforzi la sua presenza in Ucraina e ciò potrebbe portare ad uno scontro militare tra Russia e Occidente. La quarta regione è la Turchia, che si sta avvicinando proprio a Mosca. Il Golfo Persico chiude la lista. (agg. di Silvana Palazzo)
L’ONU APRE ALLA COREA DEL NORD
È periodo di aperture: da un lato la terza guerra mondiale, dall’altro la possibilità che al termine di questo anno “horribilis” del 2017 qualche piccola apertura, un timido risveglio delle diplomazie internazionali possano in qualche modo ritardare se non proprio eliminare la possibilità di uno scontro nucleare devastante destinato a cancellare parte dell’umanità nel Pacifico, e non solo. Dopo le aperture del Segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, la “mancata” replica violenta della Corea del Nord, e il plauso di Vladimir Putin, ora è anche l’Onu a riportare il piano della diplomazia in primissima linea dopo che nei giorni scorsi si erano tenuti i primi contatti a Pyongyang tra un inviato delle Nazioni Unite e il regime di Kim Jong-un. «Offro i buoni uffici dell’Onu per evitare l’allarmante programma nucleare della Corea del Nord: non vorrei che finisca per provocare un conflitto dalle conseguenze devastanti», spiega durante il Consiglio di Sicurezza il Segretario Generale Antonio Guterres. Questo significa che l’Onu mette a disposizione i suoi vari asset strategici nelle tre aree chiave poste dallo stesso diplomatico portoghese: «imparzialità, valori e principi per soluzioni diplomatiche pacifiche e canali di comunicazione con tutte le parti». Il tutto per avere poi come obiettivo il “congelamento” delle tensioni, in nome di una pace ricercata da tempo sul fronte del Pacifico: «Le Nazioni Unite sono un luogo dove tutte le sei parti sono rappresentate e possono interagire per ridurre le differenze e promuovere misure di costruzione di fiducia reciproca». Questo anche perché nell’ordine Cina, Usa, Russia, Giappone in primis hanno più volte che detto che a livello economico e sociale una guerra missilistica sarebbe l’ultima cosa che ci si possa augurare: una “pace” conveniente (e tutt’altro che umanitaria) è l’obiettivo al momento dell’ONU. Ma Kim cosa ne penserà?
LE APERTURE TRA PUTIN E TRUMP
Apre l’Onu ma soprattutto, la notizia di ieri, è il nuovo scongelamento dei rapporti tra Putin e Trump dopo la crisi del Russiagate e il caso Gerusalemme. Ieri mattina il vertice telefonico prima del Consiglio Onu tra i due leader ha visto un primo nuovo accordo sul fronte del nucleare, dall’Iran fino ovviamente al nodo-Pyongyang: «la discussione si è concentrata sulle possibili risoluzioni della questione nucleare nella penisola coreana e delle altre situazioni in diverse aree di crisi», riportava la nota del Cremlino. È sempre di ieri la risposta ai giornalisti del presidente russo ad aver aumentato il “sospetto” di quelli che vedono in Trump e Putin due facce della stessa medaglia, almeno in politica internazionale. Ad una domanda sul Russiagate, il presidentissimo russo ha praticamente “replicato” i temi tanto cari da Donald Trump: «si tratta di un’invenzione dei nemici del presidente Usa che non hanno digerito la sua vittoria alle urne». Chiama poi “isteria spionistica” quella che avrebbe colto la stampa americana dopo l’elezione di Trump e spiega come lo scandalo delle presunte influenze russe in realtà «è stato creato da persone che si oppongono a Trump e vogliono far sembrare illegittimo il suo lavoro». Insomma, l’asse è abbastanza resistente e se questo può provocare non pochi grattacapi interni agli Stati Uniti, dal punto di vista della comunità internazionale avere Mosca e Washington sulla stessa linea di battaglia non può che fare bene, specie davanti alle minacce di Pyongyang. Certo, esiste anche un’altra lettura dell’intera vicenda e arriva in questo caso dagli analisti di “Formiche.net”: «Le provocazioni di Kim possono anzi rappresentare un ottimo modo per tenere impegnati gli Stati Uniti mentre la Russia agisce indisturbata su altri fronti, Medio Oriente in primis. E se una telefonata allunga la vita, ci vorrà ben altro per convincere Putin a suonare lo spartito di Trump». Dove stia il vero e dove stia il prossimo futuro è insondabile anche solo immaginarlo: di certo, il 2018 dovrà cercare di evitare una guerra che negli ultimi mesi sembrava sempre più vicina.