Schiaffo dell’Onu a Donald Trump: l’Assemblea generale ha votato contro la decisione del presidente americano di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Solo in 9 hanno votato a favore e 35 si sono astenuti, mentre sono 128 i Paesi che hanno votato contro lo strappo degli Usa. I Paesi schierati con Trump sono: Guatemala, Honduras, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Palau, Togo e ovviamente Israele e Stati Uniti. Tra quelli astenuti: Australia, Canada, Argentina, Polonia, Romania, Filippine e Colombia. Il voto dell’Assemblea Generale non è in alcun modo vincolante, a differenza di quelli del Consiglio di Sicurezza, ma ha una forte impatto politico. Durissima la reazione degli Stati Uniti: «Non ci dimenticheremo di questo voto», ha minacciato Nikki Haley, l’ambasciatrice americana all’Onu. Donald Trump aveva minacciato di tagliare gli aiuti ai Paesi dell’Onu che avrebbero votato contro la sua decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. «Lasciamo che i Paesi che prendono i nostri soldi votino contro di noi nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu o nell’Assemblea, osserveremo i voti e risparmieremo molti soldi», aveva dichiarato il presidente degli Stati Uniti durante una riunione del Gabinetto della Casa Bianca. (agg. di Silvana Palazzo)
HALEY, “USA RICORDERANNO QUESTO VOTO”
Alla fine l’assemblea Generale dell’Onu conferma le intenzioni della vigilia e vota contro l’Usa, ovvero a favore della mozione atta a bloccare il riconoscimento di Gerusalemme Capitale d’Israele, fermando così il trasferimento della ambasciata Usa da Tel Aviv. Un passo “in più” verso la guerra mondiale? Trump aveva promesso “ferro e fuoco” contro chi avrebbe votato contro, minacciando di tagliare i costi e le spese militari (e non solo) degli Stati Uniti verso i Paesi “ribelli”, che però sembrano essere davvero tanti. Votano contro Inghilterra, Francia, Germania e anche l’Italia, oltre a tutti i Paesi arabi, la Cina e la Russia (che già avevano cercato di bloccare il voto in Consiglio di Sicurezza). «L’America sposterà la sua ambasciata a Gerusalemme, ed è questa la cosa giusta da fare. Nessun voto alle Nazioni Unite farà la differenza. Ma questo è un voto che gli Stati Uniti ricorderanno, ricorderanno il giorno in cui sono stati attaccati per aver esercitato il loro diritto come nazione sovrana.azione sovrana. Questo voto farà la differenza su come gli americani guarderanno l’Onu e i Paesi che ci mancheranno di rispetto. Ricorderemo questo voto», sono le parole di fuoco dell’ambasciatrice Usa, Nikki Haley, riportando appieno il pensiero del presidente Trump.
NETANYAHU CONTRO L’ONU, “È LA CASA DELLE BUGIE”
La votazione di oggi all’Onu è l’ultimo passaggio di una battaglia diplomatica che vede protagonista la comunità internazionale contro la decisione del presidente americano Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. L’Assemblea generale del Palazzo di Vetro è, infatti, chiamata oggi ad esprimersi su una bozza di risoluzione, presentata da Yemen e Turchia a nome dei Paesi arabi, che si oppone a tale riconoscimento. «Lo Stato d’Israele respinge categoricamente questo voto, anche prima che venga adottato», il commento di Benyamin Netanyahu. Il leader israeliano ha definito le Nazioni Unite una «casa delle bugie». Gerusalemme «è la capitale di Israele, indipendentemente dal fatto che l’Onu la riconosca tale». Quindi ha confermato che le ambasciate dei paesi, in primis quella degli Stati Uniti, si trasferiranno a Gerusalemme. L’ambasciatore americano all’Onu, Nikki Haley, alla vigilia del voto aveva fatto pressioni, spiegando che gli Usa prenderanno i nomi dei Paesi che voteranno a favore della risoluzione di condanna. (agg. di Silvana Palazzo)
COREA DEL NORD, ALTA TENSIONE AL CONFINE
Alta tensione al confine tra le due Coree: i soldati sudcoreani e le guardie di frontiera nordcoreane si sono scambiati colpi di avvertimento a ridosso della zona smilitarizzata. L’incidente è avvenuto un’ora e mezzo dopo l’attraversamento del confine da parte di un militare nordcoreano, che è stato arrestato. I soldati sudcoreani hanno sparato 20 colpi di avvertimento in direzione della Corea del Nord, nei pressi della zona demilitarizzata. Successivamente anche dalla zona nordcoreana del confine si sono uditi degli spari. Si tratta del quarto attraversamento del confine da parte di militari nordcoreani nel corso dell’anno. L’ultimo caso era stato registrato a novembre: un soldato nordcoreano riportò cinque ferite d’arma da fuoco mentre provava ad attraversare il confine. Intanto Il Giornale rilancia un allarme: la Corea del Nord potrebbe aver avviato i test per armare le testate dei missili balistici intercontinentali con l’antrace. L’allarme è stato lanciato dal quotidiano giapponese Asahi, che cita fonti legate ai servizi di intelligente della Corea del Sud. (agg. di Silvana Palazzo)
VOTO ONU: PALESTINA, “ABBIAMO I NUMERI CONTRO TRUMP”
Il voto all’Onu si prevede tra qualche ora e le dinamiche complesse all’Onu fanno il paio con i calcoli che le varie ambascerie stanno compiendo per vedere quanto e come Trump sia isolato. Detto che in Assemblea Generale non ci sono voti “di veto” come in Consiglio Sicurezza (dove gli Usa avevano messo appunto il loro veto davanti alla luce verde degli altri 14 Paesi membri, Italia compresa, ndr) e servono i 2/3 dell’aula per poter votare la mozione su Gerusalemme capitale. 193 Paesi, e tutti si giocano il loro “rapporto” con gli Usa dopo la “minaccia” di Trump: secondo i palestinesi, tramite Saeb Erekat, segretario generale dell’Olp e capo negoziatore palestinese in una intervista all’Huffington Post, «Dai nostri calcoli i voti a favore supereranno abbondantemente i due terzi necessari. I favorevoli dovrebbero superare i 160». Trump isolato con non solo i Paesi musulmani contro, «l no alla forzatura operata dal presidente Trump su Gerusalemme – rimarca ancora Erekat – non ha trovato solo l’opposizione unanime dei Paesi arabi e musulmani, ma anche quella delle più importanti cancellerie europee e di gran parte dei Paesi latinoamericani e dell’Africa». Tutto è pronto, la guerra “diplomatica” mondiale sta per calarsi: chi ne uscirà vincitore?
TRUMP VS ONU, “TAGLIO FONDI A CHI VOTA CONTRO GLI USA”
Donald Trump contro tutti, e non solo per i rischi di terza guerra mondiale in Corea del Nord: oggi è atteso il voto all’Onu con la mozione in cui si tenta di bloccare il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele (qui tutte le novità di ieri, con l’avvertimento dell’ambasciatrice Nikki Haley) dopo la svolta forte di Trump nelle scorse settimane, che ha acuito lo scontro a livello internazionale pro-contro Usa. Ebbene, ieri sera il Presidente americano ha posto un diretto ultimatum (forse più una minaccia, a ben vedere): Trump ha minacciato di tagliare i fondi ai Paesi che oggi all’Assemblea Generale dell’Onu sosterranno la mozione contro il riconoscimento di Gerusalemme capitale. «Osserveremo i loro voti, lasciamo che votino contro di noi, salveremo un sacco di soldi, non preoccupatevi», ha aggiunto sarcasticamente il tycoon. L’Onu si appresta dunque a vivere ore di tensione con la decisione che rischia di mettere grandissime distanze tra l’Europa, la Russia, gli Stati Uniti e in generale tutti i Paese che vedono nel casus-belli in Medio Oriente un possibile irrigidimento di una vicenda già di per sé incendiaria e pericolosa da oltre 50 anni. «Tutte quelle nazioni che prendono i nostri soldi e poi votano contro di noi al Consiglio di sicurezza o all’assemblea, prendono centinaia di milioni di dollari, miliardi di dollari e poi votano contro di noi»: l’Italia, giusto per fare un esempio, aveva detto che avrebbe accolto la mozione Onu sul caso Gerusalemme. Ora, di fronte alla minaccia, come si comporterà? E soprattutto, chi accetterà il braccio di ferro-minaccia come “metodo” di discussione diplomatica?
TERRA SANTA, “MOSSA TRUMP ALLONTANA LA PACE”
È ancora Gerusalemme a fare discutere, a poche ore dal voto Onu che vede gli Stati Uniti praticamente contro tutto e tutti per rivendicare la propria scelta strategica di riconoscere proprio la Città Santa come Capitale “ufficiale” di Israele. Dalla Terra Santa, parla l’amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, Monsignor Pierbattista Pizzaballa, e il rischio di guerra mondiale lo pone benissimo come evidenza attuale: «le decisioni unilaterali non porteranno la pace, ma anzi la allontaneranno», riferendosi chiaramente alle recenti decisioni di Trump. «La politica è la grande assente di questo momento. E questo è fonte di frustrazione e disorientamento. Abbiamo bisogno della politica», ha spiegato ancora Pizzaballa durante l’incontro tradizionale con i giornalisti prima del Santo Natale. «La violenza di questi giorni cessi completamente e che si possa continuare a discutere legittimamente su Gerusalemme in ambito non solo politico, ma anche religioso e culturale. Le nostre popolazioni sono stanche di violenza, che non ha portato ad alcun risultato. Sono invece assetate di giustizia, di diritti, di verità. Sembrano affermazioni generiche e retoriche – ha concluso poi mons. Pizzaballa – ma qui in questo nostro contesto, hanno un risvolto concreto e preciso nella vita quotidiana, negli spostamenti e nella libertà di movimento, nei permessi, nei ricongiungimenti familiari e nella vita quotidiana di tutte le famiglie cristiane».