Mentre la giornata di ieri ha visto l’Onu “strappare” dagli Stati Uniti d’America, quasi in sordina è passata la notizia che potrà diventare realtà nelle prossime settimane: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nonostante i dissidi interni proprio dopo il caso-Israele, starebbe per votare nuove sanzioni contro la Corea del Nord. Nel discorso lungo e complesso di “rischio” per una guerra mondiale, le Nazioni Unite avrebbero trovato l’accordo per nuove sanzioni con inserite nuove limitazioni all’importazione di idrocarburi, il rientro di tutti i suoi lavoratori all’estero entro 12 mesi e una stretta molto incisiva ai vari traffici marittimi. Anche qui però gli Usa sono tutt’altro che positivi su queste nuove sanzioni contro Pyongyang: Donald Trump chiedeva il bando totale delle importazioni di idrocarburi e il congelamento di tutti gli asset internazionali del governo di Pyongyang. Così però non avviene, con la bozza di risoluzione che «imporrebbe un tetto annuo alle importazioni di greggio a 4 milioni di barili e a quelle di prodotti derivati, quali diesel e kerosene, di 500 mila barili. Proibirebbe inoltre le esportazioni di prodotti alimentari, macchinari e altre merci dalla Corea del Nord. Bandirebbe infine ogni esportazione verso la Corea del Nord di utensili industriali, veicoli e metalli industriali», riporta l’Ansa nel dispaccio di giornata.



MACRON-PALESTINESI, “GLI USA SI SONO AUTO-ISOLATI”

Tra le prime reazioni politiche al voto contrario dell’Onu vi è da segnalare l’incontro in pompa magna tenutosi oggi a Parigi tra Macron e il presidente palestinese Mahmoud Abbas. La terza guerra mondiale “minacciata” dagli Stati Uniti con le Nazioni Unite che hanno girato le spalle a Trump è sempre un rischio “sotto-traccia” da non sottovalutare, non tanto per attacchi diretti americani ma la tentazione di sfilarsi sempre di più dalle dinamiche internazionali e le principali crisi mondiali (Corea, Siria, Medio Oriente, ma anche in Europa e in Ucraina). «La decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele “marginalizza” gli americani sul dossier mediorientale», lo ha spiegato Macron tra i più duri e critici dell’epopea di Trump su Gerusalemme capitale (e qualche tempo prima anche su clima e nucleare). «Decidere in modo unilaterale di riconoscere la Palestina è efficace?» ha posto la questione lo stesso presidente francese in una dichiarazione congiunta con Abu Mazen – non credo. «Perché si tratterebbe di una reazione alla decisione di Washington che ha provocato problemi nella regione. Così facendo risponderei con un errore simile, le scelte della Francia non devono essere decise sulla base di una reazione», ha aggiunto Macron. (agg. di Niccolò Magnani)



ISRAELE, “GRAZIE TRUMP”

Qualsiasi voto fosse uscito ieri dall’Onu avrebbe comunque riaperto una volta di più la ferita e la guerra tra Israele e Palestina: dopo le “mosse” di Trump e il dietrofront delle Nazioni Unite non più disposte a difendere Israele contro i vari Paesi arabi (non solo la Palestina, ndr) ora mettono ancora più rischio una guerra mondiale con il Medio Oriente (e la mai dimenticata situazione in Corea del Nord) come punti di massima escalation. Dopo il voto bocciato dall’Onu, Israele oltre ad avere parole di durissima reazione contro l’assemblea Generale, scrive a Trump dicendo «grazie al presidente per la sua posizione chiara a favore di Gerusalemme, e grazie ai Paesi che hanno votato con lui» (Guatemala, Honduras, Togo, Canada, Repubblica Ceca, Polonia e Romania). I Palestinesi ovviamente hanno salutato invece positivamente il voto contrario a Gerusalemme Capitale, e con il portavoce del presidente Abu Mazen, Nabil Abu Rudeineh hanno fatto sapere, «Questa decisione ribadisce ancora una volta che la giusta causa palestinese gode del sostegno della comunità internazionale e che nessuna decisione da qualsiasi parte può cambiare la realtà: Gerusalemme è un territorio occupato in base alla legge internazionale Continueremo i nostri sforzi all’Onu e nelle organizzazioni internazionali per mettere fine all’occupazione e stabilire il nostro stato di Palestina con Gerusalemme est come capitale». (agg. di Niccolò Magnani)



IL VOTO ONU CONTRO ISRAELE E GLI USA

Donald Trump provoca l’Onu, le Nazioni Unite rispondono sfidando la decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e di spostare l’ambasciata nella Città santa. La comunità internazionale infligge dunque uno schiaffo al presidente americano sul palcoscenico diplomatico più importante. La mossa di Trump è stata considerata «una minaccia per la stabilità del Medio Oriente e per la pace e la sicurezza internazionali». Su 193 Paesi ben 128 hanno votato a favore della risoluzione presentata da Turchia e Yemen, appoggiata in massa dai Paesi arabi, musulmani ed europei. Nove quelli contrari, 35 gli astenuti. Mai come ora Donald Trump appare isolato nel mondo. Il solco sembra destinato ad allargarsi sempre di più, con sviluppi imprevedibili. Duro il commento dell’ambasciatrice americana al Palazzo di Vetro, Nikki Haley: Ce ne ricorderemo». Una minaccia neppure tanto velata dell’ambasciatrice, che ha parlato di «mancanza di rispetto» verso gli Usa, principali contributori delle Nazioni Unite. «Se i nostri investimenti falliscono, non portano risultati – ha aggiunto – allora abbiamo l’obbligo di destinare le nostre risorse ad altri obiettivi più produttivi». La distanza tra Usa e Onu rischia di diventare incolmabile, così come è difficile intravedere segnali di ripresa per il dialogo tra israeliani e palestinesi. Per il premier Benyamin Netanyahu il voto dell’Assemblea generale è destinato «al secchio della spazzatura della storia».

COREA DEL NORD, “ECCO LE CITTÀ NEL MIRINO DEI SUOI MISSILI”

Gli ultimi test sui missili intercontinentali della Corea del Nord preoccupano tutti, ma la minaccia più immediata è in Giappone e Sud Corea. François Godement, direttore del Programma Asia e Cina dello European Council on Foreign Relations, ha spiegato che c’è incertezza sulla precisione dei missili nordcoreani, ma ha riconosciuto il rapido progresso dei programmi nucleari e balistici. «Nei suoi media ufficiali, la Corea del Nord non fa distinzione tra obiettivi tattici e strategici. Quelli militari includono le basi statunitensi nell’Asia pacifica, mentre gli obiettivi civili includono città in Giappone e negli Stati Uniti», ha dichiarato a La Stampa. Recentemente molti passeggeri di un aereo di linea hanno visto dai finestrini un missile nordcoreano. Esiste un rischio reale per le compagnie aeree: «La Corea del Nord ha avuto la fortuna che nessun test missilistico abbia causato vittime. Le compagnie aeree civili, le barche da pesca, e il territorio giapponese stesso, sono tutte potenziali vittime se un test dovesse fallire. Questo suggerisce che l’esercito popolare coreano ripone fiducia nelle proprie tecnologie balistiche, ma dimostra anche di avere una tolleranza molto elevata verso il rischio».