Ancora un attacco contro la Russia. E contro cittadini inermi. La parola “terrorismo” non è stata espressamente pronunciata, per quanto la presenza dei chiodi nell’ordigno sia sospetta dato che tali “agenti letali” vengono spesso usati dai terroristi per massimizzare il potenziale distruttivo dei loro ordigni. “Tutte le piste sono aperte”, ha detto la portavoce Svetlana Petrenko. Sostenitori di Isis stanno inneggiando in rete: “se Dio vuole daremo ai crociati un assaggio della loro stessa medicina”. Lo riferisce Rita Katz, direttrice dell’organizzazione Site che monitora l’attività jihadista sul web.
Chi ha colpito a San Pietroburgo insomma ha tutto l’interesse a far capire che la partita con il califfato non è chiusa. La numerosa legione caucasica già impegnata nella crudele guerra cecena e poi in Siria, Iraq e Libia non dovrebbe aver faticato più di tanto ad organizzare un atto che somiglia per molti versi più ad un’azione intimidatoria o forse intende depistare in vista di qualche attacco eclatante. Sta di fatto che la Russia resta con gli Usa il nemico più odiato del terrorismo di matrice islamista. E l’annuncio della ricandidatura di Vladimir Putin non deve aver fatto dormire sonni tranquilli agli estremisti sunniti. E proprio lo zar Vladimir pochi giorni fa aveva ringraziato pubblicamente gli americani per l’aiuto ricevuto nello smantellamento di una pericolosa cellula di Isis. Già Usa e Russia uniti contro il terrorismo, forse era questo il vero obiettivo degli attentatori: mostrare che nonostante la solidarietà americana si era in grado di colpire ugualmente. Ora si attende la risposta dei capi “crociati”. Sarà nel segno di una ritrovata sintonia?