Dopo le prime discussioni a caldo sull’assegnazione della sede dell’Ema (European Medicines Agency), si può tentare di esaminare questa questione e quella dell’Eba (European Banking Authority) sotto il profilo più generale dei rapporti di forza tra le varie componenti dell’Unione Europea. Forse proprio per non portare troppo allo scoperto gli schieramenti tra i vari Stati si è scelta l’assurda formula del sorteggio, provocando peraltro un grave danno di immagine all’Unione stessa.



L’Ema è un’agenzia importante, che si occupa di un settore rilevante come l’industria farmaceutica. L’entrata in finale di Milano era abbastanza sicura e ci si aspettava, secondo diverse voci correnti, un possibile confronto con Bratislava. Significativa la reazione della Slovacchia, che non ha partecipato alle votazioni successive alla sua esclusione, indicando una chiara irritazione per il mancato rispetto di impegni presi nei suoi confronti.



Per quanto riguarda l’altrettanto importante Eba, Francoforte, principale piazza finanziaria dell’Europa continentale, sarebbe stata la successione “naturale” a Londra. In finale è invece arrivata Dublino con Parigi e, dato che la Germania era considerata il maggiore sponsor di Bratislava, il tutto potrebbe dare un segnale di insofferenza verso il predominio tedesco. A Berlino, in un momento di palese difficoltà per Angela Merkel, ha provocato senza dubbio qualche mal di pancia la scelta a favore di Parigi, che invece aiuterà molto l’ex banchiere Macron a risalire nei sondaggi.



A questo punto è interessante vedere l’attuale distribuzione geografica delle numerose istituzioni europee. Il sito della Ue elenca 13 istituzioni e 48 agenzie, di cui molte hanno sede, in modo abbastanza ovvio, a Bruxelles: 8 istituzioni e 12 agenzie. Le altre sedi delle istituzioni europee sono 5 in Lussemburgo, 2 a Strasburgo e una, la potente Bce, a Francoforte. Le sedi sono sedici e non tredici, perché la Commissione Europea ha sede sia a Bruxelles che a Lussemburgo, e il Parlamento Europeo ha ben tre sedi: Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo. Una scelta del tutto irrazionale e con costi aggiuntivi difficilmente tollerabili quando si impone agli altri una pesante austerità. Colpiscono anche le cinque sedi attribuite al Lussemburgo, cui si aggiungono anche due agenzie: non sembra un po’ eccessivo per uno Stato di 600mila abitanti, noto soprattutto per la sua “apertura” nelle questioni finanziarie che, all’interno dell’Unione, lo avvicinano a un paradiso fiscale?

Dopo Bruxelles, gli Stati con più sedi di agenzie europee sono Francia e Spagna con 5 a testa, seguite dall’Olanda con 3, e poi da Italia, Germania, Portogallo, Grecia, Ungheria e, come detto, Lussemburgo con 2 rispettivamente. Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia e Svezia seguono con una a testa. Bulgaria, Cipro, Croazia, Malta, Romania e Slovacchia sono assenti dall’elenco.

Accanto al numero delle sedi attribuite a ciascuno Stato, occorrerebbe anche valutare la loro importanza oggettiva e politica, il numero di occupati diretti e indiretti, il fatturato indotto e l’influenza sul Pil del Paese. Un’analisi che andrebbe certamente fatta, ma già con questi dati si può trarre qualche considerazione circa i rapporti di forza tra i vari “blocchi” presenti nell’Unione. La parte del leone tocca a cinque dei sei Stati fondatori, Germania, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, ai quali vanno tutte le sedi delle istituzioni europee e 24 agenzie su 48. Il sesto Paese fondatore, l’Italia, è ormai annoverato tra i Piigs, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Portogallo, cui vanno le sedi di 12 agenzie. Di queste ben cinque sono in Spagna, di cui una nella riottosa Catalogna. In Italia hanno sede a Parma l’Efsa, l’agenzia per la sicurezza alimentare, con 435 dipendenti, e a Torino l’Etf, la fondazione per la formazione professionale, con circa 130 dipendenti, contro le circa 900 che avrebbe portato a Milano l’assegnazione dell’Ema.

Se al gruppo attorno alla Germania si aggiungono l’Austria e i Paesi scandinavi si arriva a un totale di 28 agenzie, indicativo del ruolo predominante del “nucleo duro” della Ue rispetto alle periferie, meridionali o orientali, che non ospitano alcuna istituzione e solo 20 agenzie. Sembrerebbe opportuno che venisse chiarito il più possibile il metodo seguito nelle assegnazioni, che dovrebbe contemperare valutazioni oggettive e politiche. Altrimenti, come nel caso Ema ed Eba, la già pericolante credibilità dell’Ue verrà ulteriormente compromessa. Per quanto riguarda l’Italia, infine, rimane confermato il suo ruolo secondario, non di certo adeguato al peso reale che ha all’interno dell’Unione.