Primi incidenti e scontri fra palestinesi e soldati israeliani, come era prevedibile, dopo la dichiarazione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come sola capitale dello stato israeliano. Preoccupa di più però la dichiarazione di Ismail Haniyeh, leader di Hamas, che ha annunciato per oggi l’inizio della nuova intifada: “domani (oggi, ndr) sarà il giorno dell’ira e l’inizio della nuova intifada chiamata ‘liberazione di Gerusalemme'”. Per Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes, in questa conversazione con ilsussidiario.net, “se Trump ha fatto questa mossa per accattivarsi quella parte della lobby ebrea americana che spinge per questa soluzione, dal punto di vista internazionale chi muove le fila è l’Arabia Saudita che ha già detto ai palestinesi di rinunciare a Gerusalemme e accontentarsi di uno stato minimale”.



Caracciolo, annunciando Gerusalemme “capitale di Israele”, Trump ha detto che lavorerà per la pace. Che senso ha dire una cosa del genere, visto che invece sta per aprirsi una crisi internazionale dalla portata imprevedibile?

Sono parole che significano solo un abbellimento retorico privo di contenuto. Non c’è nessuna vera negoziazione in corso né sopra né sotto il tavolo al momento fra le parti in causa.



Dunque qual è la sua ipotesi per una tale mossa?

Trump fotografa una realtà che è già sul terreno e cioè che Gerusalemme è israeliana di fatto. Il motivo per cui ha detto quello che ha detto è essenzialmente per ragioni di politica interna.

Cioè?

Per ripagare ed essere ulteriormente pagato anche per la sua prossima campagna elettorale da quella parte della lobby ebraica americana che preme per questa soluzione. Poi ricordiamoci del ruolo fondamentale che ha avuto in tutto questo il genero di Trump, Kushner, per i suoi legami con la destra israeliana.

Tutto qui? Una tale crisi per garantirsi la rielezione?



No, non è tutto qui. Dal punto di vista internazionale la pista più interessante è quella saudita.

Cosa intende?

Al di là delle dichiarazioni di circostanza contro Trump c’è la notizia di movimenti da parte del famoso figlio del re saudita, Mohammed bin Salman, il quale ha avuto dei colloqui tempestosi con la leadership palestinese dicendo loro che devono mollare su tutte le loro richieste. In sostanza ha detto loro che devono accontentarsi di uno staterello, quello che avanza della Cisgiordania, senza continuità territoriale e senza Gerusalemme capitale, e smetterla di protestare. Ha anche minacciato il presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen di farlo fuori e di mettere al suo posto un politico palestinese considerato intrinseco a Israele. Insomma, in questa vicenda esplosa con le parole di Trump ci sono movimenti da parte saudita di prima importanza.

Si parla peraltro da tempo di un asse Israele-Arabia contro l’Iran...

Infatti. E l’attore più scatenato non è Israele ma l’Arabia Saudita, che cerca di mobilitare americani e israeliani contro il suo nemico regionale, l’Iran.

Ci sono già scontri in atto, il leader di Hamas ha proclamato una nuova intifada: ci sarà una escalation di violenze?

Questo è probabile, certamente dal punto di vista della sicurezza degli israeliani questa dichiarazione di Trump non è garanzia di sicurezza. Inoltre ci saranno violenza e terrorismo anche altrove. Oggi Israele e il mondo arabo sono meno sicuri di ieri.

I paesi islamici come si muoveranno, in particolare la Turchia?

Erdogan nella sua megalomania ha sempre avuto e mantiene l’idea di rappresentare non solo il sultanato ottomano ma anche il califfato islamico. Vuole proporsi come protettore della Città Santa, ma siamo nel campo della retorica non in quello della realtà.

Quali sviluppi prevede?

Prima di vedere l’ambasciata americana a Gerusalemme, se tutto va secondo l’idea di Trump, ci vorranno anni e probabilmente non se ne farà nulla.

Nel frattempo si può realisticamente sperare in un dialogo fra Israele e palestinesi?

Certo, anche se non si sa quale palestinese potrà averne il titolo per farlo.

(Paolo Vites)