La nuova intifada chiesta dal leader di Hamas si è verificata per adesso solo in parte. Saggiamente le autorità israeliane non hanno chiuso nel venerdì della preghiera la Spianata delle Moschee a Gerusalemme, dove non si sono verificati particolari incidenti. Che invece ci sono stati in Cisgiordania, al confine con la striscia di Gaza e a Betlemme dove sono scesi in piazza circa 3mila palestinesi, uno dei quali rimasto ucciso dalle forze dell’ordine israeliane. Per l’inviato palestinese in Italia Jamal Jadallah “gli Stati Uniti con la decisione del presidente Trump non hanno più l’autorità per guidare alcun processo di pace, devono togliersi di mezzo e lasciare il posto a nuovi protagonisti. Nessun presidente da solo può cambiare il corso della storia e mettersi in modo unilaterale contro tutto il mondo, papa compreso”.
Jadallah, la chiamata all’intifada da parte di Hamas c’è stata. Lei pensa ci sarà una escalation di violenze nei prossimi giorni?
Quando un popolo chiede la libertà da un’occupazione militare non è corretto parlare di violenza. Voi italiani siete abituati a chiamare violenti i partigiani che hanno combattuto contro le forze di occupazione tedesche?
Nel caso dei partigiani, dopo la guerra ci furono degli eccidi, ma le volevo chiedere se scendere in piazza a tirare sassi è un modo di fare il processo di pace.
E io le ripeto che questa non si può chiamare violenza fine a se stessa. Questa è la lotta che ogni giorno noi palestinesi dobbiamo affrontare per essere liberi, per non essere umiliati, fermati dalla polizia, interrogati, sottoposti a occupazione straniera. Questa che vedete è una reazione che entra nella strategia di liberazione dall’occupazione israeliana.
Non sembra che abbia portato molti frutti, anche se nemmeno Israele così fa passi avanti.
Noi aspettiamo il riconoscimento di un principio che chiediamo da anni: dare la possibilità a due stati di vivere in pace uno accanto all’altro. Ma se non riusciamo a dare il diritto a chi non ha diritti, in che modo possiamo condannare un atto terroristico o definire terrorista un gruppo piuttosto che un altro?
Magari chiamando per nome chi è davvero terrorista. Tra l’altro Hamas aveva dichiarato lo scioglimento.
Noi ci fidiamo del nostro presidente Abu Mazen che ha sempre chiesto la pace e che si fida della solidarietà internazionale e delle dichiarazioni delle Nazioni Unite. Non è accettabile continuare a vivere con gli israeliani che continuano a costruire nuovi insediamenti per cacciare i palestinesi dalla Palestina, come non si può accettare che entrare e uscire dalla Palestina sia vietato ogni volta che c’è una festa ebraica. L’azione di Trump, un uomo che è di una ignoranza gigantesca nel campo della politica estera, ha tolto il diritto internazionale al popolo palestinese.
C’è una parte non piccola di israeliani che non ha gradito le parole di Trump.
Ma anche il papa si è espresso contro, chiedendo sia rispettato lo status quo di Gerusalemmme, città ebraica, musulmana e cristiana.
Settimana prossima 57 rappresentanti di paesi islamici si incontreranno in Turchia: che cosa pensa ne potrà scaturire?
Lo stesso farà anche l’Unione Europea. La questione non tocca solo noi, tocca tutto il mondo. Ci aspettiamo venga riconosciuta la nostra aspirazione alla legalità e la possibilità di vivere e lavorare come ogni altro popolo al mondo. Basta occupazione, non c’è possibilità di convivere con una occupazione militare.
Lo scenario futuro?
L’America si è schierata con la destra integralista israeliana che pretende di cacciare tutti i palestinesi dalla Palestina, ma si è messa anche contro il papa e il mondo intero. Il suo ruolo di protettrice del processo di pace è finito per sempre, adesso si devono fare avanti nuovi protagonisti.
(Paolo Vites)