Non riesco a immaginare niente di più vicino al cielo, nulla di più portatore di pace e di redenzione di quelle ossa bruciate. Impossibile trattenere le lacrime. Un nostro fratello, un semplice cristiano, non un essere speciale, è stato afferrato e bruciato vivo, poiché non ha voluto rinnegare la sua fede, non si è vergognato di Gesù Cristo, dell’appartenenza a Lui. Si chiamava Medhat Hana, 45 anni. Il padre Saad di 65 anni è stato anch’egli assassinato a colpi d’arma da fuoco.



Anche il luogo di questo sacrificio dell’agnello, ci parla di un Dio che non è stato sopra le nubi, ma si è incarnato. Il Sinai! Chiunque è stato lì conserva scolpita nella memoria l’aspro monte dove Mosè fu chiamato a liberare il popolo eletto. Fu un roveto ardente a segnare la presenza del Signore. Ed è inevitabile pensare a quest’altro roveto ardente, Dio che ci parla attraverso queste povere carni consumate dalle fiamme.



La cronaca è scarna. Da anni il Sinai è un possesso dello stato islamico, che lo controlla attraverso tribù beduine che hanno riconosciuto il loro vassallaggio al califfo. Si sono denominate Ansar Bayt al-Maqdis. Scorrazzano mal contrastate dai militari di Al Sisi. Sequestrano profughi dall’Eritrea, li detengono domandando riscatti esosissimi. Ci sono testimonianze anche di uomini sacrificati per estrarne organi da commerciare con israeliani rinnegati. Ma l’obiettivo primario è la ripulitura del loro territorio dai cristiani. Ci sono cittadine dove i copti (presenti in quelle terre prima che arrivasse il vento della conquista degli arabi maomettani) osano mantenersi fedeli nonostante la morte incombente in odio a Cristo. Nella cittadina di Al-Arish quest’anno altri tre cristiani erano stati ammazzati in agguati. Stavolta un commando ha organizzato un rapimento. La domanda di rito è stata di certo se accettavano di farsi fedeli di Allah. La risposta data da quei nostri due fratelli risuona tra le stelle, e durerà per tutti i secoli. “Credo in Te, confido in Te, Gesù Cristo”.



Domenica Ansar Bayt al-Maqdis aveva diffuso un video con le immagini del kamikaze che il 27 dicembre aveva colpito la principale chiesa del Cairo e ucciso 27 persone. I jihadisti minacciavano che l’attacco era “solo l’inizio” e che i cristiani copti erano la loro “preda favorita”. 

Nel febbraio del 2015, 21 operai copti erano stati decapitati in riva al mare, in Libia, vicino a Sirte. I carnefici non si sono accorti che il loro filmato è una prova della verità umana del cristianesimo. Il labiale di questi martiri è di una potenza che riempie la nostra nullaggine e ci redime: “Padre nostro”. I vescovi copti li proclamarono immediatamente santi e martiri. Così faranno per questi due nostri amici. Amici anche dei loro assassini. Non ci possono far nulla, possono metterci tutta la violenza, ma non possono impedire alle loro vittime di perdonarli e amarli. Medhat e Saad, pregate per noi.