L’America riscopre il nemico russo in un momento storico in cui la Russia è un paese in crisi da tanti punti di vista. Secondo Lucio Caracciolo direttore di Limes, è questo il grande interrogativo della politica di Trump: propaganda interna o sfida reale? Il neopresidente americano ha messo in discussione il trattato di disarmo New Start fra i due Paesi e sottolineato l’importanza della supremazia nucleare americana, parole alle quali Mosca ha risposto parlando di ritorno alla guerra fredda con il “rischio di una catastrofe globale”. Ma per Lucio Caracciolo grande preoccupazione viene anche dall’estremo oriente, dove ormai la Corea del Nord è diventata una minaccia reale a cui nessuno sa come rispondere.



Direttore, di fatto oggi lo squilibrio delle armi nucleari è a favore della Russia, con 7mila testate contro le 6800 americane. Forse Trump non ha tutti i torti?

Penso che queste sparate di Trump ma anche di alcuni membri del congresso siano più propagandistiche che sostanziali. Se dovessero essere sostanziali certamente creerebbero uno squilibrio sul teatro europeo.



La Russia negli ultimi due anni si è dimostrata però ben più minacciosa degli Stati Uniti, pensiamo a Crimea e Ucraina. Qual è la sua opinione?

Non sono d’accordo che la Russia si sia dimostrata particolarmente minacciosa. Se guardiamo dove stavano i russi prima della fine della guerra fredda e cioè a Berlino, e dove stanno adesso, direi che il quadro è a sfavore di Mosca.

Dunque cosa c’è dietro questa riscoperta del pericolo russo?

Sarebbe interessante capire come mai gli apparati americani e lo stesso Trump abbiano nuovamente riscoperto la minaccia russa quando i russi in questo momento da certi punti di vista sono in forte crisi, ad esempio economica e demografica. La Russia di oggi non è minimamente paragonabile a quello che era l’Unione Sovietica e invece viene considerata quasi peggio di quello che era ai tempi della guerra fredda.



C’è il nodo dei paesi dell’ex blocco sovietico in Europa dell’est, dove la Nato da tempo sta mobilitando le forze.

In realtà non ci sono stati grossi dislocamenti di truppe. Si tratta di posizionamenti effettuati da un lato per rassicurare i paesi come quelli baltici che, a torto o a ragione, si sentono minacciati da Mosca e dall’altro per far vedere alla Russia che la Nato esiste. Non sono mutamenti strategici, quelli potrebbero piuttosto essere altri.

Quali?

Il primo è lo sviluppo dei sistemi difesa antimissile che gli americani stanno installando in Europa dell’est, il secondo il ritorno di missili nucleari, che con Reagan erano stati ritirati. Adesso invece sembra ci sia addirittura una proposta di legge per riposizionarli in Europa. Sarebbe qualcosa di strategicamente rilevante.

Trump ha criticato l’accordo stipulato tra Washington e Mosca per la riduzione delle armi nucleari, pensa che davvero lo farà saltare?

Immaginare che i russi nelle condizioni in cui sono diano segnali di debolezza o di eccessiva disponibilità è da escludere. Questo posizionamento dell’America provocherà certamente una reazione russa.

 

Di che tipo?

Non accetteranno mai di firmare un accordo che li penalizzi.

 

Quello che stupisce è che fino a pochissimo tempo fa Putin e Trump sembravano i migliori amici, che è successo secondo lei?

Trump non ha mai fatto politica e adesso probabilmente si sta rendendo conto della differenza tra il fare una campagna elettorale e fare il presidente. Ci sono poi tutti gli apparati dello stato americano come l’intelligence e il Pentagono ma anche lo stesso Congresso che hanno una solida base antirussa. In questo momento non c’è spazio per un negoziato serio.

 

C’è anche il fronte orientale, dove la Corea del Nord appare sempre più incontrollabile. Che importanza ha questo scenario nel quadro globale?

Ha una grande importanza perché siamo nel campo della competizione cino-americana oggi più rilevante di quella europea. La Corea del Nord già dai tempi di Obama era considerata un’incognita. Nel giro di qualche anno secondo l’intelligence potrà dotarsi di missili balistici intercontinentali in grado di colpire la California e questo dal punto di vista americano è inaccettabile.

 

Che cosa potrà succedere?

Nessuno lo sa, perché è un regime impenetrabile e perché non si può avere un’idea precisa dei loro calcoli dal punto di vista razionale. Non possono rinunciare all’atomica ma non possono neanche lanciarla. Se la lanciassero verrebbero polverizzati fisicamente, nel primo caso lo status quo conviene a tutti, solo che viene continuamente rilanciato a un livello più alto. Quando poi raggiungerà la soglia della capacità missilistica e verrà superato il livello di guardia, nessuno può dire cosa potrà succedere.