NEW YORK — Voi le ricevete le “Breaking News” sul cellulare? Le “ultime notizie” a me arrivano direttamente via email dal New York Times e dalla Cnn. Ma poi c’è l’iPhone — l’odiatissimo iPhone — che con Fox, Yahoo, Washington Post, Huffpost è un alveare di notizie.
Ormai la corsa all’informazione è come il galoppo inarrestabile e sfrenato di mille bisonti nella prateria: un rombo sordo che avvolge tutto l’orizzonte ed un grandissimo polverone dove si fatica a capire quel che vero e quello che non lo è, e sembra impossibile distinguere i fatti reali da quelli che oggi si chiamano “fatti alternativi”. Solo che i bisonti nella prateria quasi non ci sono più, mentre le “ultime notizie” sul cellulare si moltiplicano implacabilmente. Ognuno ce la racconta come vuole, cerca di venderci un’idea, un pensiero, un giudizio, perché alla fin della fiera noi sappiamo quello che ci raccontano. Ecco, mentre scrivevo queste cinque righe di segnalazioni me ne sono arrivate tre… Non le vado neanche a guardare, saranno sicuramente su Trump: qualche giudice che ha bloccato uno dei suoi “executive orders”, un altro che ne ha sbloccati altri, qualche controversia legata ad un sinistro membro del suo gabinetto, qualche reazione positiva da qualche angolo dimenticato del paese… C’è solo una cosa che è riuscita a spezzare questo incantesimo della polarizzazione delle notizie attorno alla “calamita Trump”: il Superbowl!
Lo sapete, hanno vinto i New England Patriots nell’overtime di una partita memorabile che ha scritto nei libri di questo sport la pagina del “biggest comeback ever”, la più grande rimonta di sempre. Se non lo sapete, vuol dire che del football americano non ve ne può fregare di meno e quindi sarebbe assolutamente inutile che ve lo racconti io. In fondo è solo uno sport, e per giunta una fissa degli americani. Certi sport piacciono, altri no, ma non possiamo negare che (quasi…) tutti hanno il loro valore. Quest’anno ce l’ha rammentato persino papa Francesco con il suo inatteso messaggio dell’altro giorno: lo sport è amicizia, solidarietà, strumento di pace. Evviva il Superbowl!
Già, ma qua l’aria è piuttosto avvelenata. Se con l’inquinamento atmosferico ti fanno lasciare la macchina a casa, con quello ideologico si dovrebbe imporre la chiusura di numerose bocche. Bastano una bandiera grande quanto un campo da gioco, un inno nazionale, un paio di canti patriottici ed una palla ovale a mettere una pezza a tutta questa rabbia che ci divide?
Per quattro ore sì. Per quattro ore il telefono ha taciuto e persino l’unica divisione — quella tra tifosi delle opposte fazioni — si è addomesticata a suon di birra e chicken wings trasformandosi in cordiale rivalità.
Eppure quell’aria avvelenata che ci asfissia da qualche tempo in qua aveva tentato anche l’assalto al Superbowl.
Lo sapete che Tom Brady e Bill Belichick, i due “maghi” dei Patriots, sono non solo simpatizzanti, ma “amici” di Trump?
Tom Brady, il quarterback più grande di sempre, il più vincente nella storia di questo sport, il trentanovenne che come e più di Dorian Gray sembra ignorare l’inesorabile avanzare degli anni sia nell’aspetto che nel vigore, l’uomo che ha mollato una bellissima modella che gli aveva dato un figlio per una ancora più bella; e Bill Belichick, il coach di football più grande di sempre, il più vincente eppure mai sorridente, ombroso più di uno scantinato, misterioso, persino sinistro, fedifrago verso tutto e tutti eccetto i suoi Patriots che conduce da oltre sedici anni… Tom Brady (il quarterback) e Bill Belichick (l’allenatore), un po’ come Donald Trump (il presidente) e Steve Bannon (il suo ideologo).
Proprio domenica qualcuno aveva pensato bene di provare ad avvelenare l’aria (più del solito) lanciando un bel sondaggio a Boston, casa dei New England Patriots. Domanda, tanto per provocare: “Ma non vi disturba il fatto che quarterback e allenatore, braccio e mente della vostra beneamata squadra siano impenitenti sostenitori di Donald Trump?”
Risposta plebiscitaria: “No”.
Toh, magari aveva proprio ragione Papa Francesco.