Prima visita di Stato in Italia di un presidente tunisino, nel caso di Beji Caid Essebsi, particolarmente significativa perché il suo Paese è l’unico, tra quelli travolti dalle primavere arabe, a esserne uscito con un risvolto democratico vincente. Con la Tunisia l’Italia firma altri accordi di collaborazione per combattere il traffico di esseri umani, dopo quelli firmati giorni fa con il governo di Tripoli (ma non riconosciuti dal governo di Tobruk). Per il generale Jean, “finché la Libia non sarà uno stato unitario sufficientemente forte non si arriverà a nessuna soluzione del problema, che ha le sue radici nella parte meridionale del Paese, dove scorazzano liberamente i trafficanti”. Inoltre, aggiunge Jean, “anche se si riuscirà a fermare in parte i migranti che arrivano dal mare, che fine faranno? Invece di morire in mare, moriranno nel deserto”.
Generale, che idea ha di questi accordi che l’Italia sta prendendo con Libia e Tunisia?
Quelli con la Tunisia hanno certamente una valenza, in quanto si tratta di un Paese con un governo stabile e unitario, dispone di un esercito e ha un certo controllo del territorio. Infatti le partenze dalla Tunisia negli ultimi tempi si sono ridotte parecchio.
E gli accordi con la Libia?
E’ una situazione totalmente diversa, perché è un Paese diviso in due. Il governo di Tobruk non ha riconosciuto gli accordi presi con Serraj a Tripoli, negando la validità giuridica dell’accordo firmato con l’Italia.
Dunque accordi di scarso valore?
Teniamo però conto che le partenze dei profughi non avvengono dalla Cirenaica dove governa Tobruk, ma dalla Libia di nord ovest, quella più vicina all’Italia e che permette viaggi meno lunghi verso il nostro Paese. Qualche cosa grazie a questi accordi si farà di sicuro, ad esempio ci sarà un rafforzamento della guardia costiera grazie al nostro addestramento e sostegno. Che questi accordi significhino la fine delle partenze o la loro riduzione in modo consistente, ne dubito però fortemente.
Quale strada bisognerebbe seguire?
I migranti dovrebbero essere fermati ai confini meridionali della Libia, con il Niger, il Ciad e il Mali, zone che non sono sotto controllo del governo di Tripoli.
Zone poi dove sono in corso delle guerre. Impensabile mandare là delle truppe, giusto?
Direi impossibile. Le milizie che si combattono in quelle zone sono associate con le bande criminali che provvedono a questo commercio di esseri umani. Poi teniamo conto che noi investiamo 200 milioni di dollari contro i 5 miliardi che frutta il traffico di esseri umani. Uno squilibrio evidente.
In sostanza, siamo ancora pedine dell’Europa o abbiamo margini di azione?
In sostanza nessun paese europeo vuol fare niente. Cosa succede se anche fermiamo il traffico via mare? Che avremo migliaia di persone rinchiuse in campi di concentramento sul territorio libico. Invece di farli morire in mare li faremmo morire nel deserto. Forse solo allora si muoverebbero i paesi del nord Europa, che in questo momento sono i più sensibili dal punto di vista dei diritti umani.
Francia e Germania? Perchè “in questo momento” dice?
Sono due Paesi impegnati con elezioni interne che si guardano bene dal fare qualunque iniziativa seria pro rifugiati per paura di perdere consenso elettorale.
Gentiloni meglio di Renzi o no?
Gentiloni è la continuazione di quello che faceva Renzi. Si muove sulla stessa linea, con Minniti e Alfano. Il problema resta: questo fenomeno non può essere messo sotto controllo fino a quando non ci sarà uno stato libico unitario sufficientemente forte.
La Tunisia parla di una possibile cooperazione con Algeria ed Egitto, che ne pensa?
Sicuramente daranno vita a una collaborazione che sarà nell’ottica della lotta al commercio d’armi e ai fondamentalisti islamici, non certo al traffico di esseri umani per fare un piacere a noi.