BUDAPEST — Martedì scorso il parlamento ungherese ha approvato una nuova legge sulla gestione dei richiedenti asilo, che rende possibile la detenzione in centri di tutti i nuovi arrivati fino a quando la loro richiesta non sarà vagliata, per essere accolta o respinta. La nuova norma “viola gli impegni dell’Ungheria nel rispetto del diritto internazionale e le norme dell’Unione europea”, ha dichiarato la portavoce dell’Agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr) Cécile Pouilly. Júlia Vásárhelyi, giornalista e scrittrice, spiega com’è la situazione nel paese. 



Prima della nuova legge com’era regolamentato il flusso dei richiedenti asilo?

Fino a ieri i richiedenti asilo che volevano entrare in Ungheria legalmente dovevano aspettare di essere ammessi in una della due zone di transito, Röszke e Tompa, al confine serbo-ungherese. Negli ultimi mesi gli ammessi erano al massimo dieci al giorno in ciascuna delle due zone, chiuse e strettamente sorvegliate da poliziotti, militari e cani. I richiedenti erano alloggiati, in realtà detenuti in container sovraffollati in un’area molto ristretta, con un cortile piccolissimo, ed aspettavano in media due settimane per sapere se la loro domanda veniva accettata per essere esaminata o no. La maggior parte dei richiedenti era respinta al di là della recinzione, in Serbia. Quelli che potevano rimanere — in maggioranza donne, vecchi, bambini — erano trasferiti in campi profughi in attesa del verdetto finale delle autorità ungheresi. Questi campi erano aperti, si poteva uscire, fare la spesa, muoversi nel paese. 



E adesso?

Con le nuove regole e le ulteriori restrizioni, tutti i nuovi richiedenti asilo e anche quelli che sono già in Ungheria saranno detenuti in campi di container al confine con la Serbia fino alla decisione finale sulla loro richiesta. I campi saranno chiusi, circondati dal muro di filo spinato, sorvegliati dalla polizia, dai soldati e dai cosiddetti “cacciatori di confine”.

Com’è attualmente la situazione in Ungheria? 

Da quando c’e il muro di filo spinato al confine con la Serbia e da quando l’estate scorsa sono entrate in vigore le leggi che hanno esteso i controlli di confine ad una fascia di 8 chilometri all’interno del territorio ungherese e autorizzato le forze dell’ordine ad intercettare le persone all’interno di quest’area, è praticamente impossibile entrare in Ungheria illegalmente. I richiedenti asilo devono aspettare in condizioni durissime all’aperto, in tende improvvisate a fianco delle recinzioni — io personalmente l’ho visto a Röszke — in attesa di essere ammessi nelle zone di transito. 



Quanti migranti sono ospitati e quante sono le richieste di asilo? 

Secondo gli ultimi dati, in febbraio scorso c’erano 586 richiedenti asilo già in Ungheria. Le autorità hanno chiuso la maggior parte dei campi e dei centri d’accoglienza per profughi col pretesto che ormai non ce n’era più bisogno, dato che le loro capacità non erano sfruttate.

Il muro costruito due anni fa al confine con la Serbia è servito a qualcosa? 

Sì, il muro è servito ad allontanare la maggior parte di profughi e migranti che volevano entrare in Ungheria per poi andare in Germania, Austria, eccetera. Mentre prima del muro centinaia di migliaia di profughi e migranti sono entrati in Ungheria per transitare verso l’Europa occidentale, ormai il loro numero si è ridotto a qualche migliaio all’anno.

Sono vere le denunce di violenza nei confronti dei migranti che provano a passare il confine?

Ci sono testimonianze credibili, foto, rapporti di organizzazioni internazionali (Unhcr, Médecins sans Frontières, Human Rights Watch, Comitato di Helsinki ecc.), giornalisti stranieri, medici serbi che curano le ferite dei migranti respinti  dall’Ungheria che hanno denunciato gia l’estate scorsa violenze ed abusi nei confronti dei migranti, insieme alle condizioni orrende e inaccettabili nella recinzione e nelle zone di transito ed il trattamento inumano dei profughi. 

Secondo lei è un modo per scoraggiare l’ingresso dei migranti in Ungheria?

Il trattamento disumano che ho descritto calpesta ogni norma civile, ma è visibilmente efficace nello scoraggiare l’ingresso dei migranti in Ungheria. 

Come viene giustificata questa politica dalle autorità ungheresi? E’ solo propaganda o ci sono motivi reali?

Secondo il primo ministro Viktor Orbán “la minaccia del terrorismo, i recenti attacchi terroristici in Europa compiuti dai migranti, l’impotenza dell’Ue nella gestione del problema dell’immigrazione” giustificano questa politica. L’Ungheria — ha dichiarato Orbán — è sotto assedio dei migranti, l’immigrazione è il cavallo di Troia dei terroristi,  ma dato che non possiamo contare sull’Ue dobbiamo risolvere questo problema da soli. Qualche giorno fa, alla festa dell’inaugurazione di 500 “cacciatori di confine” ha detto: “Secondo me è molto importante preservare l’omogeneità etnica”.  

Che fondamento hanno queste affermazioni?

Queste dichiarazioni e giustificazioni non sono dettati da motivi reali, come un’invasione effettiva di migranti o minacce terroristiche, dato che il numero dei migranti che vogliono entrare in Ungheria è ormai minimo. E’ solo propaganda che serve a due scopi: in politica interna Orbán vuole sorpassare il partito d’estrema destra, xenofobo, razzista e antieuropeo Jobbik (Jobbik Magyarországért Mozgalom, Movimento per un’Ungheria Migliore, ndr) mentre sulla scena politica internazionale vuole presentarsi come l’uomo forte dell’Ue, l’unico capace di difendere l’Europa dall’invasione dalle orde straniere che minacciano la nostra cultura e la nostra sicurezza.  

“Gli Stati membri non sono tenuti, in forza del diritto dell’Unione, a concedere un visto umanitario alle persone che intendono recarsi nel loro territorio con l’intenzione di chiedere asilo, ma restano liberi di farlo sulla base del rispettivo diritto nazionale”. Lo ha detto martedì la Corte europea di giustizia. Questo significa che l’Ungheria potrà fare quello che vuole e così gli altri paesi europei. Ha ancora senso parlare di Unione europea a questo punto?

Non lo so fino a che punto l’Ue intende tollerare ancora l’arroganza di Orbán, il suo disprezzo per i valori e i principi fondamentali della comunità, la violazione dei trattati internazionali, il rifiuto di ogni tipo di cooperazione e di dialogo nella gestione del problema dell’immigrazione e dei profughi. Quello che vedo è che purtroppo fino ad oggi l’Unione ha cercato di evitare un conflitto aperto con l’Ungheria. Così facendo, però, ha incoraggiato altri paesi a copiare Orbán.

Ma le sembra che, Ungheria a parte, l’Europa abbia fatto qualcosa di serio per gestire in modo intelligente la partita dell’immigrazione?

All’inizio dell’emergenza immigrazione l’Europa si e trovata di fronte ad un problema enorme, senza precedenti e inaspettato. Ci voleva tempo per realizzare che la buona volontà non basta a risolverlo. Ma io spero ancora, come ho già detto a voi, che i leader europei onesti e responsabili troveranno una soluzione adeguata, umana, degna di un’Europa civile, rispettando i diritti umani, con regole chiare, informazioni rassicuranti per gli europei e per i migranti economici, ma prima di tutto per i rifugiati. 

Vista dall’Ungheria, com’è la situazione dell’Italia?

In Ungheria si parla poco della situazione dell’Italia, perché i media del servizio pubblico e quelli privati — ormai in maggior parte nelle mani e sotto il controllo del potere — non hanno interesse a informare la gente sugli sforzi enormi con cui l’Italia affronta e gestisce il problema dei migranti che arrivano ogni giorno sulle sue coste. Io invece guardo ogni sera i tg, leggo i giornali italiani e ammiro quanto siete bravi. Chapeau! Mi rattrista molto, ma capisco come negli ultimi tempi sempre più italiani siano insoddisfatti dell’Ue, che non è neppure capace di imporre le sue regole e le sue decisioni ai paesi membri come la ripartizione dei richiedenti asilo; grazie ad Orbán e a quelli come lui, il numero degli euroscettici che si sentono abbandonati dall’Unione aumenta rapidamente.   

L’Ungheria fa parte del gruppo di Visegrád. Quali obiettivi politici hanno questi quattro paesi nel breve e nel medio termine?

I paesi del gruppo di Visegrád sono in una situazione molto più facile dell’Ungheria perché non sono paesi di frontiera Schengen: a loro basta sfruttare la politica antiimmigrati e antieuropea di Orbán. Nel settembre scorso hanno approvato un documento di “solidarietà flessibile” secondo cui i paesi economicamente più sviluppati devono accogliere più richiedenti asilo che quelli meno sviluppati, ma un paese può anche rifiutare di accettare la ripartizione dei profughi se sceglie un’altra forma di partecipazione alla soluzione del problema. 

(Federico Ferraù)