Sale ancora la tensione fra la Turchia e l’Olanda. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, dopo aver accusato l’Olanda di fascismo e nazismo, ha rincarato la dose, parlando di “carattere marcio” e di “terrorismo di stato” da parte dell’Aja, e usando contro il paese che ha negato il suolo pubblico ai ministri turchi l’accusa di avere commesso “la peggiore strage dalla seconda guerra mondiale” (era olandese il battaglione di caschi blu dell’Onu che non impedì la strage di Srebrenica da parte delle milizie dei serbi di Bosnia, nel 1995). La crisi diplomatica è scaturita dalla decisione olandese di non autorizzare i ministri turchi Cavusoglu (Esteri) e Fatma Betul Sayan Kaya (Famiglia) a fare campagna elettorale in Olanda, in vista del referendum costituzionale del 16 aprile prossimo con il quale Erdogan si prepara ad aumentare i propri poteri. Domenica la situazione è degenerata quando sono stati usati cani e idranti per respingere le proteste dei sostenitori di Erdogan nei Paesi Bassi. Scontri che hanno catapultato la Turchia (con i due temi-chiave che lo scontro con Ankara comporta: immigrati e sovranità) nel mezzo della sfida politica di oggi tra Geert Wilders, leader del partito di estrema destra Pvv, e il premier liberale uscente Mark Rutte (Vvd). 



La crisi con Ankara non è comunque una prerogativa dell’Olanda. La Germania ha detto no al ministro turco Bozdag (2 marzo) e al ministro Zeybecki (5 marzo), mentre l’Austria intende fare altrettanto. Per capire che cosa vuole Erdogan abbiamo raggiunto Nihal Batdal, docente e giornalista turca.

Erdogan è a caccia di voti esteri in vista del voto del 16 aprile. Che cosa prevede la riforma costituzionale?



Il cambio della forma di governo. Da repubblica parlamentare, la Turchia diventerebbe una repubblica presidenziale.

Cosa succede se passa la riforma di Erdogan?

Il capo dello Stato, oltre a mantenere la leadership del primo partito, sarebbe anche capo del governo. Nominerebbe i ministri e la maggioranza dei giudici. Il parlamento non potrebbe opporsi alla nomina dei ministri. Il numero dei parlamentari aumenterebbe da 550 a 600. Il presidente, da solo, avrebbe il potere di decretare lo stato di emergenza.

Chi si oppone a questa riforma e qual è il sentimento prevalente oggi in Turchia?

Per il No sono schierati due partiti di opposizione, il Chp (Partito popolare repubblicano) e l’Hdp (Partito democratico dei popoli), e diverse organizzazioni della società civile. La Turchia è da tempo divisa in due: pro e contro Erdogan. C’è chi sostiene che, soprattutto dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio, la Turchia avrebbe bisogno di un leader forte come Erdogan e che per questo il presidente dovrebbe essere investito di poteri molto più ampi di quelli attuali. Chi si oppone sostiene che un tale cambiamento eliminerebbe la separazione dei poteri e darebbe a Erdogan la possibilità di fare tutto quello che vuole, al di fuori di ogni meccanismo di controllo. 



Erdogan ha insultato apertamente i paesi europei che hanno detto no ai comizi dei suoi ministri. Come commenta?

E’ il suo modo di fare politica: chi non la pensa come me è contro di me. Ovviamente il fallito colpo di stato del luglio ha aiutato molto questa deriva. Alcuni giorni fa ha detto che chi vota No è un sostenitore di Feto (Organizzazione terroristica gülenista) o del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), quindi è un potenziale terrorista. Erdogan fa discorsi prettamente politici, mentre come presidente dovrebbe esercitare solo un ruolo di garanzia. 

Cosa si dice in Turchia di quanto accaduto in Germania e Olanda? 

Si alimenta il nazionalismo nel popolo dicendo che l’Olanda o altri paesi europei dicono no ai comizi perché non vogliono una Turchia potente: se l’Europa dice no allora ci sarà un motivo, contrario al “grande disegno”, così lo chiamano, che muove la Turchia, quindi noi dobbiamo dire sì. Nessuno però chiede come mai ci si fidava così tanto dell’Europa quando le leadership europee elogiavano in Erdogan il leader “islamico-moderato”.

Erdogan ha minacciato di aprire le porte verso l’Europa ai 3 milioni di rifugiati che ora si trovano in Turchia. Come devono comportarsi i paesi europei?

Con quell’accordo voluto dalla Germania l’Europa ha tentato di liberarsi dei rifugiati in cambio di soldi: 6 miliardi, di cui dall’Ue, se non erro, sono arrivati solo 670 milioni. Faceva parte dell’accordo anche la liberalizzazione dei visti, ma non ci sono stati progressi.

Qual è la sua opinione?

Forse la Ue è scesa a patti con la persona sbagliata.

(Federico Ferraù)