In Argentina è stato recentemente pubblicato un libro, una biografia non autorizzata di Ricardo Lorenzetti, il Presidente della Corte suprema, scritto dalla giornalista Natalia Aguilar. Il testo rivela una figura con un ruolo sconosciuto ai più: quello di un personaggio che in pratica, secondo l’autrice, governa il Paese dall’alto del suo grandissimo potere. Nel corso della sua stesura l’autrice ha dovuto affrontare un’infinità di problemi, causati dalla materia che trattava, ma il giorno stesso dell’uscita de “El señor de la Corte”, il volume è stato ritirato dalle librerie, causando uno scandalo mediatico di proporzioni talmente vaste da costringere l’editore a rimetterlo poi in vendita. Abbiamo incontrato l’autrice a Buenos Aires, chiedendole in primo luogo di spiegarci le ragioni che l’hanno indotta a scriverlo. «L’ho deciso dopo aver lavorato per anni nella cronaca giudiziaria, periodo nel quale ho avuto modo di vedere diverse irregolarità e di farmi domande sulla loro origine. Se vogliamo la ragione del mio lavoro risiede nel poter far conoscere alla gente cosa succede nel profondo della giustizia argentina, che è corrotta, senza alcun dubbio: diffondere le ragioni del perché non fornisce risposte a una società che da tempo fa domande».



Chi è Lorenzetti?

È una persona avida di potere, che si definirebbe come quella con più potere e più temuta dell’Argentina. Nei suoi dieci anni di presidenza della Corte ha creato nelle sue mani un potere quasi assoluto, a tal punto da essere chiamato “Il Faraone”. Ha violato i diritti costituzionali dell’Argentina e non ha difeso la Costituzione.



Ma quali sono in definitiva i fatti su cui si basano le accuse?

Bisogna premettere che il suo discorso è duplice: da un lato parla di una giustizia trasparente e che lotta contro la corruzione e il narcotraffico, però poi all’atto pratico non fa nulla.

Qualche esempio ?

Ha formato un gruppo di periti anti-corruzione nella Corte che praticamente non ha funzionato, senza intervenire nelle cause sensibili. Per essere più precisi: ha manipolato i giudici federali fino a distorcerne le volontà, perché come potere supremo della Giustizia ha nelle sue mani il controllo dei contratti in tutto il Paese, cosa che ha in un certo senso “disciplinato” il settore alle sue volontà, creando quello che in termini giornalistici si può definire la sua “famiglia giudiziaria” o se preferisce un circolo intimo di giudici che garantiscono impunità in molte causa. Anche attraverso un software di gestione che dirige il sorteggio delle cause e la gestione del sistema giudiziario, con il quale l’intero sistema può essere manipolato a favore di giudici a lui legate, in cause delicate come quella sulla morte del magistrato Nisman o legate al kirchnerismo. Lorenzetti ha saputo affrontare le tempeste del potere e risolverle: dapprima alleato con il kirchnerismo e il fronte radicale. Oggi bisognerebbe scoprire qual è la sua relazione con Macri.



Qual è il fatto che più l’ha colpita in ciò che descrive nel libro?

La sua intenzione di manipolare il sistema elettorale argentino per poterlo alterare, cambiandone i risultati, attraverso il controllo di un software di gestione dedicato, che si guida dal Consiglio della magistratura, modificando i risultati di differenti elezioni nazionali, quali quelle legislative, di Governatori e dello stesso Presidente. Bypassando le facoltà dei 24 Giudici elettorali e una volta che il conteggio arriva al temine, dopo essere passato dal ministero dell’Interno e alla Camera federale, poter cambiare dati o la quantità di votanti nelle singole province.

Ma che prove ci sono di tutto ciò?

Esiste una denuncia da parte dell’ex amministratore del Potere giuridico, che si chiama Juan Carlos Cubria. La mossa però gli è costata il posto, proprio mentre si stampava il libro. Si è raggiunto un accordo con l’Università tecnologica di Cordoba, per un valore di 67 milioni di pesos (4 milioni di euro) con la quale a partire da ora si potrà raggiungere il controllo effettivo dei votanti e dello scrutinio finale direttamente tra il Consiglio e la Corte. Con l’aggravante che è stata data una delega per questa gestione alla sola Corte Suprema, cosicché tutto passa di lì. Un’altra normativa, citata nel libro, delega a Lorenzetti il compito di auditing sui risultati.

Quindi come si sviluppa il tutto?

Attraverso un comitato di investimenti creato allo scopo, ha creato un’ingegneria finanziaria il cui vertice è questo comitato, gestito dal Consiglio della magistratura e dalla Corte, in modo che quest’ultima si mantenga al di fuori in casi di corruzione, ma i fondi vengano deviati attraverso il Consiglio. Lui nega tutto, ma ci sono documenti che lo confermano. Ciò gli ha permesso, attraverso operatori, di mantenere il controllo delle opere pubbliche e di mettere le mani su di un budget milionario, che si è moltiplicato da quando l’ex Presidente Nestor Kirchner, attraverso un decreto nel 2005, gli ha concesso di gestire il surplus di bilancio, senza passare per le Camere come dovrebbe essere fatto: una cosa che rappresenta una violazione grave della Costituzione.

Insomma, è lui che governa l’Argentina?

È rimasto al potere negli ultimi dieci anni perché a lui non occorre l’appoggio popolare o l’elezione che sono necessarie per un Governatore o un Presidente. Attualmente ha più potere di quest’ultimo… La deputata Elisa Carriò lo ha detto apertamente: Macri non sta fornendo risposte nella lotta contro la corruzione. La domanda che ci si pone è la seguente: avrà raggiunto un accordo con Lorenzetti?

Per tutto quello che mi sta raccontando ha avuto dei problemi…

Fin da prima della stesura del libro, nel 2012, ho ricevuto pressioni tese a farmi licenziare dall’editore del giornale per cui lavoravo, il Gruppo Perfil, cosa che si è concretizzata poi nel 2015, per richiesta di Lorenzetti, visto che in un articolo mi ero occupata di una serie di irregolarità nelle opere pubbliche. Anche se lui, in un’intervista, ha negato tutto. Da quel momento ho deciso di mettere tutta la voluminosa documentazione in mio possesso nel libro. Mi sono recata nella sua città natale, Rafaela, nella provincia di Santa Fe, e al mio ritorno è cominciata una vera persecuzione nei miei confronti, dapprima attraverso un funzionario della Corte, cosa che mi sembra di una gravità estrema, minacciandomi di stare attenta con Lorenzetti, persona con molto potere… Poi la cosa si è ripetuta anche da parte del suo gruppo di lavoro e di quello famigliare, offrendomi tutto quello che volevo in cambio del libro.

Cosa ti ha portato a completarlo?

Non arrendermi ai poteri forti, dimostrare che, seppur tra enormi difficoltà, in Argentina si può fare del giornalismo indipendente: l’enorme appoggio anche internazionale e la protesta seguita al ritiro del libro stesso hanno ottenuto la sua ricomparsa nelle librerie, un grande risultato non solo per me, ma anche per il Paese nel quale la giustizia deve tornare a essere garantita ai cittadini e non succube del politico, imprenditore o potente di turno.

(Arturo Illia)