Questo articolo riguarda la Turchia, e perciò tocca Erdogan. Ho amici in Turchia, nella cui cerchia ci sono stati arresti. Spero di non danneggiarli.
Credo che queste mie poche righe esprimano la situazione non solo dei rapporti Turchia-Germania oggi all’ordine del giorno, ma soprattutto il clima che si registra nel Paese che sempre di più sta abbandonando la laicità di Ataturk, per trasformarsi nel nuovo califfato a guida ottomana. Non quello arabo sunnita di Al-Baghdadi, ma quello turco-sunnita, che fu soppresso proprio da Ataturk nel 1924, poco dopo il sultanato. Ci sono segni paurosi di questo ritorno al passato.
La questione adesso d’attualità è semplice e ha un retroterra di ricatto. E’ difficilissimo gestire rapporti limpidi con chi ha mire tiranniche sul proprio popolo. La Germania ha voluto a tutti i costi un accordo con Erdogan per fermare i profughi dalla Siria, che — di loro volontà — avrebbero percorso la rotta balcanica fino ai confini tedeschi. Per questo, con la potenza egemonica a tutti nota, Angela Merkel ha indotto l’Unione Europea a stipulare un contratto per istituire campi di “accoglienza” per gli espatriati dalla Siria e da altri Paesi islamici, in cambio di sei miliardi di euro, nella zona nord-occidentale della Turchia. Ovviamente non tutti quei miliardi da versarsi immediatamente, ma — come si fa quando si paga la pigione — di periodo in periodo.
Un patto che regge solo se le convenienze sono reciproche. E in caso di rescissione si sia su un piano di parità. Questo non è il caso. Erdogan può stracciare il contratto, e ci rimetterebbe denaro, ma consoliderebbe il consenso interno in nome dell’orgoglio nazionale calpestato, che non si compra con i soldi. Invece la Germania si troverebbe dinanzi a una questione umanitaria e a un problema politico immensi, non gestibili. Da qui il vantaggio competitivo dell’aspirante dittatore di Ankara.
Che cosa è accaduto in questi giorni? Erdogan pretende che i suoi ministri possano tenere comizi in vista del referendum di aprile dove lui si gioca niente di meno che il potere assoluto, con il passaggio da un regime costituzionale di tipo parlamentare ad un presidenzialismo senza alcun contrappeso. Ora immaginate: se egli è brutalmente onnipotente ora, senza neppure bisogno di convalide costituzionali da presidente con poteri formalmente solo di garanzia, è evidente che il futuro riserva tragiche (non) sorprese.
La crisi oggi con la Germania ha un motivo ulteriore, anzi due. Erdogan contesta che il governo di Berlino abbia autorizzato manifestazioni di massa dei curdi-turchi per il no al referendum, dove a Francoforte sventolavano bandiere del Pkk fuorilegge e considerato terrorista (e questo negare non si può). In seconda ma non secondaria battuta, il capo di Stato ha accusato ancora una volta la cancelliera Angela Merkel di sostenere i terroristi, riferendosi al caso del giornalista turco-tedesco della Die Welt, Deniz Yucel, in carcere in Turchia. “Grazie a Dio è stato arrestato e tu ci stai chiedendo indietro un agente terrorista”, ha detto Erdogan, sottolineando che sarà processato da un sistema giudiziario “indipendente”. Ovviamente sono tragiche bugie, dopo che il pretendente neo-sultano e neo-califfo ha incarcerato migliaia di magistrati non allineati.
Resta una questione non da poco: fin dove Erdogan è disposto ad arrivare. E fin dove il suo neo alleato Putin gli lascerà le redini sciolte.
Un futuro imperscrutabile, tanto più che Erdogan, come un cavallo matto, ha manifestato una straordinaria predisposizione a cambiare percorso e a scalciare vecchi amici. Ha finanziato l’Isis acquistando petrolio siriano di contrabbando, poi l’ha attaccato per schiacciare nella morsa i curdi siriani colpendoli alle spalle.
Personalmente temo per i miei amici. E non solo.