E’ avvenuto per caso che l’assoluzione giudiziaria per Standard & Poor’s per la presunta manipolazione di mercato con il rating sovrano italiano nel 2011 sia coincisa con la singolare “riconciliazione” personale fra Silvio Berlusconi e Angela Merkel: vittima eccellente, il premier italiano, dell’assalto speculativo allo spread di sei anni fa durante il quale la cancelliera tedesca fu lesta nell’incassare propri utili politici in Europa.
Il verdetto di Trani è stato archiviato in fretta sul piano mediatico: troppa l’ansia degli ambienti istituzionali e finanziari di mettere una pietra sopra la “strana inchiesta” che – unica al mondo – aveva osato ipotizzare reati dietro le mosse spesso opache dei privatissimi giudici dell finanze pubbliche globali. Troppo fragile, anche nel 2017, la situazione finanziaria dell’Italia per immaginare una condanna per S&P’s: ma anche per lasciar spazio a moralismi globalisti contro il presunto populismo giudizario dei pm pugliesi. Anche l’agenzia di rating ha badato a non esultarepiù di tanto. Sa per rma che non c’è probabilmente un solo italiano che – dopo il doppio declassamento inferto a rating Paese sei anni fa – non abbia patito danni (al propri stipendio o addirittura al proprio posto di lavoro; alla propria pensione, in banca o in Borsa, alla propria casa acquistata col mutuo, alla propria impresa, al proprio carico fiscale, etc). E la maggioranza di quegli italiani considera più una verità che un fake la tesi del “complotto”: contro Berlusconi, alla fine contro l’intero sistema-Paese.
Chi guardò con un sorriso di condanna l’Italia di Berlusconi che annaspava nella tempesta fu la Merkel, assieme all’allore presidente francese Nicolas Sarkozy: quest’ultimo impegnatissimo a scatenare una guerra semi-mondiale contro la Libia di Gheddafi, grande amico del Cavaliere. Dall’altra parte dell’Atlantico, fra Wall Street e la Casa Bianca di Obama, Berlusconi veniva intanto messo nel mirino in quanto sodale del leader russo Vladimir Putin.
Oggi Putin regna ancora a Mosca e si è mosso sullo scacchiere islamico-mediorientale con più incisività di quanto abbia fatto l’America di Obama. E Donald Trump – descritto din dall’inizio come il “Berlusconi americano” – è sotto pressione per il Russiagate, ma non ci sono dubbi sullla sua antipatia per la Merkel, per la Germania, per la sua leadership in Europa, sanzioni russe comprese. In Francia il centro moderato si è liquefatto e Sarkozy è da tempo sotto inchiesta per fatti corruttivi. Chi nel Ppe ha più bisogno di chi, fra Berlusconi e una Merkel faticosa ricandidata per la quarta volta a cancelliere? Chi fra un Berlusconi e un Jean-Claude Juncker può aprire bocca a nome del centrodestra in Europa, cioé può alzare il telefono con Putin e/o con Trump?
Nella storia reale il tempo raramente è galantuomo, anzi. Però spesso si diverte a rimescolare fatti e narrazioni.