Siamo ormai veramente approdati a un mondo a cinque stelle, dove trionfano i più confusi progetti di partecipazione democratica e di improvvisazione nell’analisi storica. Trasportate questo metodo, dall’angolo italiano grillesco a quello internazionale, e riuscirete a trovarvi in questo grande disordine mondiale e, a nostro avviso, mentale. Forse avremo torto, ma una piccola scommessa sul rimbambimento generale, e purtroppo sulle sue tragiche conseguenze, la faremmo volentieri.
Il commento del possibile futuro presidente del Consiglio italiano, Luigi Di Maio, ai missili spediti sulla Siria di Bashar al Assad dal presidente Usa, Donald Trump, è stato questo: i missili ci sono costati 60 milioni di euro l’uno ed era meglio sganciare dei soldi sul territorio.
A nostro modesto avviso, l’avventuriero e spregiudicato Donald Trump e il “patetico” contabile Luigi Di Maio, sono due facce della stessa medaglia: quella della confusione stellare.
Facciamo una piccola premessa al “grande disordine” che sta attraversando il mondo. Diamo innanzitutto atto alla lucidità politica di Papa Francesco, il primo a parlare di “terza guerra mondiale” (anche se forse siamo nella quarta, perché la guerra fredda fu in vari momenti costellata da vari scontri armati) e confessiamo che siamo legati a schemi classici nell’analisi. Saremo probabilmente dei “retro”, dei superati. In tutti i casi, cerchiamo di comprendere, avendo come obiettivo una convivenza il più possibile pacifica e un mondo che non sia in perenne subbuglio, con l’incubo dell’imprevedibilità dell’attentato terroristico a livello planetario.
Anche in questo caso bisogna ritornare, a nostro avviso, al “mitico 1992”, quando una sorta di ubriachezza molesta, che si spargeva per tutto l’Occidente, generava brindisi di vittoria e l’epinicio de “La fine della storia” scritto da un nippo-americano, economista, improvvisatosi pensatore. Malgrado i suoi pentimenti, a quanto si dice, fu proprio, indirettamente, Francis Fukuyama (che non deve portare molta fortuna) a ispirare l’azione del presidente americano Bush senior a imbarcarsi nella prima guerra del Golfo e a preparare poi, secondo i suoi proclami, un nuovo ordine mondiale.
Siccome il “nuovo ordine” non arrivava per i problemi che si erano creati a catena e in perenne contraddizione con alcune scelte, arrivò invece, in sequenza continua, soprattutto da parte occidentale e americana in particolare, un susseguirsi di mutamenti di rotta, tra un ordine da stabilire e controllare, oppure una democrazia da “esportare”.
Praticamente una serie di schemi da applicare, una banale visione illuministica da adattare alla realtà. Magari guardando ai propri interessi immediati e trascurando le grandi diversità che la storia ha creato, che vanno rispettate e integrate con i tempi giusti, perché altrimenti la storia ti fa pagare duramente le sue repliche spietate.
Nulla è stato fatto nei confronti della politica dell’Arabia Saudita, se non crogiolarsi nell’alleanza petrolifera, magari anche con lauti finanziamenti ricevuti da vari presidenti Usa, che hanno provocato sconquassi anche all’interno della Cia americana.
Nulla è stato considerato e ponderato sulla guerra secolare, quasi millenaria, che esiste nel mondo islamico tra sunniti, con le sue varie sette, e sciiti, che pure hanno diverse posizioni al loro interno. Niente viene impedito alla politica finanziaria, spesso spregiudicata, degli Emirati, e nessuno promuove veramente un vertice di pacificazione reale, attraverso differenze politiche e storiche, risapute e arcinote.
Anche in questo modo, tra contrasti, contrapposizioni, reticenze e dispetti, si è creato e si è favorito la crescita dell’Isis, lo stato islamico, che ormai è diventato un punto di riferimento internazionale per tutti i “cani sciolti” del terrore, che colpisce, ovunque e comunque, dove vuole: nella strade delle metropoli occidentali — da Parigi a Bruxelles, da san Pietroburgo a Stoccolma — e nelle città e nelle chiese del Medio oriente, come è avvenuto Egitto nella Festa delle Palme. Nulla più stupisce e tutto terrorizza. In fondo, la Spectre immaginata da Ian Fleming è arrivata, ma non c’è nessun James Bond che vi si oppone con efficacia.
Persino nell’azione sul campo, sul piano strettamente militare, ci si muove per dispetti reciproci e con alleanze incrociate, che aumentano disordine e confusione. Di fronte a tale marasma ci si è chiesto, in questi giorni, se i nuovi leader del mondo, a parte i superflui europei, siano dei “matti o degli ignoranti”. Il generale De Gaulle avrebbe risposto con un suo classico “vaste programme”.
Guardate, rispetto all’attuale situazione e al tran tran politico attuale, la drammatizzazione pilotata da Kennedy e Kruscev sui missili di Cuba, che portò poi alla svolta della coesistenza pacifica. Pensate alla guerra del Vietnam, all’azione svolta da Henry Kissinger che si incontra con Zhou Enlai e Mao Tse-tung fin dal 1971, mentre in Europa sfilavano deliranti sessantottini che gridavano “viva l’immaginazione al potere”.
Tra drammi e conflitti si arrivò a una soluzione che prevedeva un accordo tra Cina e Stati Uniti, senza creare diffidenze con l’Urss, che appoggiava il Vietnam in chiave anti-cinese e anti-americana. Era un grande gioco, una grande politica, che non prevedeva l’esportazione della democrazia in Cina, nell’Urss o nel Vietnam, ma un grande realismo per ottenere una convivenza pacifica.
E non si profilava, con quell’accordo, nessun “nuovo ordine” mondiale, ma un equilibrio da tenere presente nell’interesse di tutti. L’Occidente, ai tempi della guerra fredda, aveva tutto sommato cercato di rimediare ai tanti inevitabili errori compiuti nei secoli, magari tenendo presente il grande insegnamento del “pragma” tucidideo, la lettura di Erodoto e di Tacito, anche l’insegnamento che Hegel offriva ai suoi studenti sulla filosofia della storia (diversa sia dalla filosofia che dalla storia), forse spulciando anche quello che aveva scritto Karl von Clausewitz: la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi e viceversa.
Oggi sembra che tutto questo sofferto pensiero, uscito da tragedie terribili, sia finito in soffitta ed emerga solo l’improvvisazione dei dottor Stranamore di turno. Il grande gioco sembra ridotto a due opzioni fisse e scontate: o un controllo di ordine mondiale finanziario-politico, oppure la creazione di una “democrazia universale” che verrebbe fuori dalla nuova tecnologia digitale.
Il risultato è quello che avviene sotto i nostri occhi, persino con una intelligence ormai miope o incapace, che fa rimpiangere il vecchio MI6 inglese e il vecchio Mossad israeliano, che almeno assicuravano quello che indubbiamente è sempre stato il “lavoro sporco”, il peccato e il male che esistono nel mondo.
Prima che la terza o quarta guerra mondiale, che solo Papa Francesco ha compreso con tanta lucidità, venga dichiarata, sarebbe il caso di fare uno sforzo di riprendere la propria identità occidentale almeno nel campo del pensiero politico e dell’analisi storica.