Evocando addirittura l’invincibile Armada spagnola (che peraltro fece una fine ingloriosa, distrutta dagli inglesi), Donald Trump sta continuando ad alzare i toni dello scontro con la Corea del Nord annunciando il possibile arrivo in tempi brevi di sommergibili e altre portaerei sullo scenario. Per Marco Bertolini, intervistato dal sussidiario, se Trump sta agendo anche per motivi propagandistici interni in modo da guadagnare quell'”investitura” che ancora gli manca, sta scherzando col fuoco: “La Corea del Nord è un avversario di cui nessuno conosce la vera entità, alzare in questo modo i toni può portare ad azioni imprevedibili con conseguenze devastanti. Anche la prima guerra mondiale era cominciata con un episodio circoscritto che ha portato a una serie di mobilitazioni militari. Di fatto, mobilitarsi come stanno facendo gli americani significa già guerra”. In uno scenario, aggiunge, dove agiscono altri attori importantissimi, Cina e Russia.
Generale, perché Trump sente questo bisogno impellente di attaccare la Corea del Nord? In fondo sono decenni che si trascina questa situazione.
Intanto l’America ha grandi interessi nell’est asiatico, con una presenza militare 30mila uomini in Sud Corea. La presenza di unità così numerose significa che gli Stati Uniti non la considerano un’area periferica ma un’area di grande importanza.
Che altro c’è in ballo? Qualcosa che sa solo l’America?
Trump dopo l’insediamento, mentre ha dimostrato coerenza in politica interna, in quella estera ha dato una sterzata notevole, che ha il sapore di un voltafaccia per quanto riguarda la Siria, mentre per quanto riguarda la Corea era forse più prevedibile, nonostante avesse detto che non voleva più fare il gendarme del mondo. In ogni caso una pressione nei confronti di Pyongyang si doveva mettere in conto.
Perché?
La Corea del Nord dimostra apertamente da tempo l’intenzione di dotarsi di un armamento nucleare, a differenza dell’Iran che non aveva questo interesse. Trump è poi molto pressato dalla sua opposizione, compresa quella interna al Partito repubblicano. Con la sua scelta ha trovato la maniera di presentarsi come il fautore di un’America forte, rispettata in tutto il mondo. La cosa non dispiace ai militari, che chiaramente vendono ribadita la loro importanza, ma nemmeno all’opinione pubblica.
C’è dunque un aspetto propagandistico nelle sue azioni?
C’è il lato propagandistico e anche la guerra psicologica: in parte nei confronti della sua opinione pubblica, per ottenere un’investitura anche “morale” che adesso non ha. E poi nei confronti della Corea e anche della Cina, che è stata messa con le spalle al muro. Lo stesso discorso vale anche con la Russia, rimasta spiazzata dal voltafaccia in Siria. Se ci fossero azioni belliche in Corea questo sarebbe un problema anche per Mosca, dato che il paese confina con la Siberia russa. Nessuno nell’area potrebbe far finta di niente, se non altro per non perdere credibilità internazionale.
Si può dire che tra le tre superpotenze, Cina, Russia e Usa, queste ultime stiano prendendo in mano il gioco, a differenza di quando c’era Obama che si era fatto “superare” dalla Russia?
Certo. Si può dire che con questo attivismo di Trump gli Usa tendono a proporsi come i veri interlocutori tra quelli che detengono gli equilibri mondiali, mentre in effetti fino a poco tempo fa a muovere era la Russia. Io temo però che questo giochino possa ingolosire troppo Trump, lo possa portare a delle mosse sconsiderate.
Cioè?
Queste sue azioni non sono dirette verso paesi strutturati, con i quali, anche se avversari, ci sono dei canali di dialogo. Trump ora sta agendo con un paese che è imprevedibile. In queste situazioni a volte anche l’aspetto psicologico o un errore da parte di uno o dell’altro, ad esempio uno sconfinamento oppure uno scontro casuale, può essere la scintilla che fa detonare tutto.
Sta parlando di guerra mondiale?
Basti pensare che la prima guerra mondiale è cominciata da un omicidio limitato poi da lì sono partite le mobilitazioni che sono già un atto di guerra.
La Corea del Nord ha missili che possono raggiungere gli Usa?
Assolutamente no. Ha missili, gli Scud, che possono distruggere Seul e come armamento convenzionale è più forte dei cugini del sud, però tutti i paesi dell’area, se Pyongyang si vedesse persa, potrebbero essere coinvolti. Ad esempio potrebbero bombardare il Giappone.
Stiamo ballando sull’orlo di una catastrofe?
Purtroppo la guerra a un certo punto sfugge alla razionalità, entra negli abissi della psicosi, della paura, dell’orgoglio. Stimolare questi sentimenti soprattutto quando non si conosce la controparte è pericoloso. La Corea del Nord non la conosce nessuno, neanche lo storico alleato cinese e neppure Razzi.
Il presidente cinese ha telefonato a Trump chiedendo di intraprendere azioni politiche e diplomatiche.
La Cina è preoccupata e attenta a quello che succede per motivi geografici ma anche per una sponsorship che ha sempre esercitato. Pechino sa che potrebbe essere incolpata dagli americani di inefficacia verso Pyongyang nel caso succedesse qualcosa. Il fatto che abbiano telefonato a Trump per chiedere una soluzione politica di questa crisi è la dimostrazione che sono decisamente preoccupati. Vedono che al di là degli aspetti psicologici i toni si stanno alzando e neanche loro sono in grado di controllare quello che potrebbe succedere. Ed è un successo interno per Trump, che ora può dire: guardate, la Cina mi implora di non fare la guerra.
(Paolo Vites)