Kim Jong-un può rispolverare l’arma della ritorsione per rispondere agli Stati Uniti: il dittatore della Corea del Nord potrebbe prendere ostaggi stranieri in caso di attacco Usa. La Terza Guerra Mondiale, dunque, potrebbe non scoppiare per le arme nucleari. Nel suo arco ci sono tante altre frecce avvelenate. Stando a quanto riportato da Quotidiano.net, dal 2011 ad oggi ha fatto giustiziare 340 persone, tra cui esponenti del suo regime caduti in disgrazia e potenziali oppositori. Kim Jong-un ha rapito circa 485 cittadini sudcoreani e ufficialmente 17 giapponesi, di cui solo cinque sono tornati a casa. Fonti giapponesi parlano invece di un numero complessivo di 886 rapimenti. Numeri a parte, è evidente che il dittatore della Corea del Nord non abbia paura ad usare ogni mezzo per affermare il suo potere. Ha rimosso cinque ministri della difesa (uno dei quali fu giustiziato davanti ai suoi parenti), ha fatto giustiziare suo zio e fece uccidere con un lanciafiamme il viceministro della sicurezza pubblica, O Sang-hon. Due spie, su suo ordine, hanno ucciso il fratellastro, ma ha eliminato anche sue ex fidanzate. (agg. di Silvana Palazzo)



Resta alta la tensione tra Stati Uniti e Corea del Nord, soprattutto dopo l’ennesimo allarme lanciato dall’ambasciatore di Pyongyang all’Onu. Nella giornata in cui il vicepresidente Usa, Mike Pence, visita la zona demilitarizzata che separa le due Coree, Kim In Ryong ha dichiarato: «Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all’altro nella penisola coreana». Il diplomatico, che ha parlato ai media al Palazzo di Vetro, ha attaccato gli Stati Uniti, perché «stanno disturbando la pace e la stabilità globale, insistendo in una logica da gangster». La Corea del Nord ha, dunque, ribadito l’intenzione di prendere contromisure più pesanti. Inoltre, considera gli Usa responsabili delle loro azioni, aggiungendo che i test sui missili «fanno parte del normale percorso per sviluppare capacità di autodifesa». E, infatti, il viceministro nordcoreano degli Esteri, Han Song-Ryol, ha annunciato alla Bbc che verranno condotti altri test missilistici su base settimanale, mensile e annuale. (agg. di Silvana Palazzo)



Se il clima da terza guerra mondiale rimane tale è anche per lo scontro a distanza sempre più forte tra Usa e Russia, con i due “campi” di battaglia che ad oggi sono la Siria e la Corea del Nord, seppur con motivazioni diversissime tra le due vicende. Dopo l’avvertimento di Mike Pence dalla Corea del Sud ai nemici “cugini” del nord, interviene anche la Russia dopo tre giorni di relativo silenzio diplomatico e prende Donald Trump come diretto interessato delle proprie dichiarazioni. «Non accettiamo le spericolate iniziative missilistiche di Pyongyang che violano le risoluzione dell’Onu – ha spiegato il ministro degli Esteri Sergei Lavrov – ma questo non significa che si possa violare il diritto internazionale. Spero che non ci siano iniziative unilaterali come quella vista di recente in Siria», conclude il diplomatico del Cremlino. Una cerniera tra Cina e Russia prova a sostenere la linea del negoziato, ammettendo l’insostenibile azione missilistica della Nord Corea ma allo stesso tempo cercando di limitare l’avanzata della portaerei di Trump nel Pacifico. (agg. di Niccolò Magnani)



È passata la Pasqua e non ci sono state schermaglie tra missili e minacce di bombe atomiche eppure la situazione tra Usa e Corea del Nord è tutt’altro che fuori dal pericolo “terza guerra mondiale”. In visita nell’area demilitarizzata tra Corea del Sud e Corea del Nord, il viceTrump Mike Pence è stato chiarissimo: «l’era della pazienza strategica è finita». Verranno utilizzati mezzi pacifici oppure «qualsiasi mezzo necessario per proteggere la Corea del Sud e stabilizzare la regione», detto ancora dal vicepresidente Usa in visita agli alleati di Seul. Non sono ammessi nuovi “sgarbi” da Washington e da Pyongyang, affermano le due diplomazie dei Paesi in scontro totale, mentre prosegue il tentativo della Cina di trovare una soluzione di mezzo, un negoziato possibile per porre fine al rischio di scontro atomico. «bisogna ridurre le tensioni per tornare al tavolo negoziale e risolvere i problemi con mezzi pacifici», sono le parole del ministro degli Esteri, Lu Kang. Pare al momento che il vero obiettivo sia far ripartire il dialogo multilaterale, bloccato dal dicembre 2008 sull’asse Usa e Corea del Nord: ipotesi non semplice e con il tempo che purtroppo scorre nella “clessidra” della possibile guerra. (agg. di Niccolò Magnani)

La strategia di Donald Trump di coinvolgere la Cina nel tentativo di arginare il regime di Kim Jong-un in Corea del Nord sembra non convincere Romano Prodi, che al contrario teme l’inizio di una Terza Guerra Mondiale. Intervistato da La Repubblica, sulle tensioni tra Washington e Pyongyang, l’ex Presidente del Consiglio si è espresso in questi termini:”Sono molto preoccupato: vedo gli show di forza, i bracci di ferro, cose pericolose. Ma non credo che la Cina abbia intenzione di rispondere colpo su colpo”. Prodi spiega perché a suo avviso la volontà di Trump di ottenere aiuto da Pechino non avrà riscontri positivi:”Donald Trump era partito dicendo faccio, brigo, sistemo. Ma cosa vuoi fare e brigare con un Paese come la Cina? Guardate come sta usando appunto la Corea del Nord: alla grande! La Corea del Nord vive perché la fa vivere la Cina. Materie prime, cibo. Gli americani lo sanno e vogliono che i cinesi si muovano. La verità è che per i cinesi la Corea del Nord vale un niente del commercio estero. E quindi possono anche chiudere il confine senza sacrifici: ma facendo così agli americani un favore enorme. E qui scatta il do ut des. Adesso, diranno, tocca a voi pagare: state buoni, per esempio, sulle restrizioni commerciali”. A rendere complicata l’intesa, anche l’incompatibilità tra i leader, Trump e Xi Jinping:”Non potrebbero essere più opposti nella psicologia. Uno è un giocatore d’azzardo, l’altro un politico matematico. Usano entrambi il calcolo statistico ma per obiettivi diversi: uno per alzare la posta, l’altro per costruire il suo futuro”.

Stati Uniti e Corea del Nord mostrano i muscoli, e il rischio dello scoppio di una Terza Guerra Mondiale non sembra essere poi così lontano. Dopo il fallito lancio di un missile da parte di Pyongyang, dietro al quale secondo alcune fonti vi sarebbe l’intervento diretto degli hacker americani, ecco che il Pentagono continua a schierare la sua squadra navale d’attacco in direzione dello stato guidato dal dittatore Kim Jong-un. A capeggiare la flotta è la portaerei a propulsione nucleare Carl Vinson che, come riportato da Quotidiano.net, può disporre anche di “6 cacciatorpediniere classe Arleigh Burke ed un incrociatore classe Ticonderoga (tutti dotati del sistema di difesa Aegis) oltre a sottomarini d’attacco”. Sarebbero stati invece già collocati ad una distanza inferiore ai 500 km dal sito dove hanno avuto luogo gli ultimi 5 test nucleari nordcoreani, a Punggye-re, i due cacciatorpediniere Arleigh Burke in grado di far partire i missili da crociera Tomahawk. Pronti per ogni eventualità anche i mezzi pesanti della flotta aerea, gli immancabili B-52 e i B-2 Spirith invisibili ai radar, che al momento sono stati parcheggiati nella base aerea di Guam in atteso di ordini ufficiali. L’avanzata Usa, come sottolineato dall’agenzia ufficiale cinese Nuova Cina (Xinhua), prosegue anche dopo il colloquio telefonico tra il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, e l’omologo cinese, Yang Jiechi: segnale inequivocabile che al momento la Cina ha quanto meno deciso di non mettersi di traverso rispetto all’appello a collaborare avanzato da Donald Trump.