Siamo abituati agli attentati dei terroristi del Daesh. Persino ai morti. Quando poi non c’è una strage, ma — a quanto pare e lo speriamo — il bilancio parla di un morto e di tre feriti tra le forze di sicurezza, di solito non sono necessari commenti. Che cosa si vuol dire di nuovo? Orrore, pena, dolore, senso di impotenza. Ma questo attentato dei tagliagole in nome del califfo ha puntato su un luogo sacro: il monastero di Santa Caterina sul Sinai. L’avamposto religioso, il luogo cristiano più prossimo al luogo dove Mosè ricevette le tavole della legge dal Dio adorato dalle tre religioni monoteiste.



Le scarne notizie parlano di un assalto al posto di blocco a ridosso del monastero. Chi c’è stato non lo dimentica. Ci sono i documenti primigeni della presenza di Gesù Cristo, della sua presenza storica. Si contempla l’immagine del Nazareno, ritenuta la più antica, davvero somigliante a quell’uomo che da neonato attraversò il deserto con Giuseppe e Maria per rifugiarsi in Egitto e sfuggire alla persecuzione di Erode. Povero Egitto, oggi è il crocevia dell’odio contro il cristianesimo.



Un commando aveva come obiettivo non i militari, ma quella costruzione fondata da sant’Elena, la madre di Costantino. C’è la storia lì. Ma non è un fatto del passato, è palpitante della presenza viva del Mistero. 

C’è una ragione in più a documentare la bestemmia di questo assalto. E dimostra che lo stato islamico se ne frega anche di Maometto quando non corrisponde ai suoi intenti assassini. Infatti esiste un documento ritenuto autentico dalla maggior parte degli studiosi anche di fede islamica. E’ il patto o promessa di Santa Caterina, che è stato da sempre considerato un salvacondotto, una garanzia di convivenza pacifica per cui i conquistatori arabi garantivano la libertà religiosa ai cristiani copti d’Egitto che preesistevano alla stessa rivelazione coranica.



Eccone il testo:

“Questo è un messaggio di Muhammed ibn Abdoullah, che costituisce un’alleanza con coloro la cui religione è il cristianesimo; che noi siamo vicini o lontani, noi siamo con loro. Io stesso, gli ausiliari [di Medina] e i miei fedeli, ci portiamo a loro difesa, perché i cristiani sono i miei cittadini. E da Dio, io resisterò contro tutto ciò che sia loro avverso. Nessuna costrizione su di loro, in nessun momento. I loro giudici non saranno licenziati né i loro monaci espulsi dai loro monasteri. Nessuno deve mai distruggere un edificio religioso di loro proprietà né danneggiare o rubar loro qualcosa per poi portarlo ai musulmani. Chiunque rubi loro qualcosa, viola l’alleanza di Dio e disobbedisce al Suo Profeta. In realtà, i cristiani sono miei alleati e hanno la certezza del mio sostegno contro tutto ciò che li affligge. Nessuno deve costringerli a viaggiare o a battersi contro la loro volontà. I musulmani devono combattere per loro, se necessario. Se una donna cristiana è sposata con un musulmano, questo matrimonio non deve aver luogo senza la sua approvazione. Una volta sposata, nessuno deve impedirgli di andare in chiesa a pregare. Le loro chiese sono sotto la protezione dei musulmani. Nessuno deve impedir loro di ripararle o rinnovarle, e la santità della loro alleanza non deve essere violata in nessun caso. Nessun musulmano deve violare questa alleanza fino all’ultimo giorno del giudizio (fine del mondo)”.

Una promessa che in questi ultimi anni è stata clamorosamente contraddetta. Human Rights Watch ha contato 40 chiese bruciate o distrutte da jihadisti o Fratelli musulmani, per non parlare dei beni, delle case, delle attività dei copti a partire dal 2013. 

Il Papa andrà in Egitto alla fine della settimana prossima. Sarà un momento di grazia e di pace. Più forte e più potente della violenza disumana e blasfema.