Eccola lì, la Douce France che non ha più nulla del suo antico splendore. E, si badi bene, non si tratta di una decadenza economica, quanto piuttosto di quella più profonda, quella spirituale, quella che faceva scrivere nel 1813 a un Benjamin Constant esiliato ad Hannover amaro più che mai, ma che ancora sperava di abbattere Napoleone l’usurpatore, quell’opera universale e tanto attuale che è “De l’esprit de la conquete et de l’usurpation, dans leurs rapports avec la civilisation europeenne”: “Bisogna avere provato questa sofferenza per comprenderla, e allora si perdoneranno facilmente certe espressioni di amarezza sfuggita a un dolore tanto più vivo quanto più si fosse gelosi dell’onore del nome francese”.
Ecco il dramma francese. Un dramma angoscioso per una divisione culturale senza pari che si disvela immediatamente allorché si dispiega dinanzi agli elettori la frantumazione culturale francese con una virulenza mai vista dal tempo dell’avvento del gaullismo come architrave di quella nuova Francia che s’era incarnata nella lotta anti-nazista e che s’era concretata in circolazione delle classi politiche solo dopo la rivoluzione verticale e nazionale anti-atlantica gaullista. Oggi, per la prima volta nella sua storia, il motivo dominante della lotta politica è l’usurpation! Ecco Constant! Ma come allora essa è si un’usurpazione de l’interieur, ossia dal di dentro (le Monstre Napoleon), ma un di dentro che ora vien tutto da fuori: i musulmani con i loro mores. Gilles Kepel l’aveva preannunciato nei sui lavori.
L’obiettivo, diceva, del sangue versato era chiaro: il terrorismo jihadista (e io affermo delle potenze sunnite che lo dirigono e sostengono) è quello di “fracturer” la società francese con una guerra civile continua in nome di una religione fanatizzante e di un proletariato giovanissimo in rivolta contro le traumatizzate classi medie. Sconfitti come sono e sono stati perché la stragrande maggioranza dei musulmani di Francia sono con la République e quindi sono per la Patria, a cadere invece nella trappola sono state le classi politiche in competizione che tutte hanno seguito le islamofobie della Le Pen, disgregando il senso stesso del repubblicanesimo francese e disperdendo in tal modo il grande patrimonio di una nazione unica al mondo per amor di Patria.
Salvo Melenchon, ex trotskista e rivoluzionario coraggioso e nobile, tutti gli altri sono servomeccanismi della fracture e non demiurgi che possono superarla. Macron riscopre Blair quando è fallito. Fillon, che è forse il più nobile vandeano conscio del ruolo mondiale della Francia, ha contribuito alla disgregazione intrappolato dalla magistratura. La Le Pen è pienamente se stessa e si potrebbe avviare alla vittoria come è stato per Trump negli Usa. Solo un partito repubblicano formato da quadri musulmani democratici arabi e francesi poteva sconvolgere un gioco al massacro che pare senza fine.