Ci si ripete, quasi meccanicamente, da almeno tre anni e forse di più, che di fronte al terrore che semina l’Isis in Europa bisogna continuare a vivere, non rinunciando alle nostre abitudini.
Pur consapevoli dell’incertezza e dell’imprevedibilità micidiale in cui siamo immersi, è necessario dimostrate a chi colpisce in modo così vigliacco, sparando nel mucchio, seminando morte e tragedie, che il nostro modo di vivere continua inalterato nella sua apparente normalità. E’ questa, secondo molti, la migliore risposta che si possa dare ai terroristi, ai seminatori della morte ideologica, rivendicata con una spaventosa ignoranza e con un’autentica bestemmia di uccidere in nome di Dio.
Ma non è sempre semplice resistere, nonostante tutti gli sforzi che fai e la dignità che cerchi di pescare in fondo alla tua coscienza di cittadino occidentale, legato a una religione o alla dura scuola dei laicismo. La Francia in questo momento sembra piegata, nonostante i quintali di retorica che vengono sparsi a mani basse. La Francia dei “lumi” sembra arrivata a un punto di rottura. E’ troppo semplice e sintetizzato con un’ironia fuori posto parafrasare il titolo di un celebre film di Almovodar: “sull’orlo di una crisi di nervi”.
C’è stata la rivolta delle banlieues, la radicalizzazione individuale e di gruppo, il fallimento dell’integrazione postcoloniale, la nascita dello stato islamico e poi con una cadenza impressionante i messaggeri di morte hanno colpito, facendo stragi, all’interno di un giornale satirico, di un supermercato ebraico di alimentari, quindi in un locale pubblico, poi sulla mitica Promenade des Anglais di Nizza, il 14 luglio nel giorno della Festa nazionale, e infine sugli Champs Elysées parigini, che non sono solo un grande viale monumentale, ma un autentico pezzo di storia europea e mondiale.
E si fa un resoconto a grandi linee, perché gli attentati ci sono stati anche nelle scuole, nelle strade, persino in una chiesa.
Inutile nascondere che il “cuore” dell’Europa è la Francia, Parigi, molto più di Bruxelles e della stessa Germania. Quindi a essere colpita è in tutti i sensi proprio l’Europa.
Da che cosa si percepisce che si sta arrivando a una sorta di punto di rottura? L’impressione delle telefonate che arrivano dalla capitale francese è quella di confidenze cariche di angoscia e di incertezza. E anche di fatalismo: “Tutti ci aspettavamo che arrivasse un attentato alla vigilia delle elezioni. Non ci voleva molto a capire che l’allerta era altissima”. Come se si fosse malamente vaccinati di fronte al terrorismo.
Ma questo fatto, questa previsione che batte ormai i sondaggi elettorali in credibilità, taglia letteralmente le gambe a quella che veniva chiamata “la gaia Parigi”, il luogo dove andavano a vivere gli americani “che ritornavano da dove erano partiti gli antenati” del vecchio continente e dove nessun cittadino d’Oltre Atlantico, venendo in Europa, non andrebbe a vivere.
La globalizzazione, la “cuginanza” tra francesi e italiani ha creato poi tante doppie case e tante coppie internazionali. C’è chi vive in centro a Parigi, nel quarto arrondissement, vicino a Notre-Dame, ma in fondo non lontano, con un bella passeggiata, da Place de la Concorde, dall’Arc de Triomphe e quindi dagli Champs Elysées. Così come non è lontano dai grandi boulevards, dove ci sono i caffè storici, ormai all’aperto in primavera, con i tavolini sul
Marciapiede dove soggiornavano abitualmente non solo Sartre e Simone de Beauvoir, ma anche tanti americani.
I segnali dello choc subito si vedono bene e, dicono al telefono, i locali ora sono quasi vuoti e quando giovedì sera è scattato il piano antiterrorismo della polizia francese Parigi aveva perduto tutto il suo smalto, che vive anche di notte o alla sera prima di cena.
A questo punto, l’angoscia si accumula a tal punto, mentre i politici litigano in modo anche sgangherato, che le coppie italo-francesi con figli ti spiegano: la ragazzina deve prendere la metropolitana quando va a scuola e come fai a non pensarci? Per qualche giorno è meglio ritornare a Milano, almeno fino a quando è finita la campagna elettorale. E resti di stucco, perché pensi alle giornate di angoscia che vivono genitori, parenti, figli, amici e conoscenti.
Partire da Parigi è sempre stato triste, lasciandosi alle spalle la bellissima Gare de Lion o quella del Nord, ma ora sembra di respirare per qualche giorno.
Facevano impressione giovedì sera soprattutto gli americani, che a Parigi solitamente ci sguazzano. Nel momento in cui hanno isolato i grandi boulevards e chiuso i locali, qualche americano girava con le mani alzate, quasi in segno di resa. C’è chi sostiene, dati alla mano, che il turismo in Francia, non solo sulla Costa Azzurra, ma in tutto il Paese e a Parigi soprattutto, sia calato in modo impressionate. L’ultimo attentato assesterà un altro colpo.
Può darsi che, al contrario di quanto prevede lo scrittore Michel Houellebecq, la Francia conservi il suo spirito laico e il suo modo di vivere. Ma questa volta, i segni sono quelli di essere sull’orlo di un crinale pericoloso. In parte si convive ormai con un incubo.