Li chiamavano “quelli del portico di Salomone”, perché li vedevano sempre insieme in quel luogo, e la loro unità suscitava curiosità e desiderio di capire di più perché mai avessero quei volti lieti, che cosa li tenesse uniti nonostante la débâcle con cui si era conclusa l’avventura del loro Maestro… La storia, poi, avrebbe dato ragione a loro e alla loro speranza.
È l’immagine che mi è venuta in mente leggendo che il patriarca Bartolomeo sarà insieme a papa Francesco in Egitto, in occasione della visita del prossimo 28-29 aprile. Purtroppo, ci siamo abituati a vedere la notizia di questa visita papale in calce alle tragiche notizie di atti terroristici che si sono susseguiti nelle ultime settimane, fino all’attacco all’antichissimo monastero di Santa Caterina sul Sinai – a sottolineare il pericolo a cui il pontefice si esporrà. E questo è vero. Ma chi pensa che sarebbe meglio non rischiare e quindi rinunziare al viaggio, dimentica che il mondo oggi ha bisogno soprattutto di sperare: e la testimonianza solidale dei cristiani, uniti come segno per la pace nel mondo, non è meno vitalmente indispensabile dei generi di prima necessità.
Qualche settimana fa alcuni amici di Damasco ci hanno interpellato perché vorrebbero creare un centro culturale, un luogo di dialogo tra confessioni e religioni sull’esempio della “Biblioteca dello Spirito” che da ormai più di vent’anni opera a Mosca. Sotto le bombe, nel rischio quotidiano, hanno toccato con mano che le prime “macerie” da rimuovere per ricostruire l’umanità devastata sono quelle che si trovano nei cuori umani e li bloccano in logiche di ostilità e conflitti. Presto andremo a far loro visita per condividere la nostra esperienza e cercare di capire insieme a loro quali siano i passi fondamentali in una situazione così complessa.
Ciò che ci ha lasciati stupiti – che in una situazione di bisogno estremo pensassero a un centro culturale – è la stessa dinamica che mette in viaggio Francesco e Bartolomeo verso l’Egitto, come già in Palestina o all’isola di Lesbos: non arrendersi alla logica della paura e della divisione come a una triste e inevitabile “normalità”, ma riproporre instancabilmente l’unità come segno di Colui che può scardinare i nostri sepolcri e le nostre barriere.
In Egitto si rinnoverà dunque il gesto attraverso cui i vescovi di Roma e Costantinopoli, successori degli apostoli e fratelli Pietro e Andrea, indicano al mondo che odio e guerra non sono l’ultima parola. Anche se tutto vuol far credere il contrario, l’unità viene prima delle divisioni tra i cristiani di diverse confessioni, e si può e si deve dialogare con i musulmani che rifiutano la violenza e la giustificazione del terrorismo e delle stragi in nome della religione.
Ma il contenuto del viaggio in Egitto, fraternamente condiviso da cattolici e ortodossi, è esattamente l'”incontro-scontro” che coinvolge noi tutti, ciascuno di noi, in Occidente come in Oriente, e di cui ha recentemente parlato papa Francesco commentando l’episodio della resurrezione di Lazzaro: “Da una parte c’è la ‘disfatta del sepolcro’, la delusione, la precarietà, e dall’altra la speranza, ‘che vince la morte e il male, e che ha un nome: Gesù'”.
Parlando dei “piccoli e grandi sepolcri” che ognuno di noi si porta dentro – qualche ferita, un torto subìto, un rancore che non dà tregua, un peccato che non si riesce a superare – il papa esorta “a decidere da che parte stare. Si può stare dalla parte del sepolcro oppure dalla parte di Gesù. C’è chi si lascia chiudere nella tristezza e chi si apre alla speranza… Di fronte ai grandi ‘perché’ della vita abbiamo due vie: stare a guardare malinconicamente i sepolcri di ieri e di oggi, o far avvicinare Gesù ai nostri sepolcri”.
“Non cediamo alla logica inutile e inconcludente della paura, al ripetere rassegnato che va tutto male e niente è più come una volta. Questa è l’atmosfera del sepolcro; il Signore desidera invece aprire la via della vita, quella dell’incontro con Lui, della fiducia in Lui, della Risurrezione del cuore, la via dell”Alzati, alzati! Vieni fuori’! E’ questo che ci chiede il Signore e Lui è accanto a noi per farlo”.