Dopo la strage di civili ad Aleppo nessuno ha fatto rivendicazioni, tutto sembra tacere. Che sta succedendo in Siria?

Non c’è bisogno di rivendicazioni perché è chiaro che responsabili di quella strage sono gli uomini di al-Nusra o qualche altra organizzazione sunnita. Nella zona di Aleppo i guerriglieri di al-Nusra sono sempre ben presenti.



Si tratta di reduci della battaglia di Aleppo che continuano a fare attività bellica?

E’ facile rispondere. Le vittime dell’attentato erano cittadini sciiti che in base a un preciso accordo, non rispettato, stavano venendo evacuati e sono diventati vittime di un atto terroristico. In quanto all’attività bellica certamente è sempre in atto. Al-Nustra continua a combattere anche se ridimensionata dalla perdita di Aleppo, ma controlla ancora la Siria al confine con la Turchia fino alla zona di Idlib dove c’è stato l’episodio delle armi chimiche.



Con tutti i fronti di guerra che si stanno aprendo nel mondo, la Siria e le sue disgrazie nelle ultime settimane sono passate nel silenziatoio. Ma il quadro è drammatico come sempre, ci dice in questa intervista Gian Micalessin: “al-Nustra, seppur indebolita dalla perdita di Aleppo, è sempre attiva come dimostra la strage di civili ad Aleppo e controlla ancora una larga fetta di Siria. L’inutile bombardamento americano senza alcuna prova reale dell’uso di armi chimiche da parte di Assad ha solo creato maggiori difficoltà”. E’ proprio l’interventismo scriteriato  di Trump a creare problemi in Medio Oriente così come sul fronte del Pacifico dove, dice ancora Micalessin, “senza un ruolo diplomatico forte della Cina che costringa Pyongyang almeno al disarmo nucleare, si rischia una guerra senza vinti e vincitori, ma con nuovo spargimento di sangue peggio che in Medio Oriente”.



A proposito, anche quel tragico episodio è finito nel dimenticatoio. C’è stata qualche inchiesta seria?

E come potrebbero esserci state? Quella zona è saldamente in mano agli jihadisti, tutti i rilevamenti sono stati fatti da loro, nessun osservatore indipendente ha potuto vedere qualcosa. Prove che sia stato Assad non ce ne sono. Anche guardando i documenti americani per giustificare il loro bombardamento non si trova una sola prova se non quello che era già stato detto da fonti che si trovano nel territorio controllato dai ribelli.

Il testimone considerato più attendibile, il medico inglese, risulta essere legato ai jihadisti, non è vero?

Certo, è tra le persone responsabili del rapimento del giornalista inglese ancora in mano all’Isis, rapito prima da un altro gruppo jihadista di cui faceva parte questo personaggio che l’Inghilterra ha riconosciuto colpevole. Eppure è stato sentito da tutti i media mondiali come il testimone più autorevole e indipendente.

Il bombardamento americano alla fine che risultati ha portato?

Non ha ottenuto nessun risultato se non rendere più difficile la situazione del conflitto. Una soluzione non può non prescindere da trattative con Assad anche perché non esiste alcun leader alternativo, neppure tra i ribelli c’è un personaggio che possa prendere il suo posto.

Anche sul piano politico?

Non si può pensare ad alcun piano politico che non sia condotto da una intesa fra i principali attori e cioè Assad da una parte, dall’altra le principali fazioni ribelli ma anche potenze come Russia e Iran.

Ma quali fazioni ribelli? In Siria ci sono circa venti eserciti diversi che si combattono fra loro.

Sì, ma i capofila sono gli Usa da una parte e il Qatar e l’Arabia Saudita dall’altra, senza dimenticare Russia e Turchia.

Certo, ma questi ribelli a chi fanno riferimento?

Nella fazione sunnita alla Turchia, al Qatar fanno capo i Fratelli musulmani, all’Arabia fanno riferimento le fazioni salafite, alll’Iran tutte quelle sciite e lo stesso governo di Assad che ha in Teheran e Mosca i suoi maggiori alleati.

Spostandoci sul fronte iracheno, sembrava che Mosul dovesse cadere da un giorno all’altro e invece?

Fino a un mese fa l’esercito iracheno era a poche centinaia di metri della moschea simbolo del califfato ma oggi sono fermi. Ci sono difficoltà oggettive legate al fatto che si è scoperto che i bombardamenti americani hanno fatto centinaia di vittime per cui si è più cauti nel bombardare ma questo significa essere più cauti nell’avanzare.

Secondo lei l’elezione di Macron a presidente cambierebbe l’approccio della Francia in Siria?

In realtà l’impegno francese non è mai stato niente di che, a parte i bombardamenti dopo gli attacchi terroristici del 2015. Questo non sarà il terreno della politica su cui il personaggio Macron metterà la faccia. Non penso che cambi qualcosa, anche lui è parte di quel sistema di potere francese che con Sarkozy e Hollande si è schierato dalla parte del Qatar, dell’Arabia, della Turchia e delle forze sunnite.

Come si lega questo scenario al delicato equilibrio nel Pacifico tra Corea del Nord e Stati Uniti? 

L’unico legame è la presenza americana, che in entrambe le parti stenta a esercitare la sua potenza e non potrebbe essere altrimenti uscendo da 8 anni di Obama fallimentari e con un esordio poco incoraggiante di Trump. Sul fronte del Pacifico quello americano è un quadro di sostanziale impotenza, l’opzione militare comporta il rischio di risposta da parte Pyongyang che significherebbe centinaia di migliaia di morti in Corea del Sud. L’unica opzione è una mediazione della Cina che si faccia parte attiva per tenere a freno la Corea e le imponga un disarmo almeno nucleare.