Kirghizistan, Kazakistan, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan: nazioni di cui in Italia non si sente quasi mai parlare e che invece rappresentano un fronte del radicalismo islamico molto preoccupante. L’attentatore di San Pietroburgo sembra sia proprio un kirghiso. “In realtà” ci spiega Marilisa Lorusso, corrispondente di OBC Transeuropa dal Caucaso “il radicalismo islamico in questi paesi è presente e anche per l’effetto della guerra in Afghanistan si è rinvigorito e ha conquistato giovani delle ultime generazioni”. A questo si aggiunge la peculiare situazione del terrorismo in Russia. “In Russia il terrorismo è una realtà da molto tempo, in occidente se ne parla solo quando vengono colpite città come Mosca o Pietroburgo, ma il paese conta più di 3500 morti in vari decenni per attentati a scuole, ospedali treni, autobus e metropolitane”. A complicare tutto naturalmente la questione siriana.
All’indomani dell’attentato a San Pietroburgo tutti hanno intitolato “attacco a Putin”. Anche secondo lei quanto successo a ha che vedere con l’impegno russo in Siria?
Va detto che San Pietroburgo è la roccaforte di Putin, città nella quale si reca spesso, per cui la coincidenza dell’attentato con la sua presenza quel giorno è da dimostrare. Al momento nessuno si è ancora vantato dell’attentato, cosa che emergerà solo in fase investigativa.
La pista kirghisa la convince? Cosa si nasconde nel Kirghizistan, gruppi radicali nati con l’appoggio dell’Isis o già esistenti?
Al momento non si può scartare neanche l’ipotesi del cane sciolto, anche se l’uso del tritolo fa pensare che ci sia dietro un’organizzazione precisa piuttosto che l’attentatore solitario che usa il camion o la macchina o la pistola recuperata in modo fortunoso. Sin dagli anni 50 in varie regioni esiste il Partito della Liberazione, una organizzazione islamista fondamentalista che vuole l’imposizione della sharia, e che oggi è attiva anche in Asia centrale, come altre sigle. Dunque una realtà esistente ben prima della nascita dell’Isis. La cosa importante da capire è se la radicalizzazione del terrorista è avvenuta quando ancora era in Kirghizistan o quando qualche anno fa si è trasferito con la famiglia in Russia. Pare che avesse contatti con elementi sirianianche se non era un foreign fighter.
Cosa sta cambiando in queste aree?
C’è purtroppo un processo di radicalizzazione nei giovani musulmani nei paesi dell’Asia centrale. La lotta al terrorismo però è resa particolarmente difficoltosa da almeno due fattori.
Quali?
Si tratta di paesi molto prossimi ai confini afgani, per cui l’onda lunga di quanto vi succede vi arriva facilmente. Hanno tutti delle condizioni politiche interne con un basso livello di democrazia, tanto che la lotta al terrorismo viene spesso usata come scusa per colpire le opposizioni e c’è una grossa difficoltà di dialogo fra le nazioni di quest’area. Adesso dopo l’attentato di Pietroburgo è stata avviata immediatamente una cooperazione tra Mosca e il Kirghizistan.
Com’è invece oggi la situazione in Cecenia e nel Caucaso?
La Cecenia ovviamente rimane nella mente di tutti, e ad ogni attentato si pensa subito ai terroristi ceceni. Il paese oggi è in uno stato di stabilità apparente, mentre nel Caucaso del nord c’è una situazione di carenza di sicurezza pubblica. Una settimana fa c’è stato ad esempio un attacco a una base militare russa.
I famigerati “signori della guerra” che dominavano in Cecenia esistono ancora?
Sì e no. I vertici sono stati decapitati dall’antiterrorismo russo, e così gli elementi di quello che si chiamava emirato caucasico sono prontamente saltati sul carro dello stato islamico. Molti i foreign fighter giunti da qui e molti quelli potrebbero rientrare. Questo è il punto: il conflitto siriano esula dai confini, è già sconfinato in Turchia.
Che cosa succederà adesso? Putin userà il pugno di ferro?
Putin, anche per ragioni mediatiche che gli permetteranno di riacquistare consenso, avrà sicuramente una reazione muscolare, ma teniamo conto che l’antiterrorismo russo è sempre attivissimo. Certo, se in fase investigativa dovesse emergere che questa persona sia riconducibile a un fronte non considerato fino a oggi allora si potrebbe aprire una nuova area di sfida.