Moon Jae-in è il nuovo presidente della Sud Corea. Entra alla Casa Blu (il palazzo presidenziale sudcoreano) con il 41,4 per cento delle preferenze, staccando ampiamente il candidato conservatore Hong Yoon-pyo (23,3 per cento) e il centrista Ahn Cheol-soo (21,8 per cento). Alta l’affluenza, attorno al 77 per cento. Un voto che attira l’attenzione dell’occidente per via di quello che potrebbe accadere con la confinante Nord Corea, dove il leader Kim Jong-un continua a tenere i cannoni puntati su Seul, a testare missili e a rinnovare i suoi propositi bellicosi verso il nemico dichiarato di sempre, gli Stati Uniti. Abbiamo chiesto a Francesco Sisci, editorialista di Asia Times ed esperto di geopolitica asiatica, un identikit del nuovo capo di stato.
Sisci, chi è Moon Jae-in?
Difficilissimo paragonarlo a politici europei, la storia del paese e della sua persona non hanno grandi similitudini. Ma certo sarà una persona chiave già nelle prossime settimane per capire come gestirà quella che finora è stata la tensione crescente con la Nord Corea. Moon Jae-in ha tutte le carte ha posto: è cattolico, di centro-sinistra, in passato critico del Thaad, il sistema missilistico contro il Nord che non piace nemmeno alla Cina. Ma è stato anche un commando delle truppe speciali del Sud, con atti di eroismo per incursioni nel Nord, ed è stato uomo di apparato, amico e braccio destro dell’ex presidente Roh Moo-hyun, suicidatosi perché coinvolto in un caso di corruzione.
Ha vinto con un programma realizzabile?
Se il suo programma avesse successo trasformerebbe il tessuto economico della Sud Corea. Moon Jae-in vuole un importante stimolo economico per favorire la crescita delle piccole e medie imprese in un paese che finora è stato dominato economicamente e politicamente dalle chaebol, le grandi imprese con rapporti spesso non sani con l’apparato statale. Questo stimolo in teoria potrebbe non danneggiare le chaebol, come Samsung o Hyundai, che ormai potrebbero forse vivere senza grandi sostegni statali, vista la loro espansione internazionale. Ma certo taglierebbe molte delle leve politiche che hanno dato finora potere alle chaebol nella vita dei cittadini. Per cambiare questo status quo, Moon ha oggettivamente bisogno di pace. Ma non è chiaro se la Nord Corea può essere disposta a questo.
Perché i sudcoreani lo hanno votato?
Credo che il motivo principale sia stato combattere la corruzione sistemica dell’intreccio fra grandi imprese e politica che schiaccia la maggior parte dei cittadini. Solo che ora Moon deve trovare un modo di lavorare anche con le grandi imprese. In teoria è possible, lo ha già fatto il presidente Roh, ma d’altro canto ormai sono due presidenti di fila, Roh e la presidente Park, a cadere su questioni di corruzione con le grandi imprese. Quindi il problema è come cambiare il paese senza spaccarlo ma anche evitare di cadere nella vecchia trappola correttiva delle chaebol.
Moon dice di volere il dialogo con la Nord Corea. E’ realista o ingenuo?
Moon è un realista, e penso anche che voglia il dialogo. Il problema oggi è che forse i margini di dialogo sono limitati. Ci sono segnali positivi: gli Stati Uniti riconoscono che la Cina sta collaborando sul dossier nordcoreano, e Pechino, dopo anni di negligenza, ha ripreso con forza i contatti con il Sud. Ma la situazione rimane molto seria e il Nord non ha voglia di farsi prendere in una morsa in cui tutti sono insieme contro Pyongyang. Né Moon oggi può permettersi aperture in bianco al Nord.
Cosa dobbiamo aspettarci?
In primo luogo credo che in ogni caso il Thaad resterà. Per un po’ di tempo, forse non poco, resterà anche ruggine con la Cina. Inoltre nel problema delle frizioni tra Usa e Cina la Nord Corea è la questione più urgente e spinosa, ma non certo la sola. Se altri fuochi di tensione dovessero accendersi in altre parti, tornerebbero a riattizzare il problema del Nord. Quindi si deve tenere d’occhio sì la Nord Corea, ma anche tutto il quadro strategico ed economico intorno alla Cina.
Quali sono questi fuochi di tensione?
Restano aperti i problemi delle Senkaku con il Giappone e del Mar Cinese meridionale con l’Asean per fare solo due esempi.
E per quanto riguarda i rapporti tra Sud Corea e nuova amministrazione americana?
I rapporti fra Sud Corea e Usa sono certamente molto solidi, e varrà questo piuttosto che i rapporti personali fra Moon e Trump. Le minacce del leader nordcoreano Kim Jong-un, l’allarme creato finora, la presenza del Thaad in Sud Corea certo al momento consolidano il rapporto.
(Federico Ferraù)