In uno scenario mondiale sempre più complicato dove si soffia sul fuoco da più parti, la Russia rimane un pilastro che è impossibile mettere in un angolo. Per questo l’incontro del nostro premier Gentiloni con Putin avvenuto sulla via di ritorno da Pechino, contiene più risvolti di quanto si possa pensare. Che l’Italia possa sviluppare un dialogo bilaterale con la Russia, ci ha detto Carlo Jean in questa intervista, “è impensabile perché i dialoghi bilaterali si fanno solo su rapporti di forza e noi non siamo in grado di competere con Mosca”, ma quanto dichiarato da Gentiloni in conferenza stampa a proposito delle sanzioni (“Nessuno creda che decisioni sul rinnovo delle sanzioni dopo la crisi Ucraina possano essere prese con il pilota automatico” ha detto) può suggerire l’inizio di una nuova stagione di rapporti più distesi tra l’Europa e Mosca. Carlo Jean non è d’accordo, ecco perché.
Secondo lei l’Italia è in grado di giocare una partita rilevante con la Russia?
A mio avviso l’Italia non ha la forza di aprire un dialogo bilaterale con la Russia. In un dialogo bilaterale valgono i rapporti di forza, che fra noi e loro sono estremamente squilibrati; a loro vantaggio naturalmente. L’Italia può affrontare un dialogo solo rimanendo saldamente legata all’Unione europea, in particolare alla Germania.
Come interpreta allora le sue parole?
Bisogna capire una cosa, che precede qualunque tipo di dialogo. Non è possibile una posizione unilaterale italiana con il debito che abbiamo e con la dipendenza finanziaria che abbiamo con l’estero: se ci mettessimo su questo percorso ce la farebbero pagare.
In che senso?
Uno degli elementi di forza principali degli Stati Uniti sono le dieci banche più potenti al mondo che controllano fondi e aiuti e sono determinanti per il funzionamento del debito pubblico italiano. Di conseguenza non possiamo permetterci giri di valzer da soli, perché rischieremmo molto.
C’è poi il nodo libico, noi sosteniamo al-Sarraj mentre la Russia sostiene il suo rivale, il generale Haftar.
In realtà Haftar è sostenuto soprattutto dall’Egitto, paese con il quale per via del caso Regeni abbiamo dei rapporti non più ottimali. Il vero sostegno ad Haftar lo dà al Sisi molto più che PUtin.
Haftar però sta avendo la meglio, no?
Non esattamente; ha un grosso elemento di debolezza, e cioè non ha gli effettivi a sufficienza per controllare il territorio. E soprattutto in Tripolitania per noi italiani ci sono due elementi di grande importanza.
Quali?
Gli impianti dell’Eni e soprattutto il traffico di esseri umani che parte da lì. Di conseguenza il nostro interesse è che si trovi un accordo con il governo di Tripoli.
Tornando a Gentiloni, le sue parole sulle sanzioni vista l’importanza che da sempre hanno i rapporti commerciali tra l’Italia e la Russia, potrebbero però significare un riaprirsi di questi rapporti?
Ma in realtà non si sono mai interrotti. Le sanzioni hanno provocato danni al settore agroalimentare, ma quello delle macchine utensili ad esempio non è stato minimamente danneggiato.
La politica dell’Unione europea nei confronti di Mosca sembra confermare sanzioni e ostilità, secondo lei si può prevedere un cambio di scenario?
E’ molto semplice: noi europei andiamo dove ci indica l’America. Se l’amministrazione Trump trova un accordo con la Russia, tutti la seguiranno, se rimane questa posizione ferma, si continuerà con le sanzioni.