Il mandato di cattura europeo è stato ritirato, ma Julian Assange non ha ancora lasciato l’ambasciata ecuadoriana dove si è rifugiato cinque anni fa. «Detenuto per sette anni senza accusa mentre i miei figli crescevano e il mio nome veniva diffamato. Non perdono né dimentico», il commento del fondatore di WikiLeaks che fu accusato di violenza sessuale. In attesa di scoprire il destino dall’hacker che ha rivelato segreti militari e diplomatici di Washington, percorriamo le tappe di questa intricata vicenda. Il viaggio deve necessariamente partire dal 4 ottobre 2006, data di nascita di WikiLeaks: il sito riceve in modo anonimo, attraverso un contenitore protetto da un sistema di cifratura, documenti coperti da segreto (militare, industriale, bancario e di Stato) e poi li carica sul proprio sito web. Viene reso pubblico, ad esempio, un documento che provava un complotto per assassinare i membri del governo somalo, firmato dallo sceicco Hassan Dahir Aweys, che nel 2001 era stato inserito dagli Stati Uniti nella lista dei terroristi. Nel 2007 la svolta con l’ingresso di un attivista che utilizzava il software di anonimato “Tor“, con il quale vengono intercettate milioni di conversazioni all’insaputa degli interessati. Da allora oltre 10 milioni di documenti sono stati pubblicati.



L’attività di WikiLeaks è stata conosciuta dal mondo intero dal luglio 2010, quando al New York Times e al Der Spiegel viene rivelato il contenuto di alcuni documenti riservati da cui emergono aspetti che fino ad allora erano ignoti della guerra in Afghanistan. Tutto però comincia a giugno quando viene annunciato l’arresto del soldato Bradley Manning per la diffusione di un video del 2007 che mostra un elicottero Usa che attacca e uccide una decina di persone in Iraq, tra cui due membri dello staff di Reuters. Per questo viene accusato di aver fatto filtrare documenti del governo a WikiLeaks e di aver aiutato il nemico, cioè al-Qaeda. Niente in confronto alla diffusione nell’ottobre 2010 di oltre 400mila file dell’esercito relativi alla guerra in Iraq tra il 2004 e il 2009. Non a caso è stata definita la più grande fuga di notizie dall’esercito nella storia degli Usa. Tra le informazioni diffuse nel corso di questo anno anche quelle che rivelarono il doppio gioco del Pakistan, paese alleato degli Usa. E sempre nel 2010 Daniel Domscheit-Berg, allora numero due di Wikileaks, lascia l’organizzazione per forti dissidi con Julian Assange. Per quest’ultimo i problemi seri cominciano il 18 novembre, quando venne ordinato il suo arresto da parte di una Corte della Svezia. L’accusa è di aggressione sessuale, stupro e molestie sessuali. La risposta di WikiLeaks non si fa attendere: dieci giorni dopo vengono pubblicati migliaia di cabli diplomatici americani con imbarazzanti commenti sui leader stranieri. Silvio Berlusconi, ad esempio, era stato definito un “leader inefficace”, mentre l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy “l’imperatore nudo”. Comincia in quel momento l’offensiva degli Stati Uniti contro WikiLeaks: si parte con una diffida da parte del Dipartimento di Stato, poi Barack Obama crea “Interagency Policy Committee for WikiLeaks”, un organismo speciale con il compito di contrastare eventuali altre fughe di documenti. Il 7 dicembre Julian Assange viene arrestato dalla polizia britannica in seguito ad un mandato d’arresto europeo emesso dalla Svezia. L’accusa è di stupro, molestie e coercizione illegale: seppur consenzienti, i rapporti con due donne non erano stati protetti; inoltre, si sarebbe rifiutato di sottoporsi ad un controllo medico sulle malattie sessualmente trasmissibili, rifiuto considerato crimine in Svezia. Nove giorni dopo Julian Assange viene liberato su cauzione, ma comincia la contesa tra due Stati: da una parte la Svezia, che lo accusa di rapporti sessuali non protetti, dall’altra gli Usa che vogliono processarlo per spionaggio. 



Nel la Svezia ottiene l’estrazione, ma viene dato diritto di appello a Julian Assange. Quando nel giugno 2012 la Corte Suprema britannica rigettò il ricorso, il fondatore di WikiLeaks si rifugia presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, chiedendo asilo politico perché perseguitato. In molti sospettano che dietro la richiesta di estrazione della Svezia ci sono gli Stati Uniti, pronti a processarlo. Vana la segnalazione della polizia britannica, che nel giugno 2011 fa sapere ad Assange che pende un mandato d’arresto per aver violato le condizioni di detenzione su cauzione: ad agosto l’Ecuador concede l’asilo politico all’hacker che così può restare al sicuro. Nonostante il coinvolgimento di WikiLeaks nello scoppio nel del caso “Datagate”, lo scandalo fatto esplodere da Edward Snowden sull’NSA, la figura di Assange viene offuscata. 



Per un anno intero il governo britannico e quello svedese si confrontano su dove sottoporre Julian Assange ad un interrogatorio, poi nel marzo 2015 i procuratori svedesi annunciano di volerlo interrogare proprio nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. A maggio, invece, viene respinta la richiesta di revoca del mandato d’arresto a suo carico, ma ad agosto la Svezia archivia l’indagine per aggressione sessuale, trattandosi di fatti prescritti, proseguendo invece l’inchiesta per stupro. L’arresto di Julian Assange continua comunque a far discutere l’opinione pubblica. Prende posizione un gruppo di lavoro Onu, che definisce “arbitrario” l’arresto dell’hacker. Neppure il tentativo del settembre 2016 va in porto: l’ordine di detenzione non viene revocato. L’interrogatorio tanto atteso avviene a novembre: il ministero della giustizia svedese invia una lista di domande a Wilson Toainga, procuratore dell’Ecuador, che le sottopone ad Assange. La traduzione termina il 5 marzo dell’anno successivo. 

I rapporti con gli Stati Uniti cambiano prima dell’uscita di scena di Barack Obama, il quale annuncia la commutazione di parte della pena per l’ex soldato Chelsea Manning. Non c’è alcuna confusione: Chelsea era Bradley, poi il cambio di sesso durante la detenzione in carcere, che termina il 17 maggio: in applicazione della commutazione della pena, viene scarcerata. L’intervento di Obama comunque spinge Assange ad un’apertura: si dice disposto a consegnarsi agli Stati Uniti, a patto che vengano rispettati i suoi diritti. Il mese di maggio è quello decisivo per tanti motivi: il l’avvocato di Assange chiede nuovamente la revoca del mandato di arresto internazionale per le accuse di stupro e ieri è stata annunciata l’archiviazione dell’indagine. Lieto fine per Assange? Nient’affatto, perché la polizia di Londra è pronta ad arrestarlo, visto che la Westminster Magistrates’ Court di Londra aveva emesso un mandato di arresto a suo carico perché si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador anziché presentarsi alla Corte. Finita una battaglia, ne comincia un’altra per Julian Assange