“L’Occidente non ha saputo rispondere con un’altrettanto efficace strategia di logoramento”. Il generale Carlo Jean sa leggere come pochi la strategia che stanno usando le forze del terrorismo, dell’Isis, e fotografa con freddezza l’attuale situazione dopo lo sconvolgente attentato di Manchester, dove al termine di un concerto sono morti giovanissimi ragazzi di quattordici e quindici anni, bambini, una piccolina di otto anni, che assistevano a un concerto della loro attuale fan, Ariana Grande. Jean spiega che l’episodio di Manchester, che sta appunto  sconvolgendo il mondo intero, fa parte di una strategia studiata e mirata da parte dell’Isis. 



Quale esattamente, generale Jean?

Colpire e uccidere bambini, donne. Perché sanno benissimo che siamo emotivi, che queste sono delle società emotive, che hanno sentimenti profondi e radicati con i piccoli, con le donne. Colpire in questo modo indiscriminato, e soprattutto nei luoghi affollati da persone del tutto innocenti, è la loro strategia di logoramento, pensata e studiata. Quindi suggerita, in modo personale o virtuale, magari con la criptografia. E’ evidente lo scopo: logorarci, sfinirci. Questa, ripeto, è la loro strategia di logoramento nei nostri confronti.



Da che cosa è determinata, secondo lei, questa scelta strategica?

E’ già capitato alcune volte, anche in altre occasioni. Nel momento in cui perdono sul terreno, quando vedono seriamente compromesse le loro posizioni durante le battaglie che si combattono sul terreno, reagiscono immediatamente con gli attentati di ogni tipo in ogni parte del mondo. Impartiscono ordini in diversi modi, probabilmente motivando direttamente o indirettamente anche i cosiddetti “lupi solitari”. E questo è un problema gravissimo, a cui bisogna porre rimedio.

Dove hanno perso terreno, generale?

La guerra per loro sta andando male in Siria e in Iraq. E’ difficile pensare quanto possa resistere ancora Raqqa, la capitale dello stato islamico è in una situazione problematica. Ma la loro forza si è indebolita anche in Libia, che avevano in parte occupato. Ora sono stati respinti nel sud, nel Fezzan. E stanno andando male anche in altri paesi dell’Africa.



Che cosa dovrebbe fare l’Occidente in una situazione come questa?

Alla loro strategia di logoramento, continua, ossessiva, terribile, fatta di attentati improvvisati, con bombe confezionate con acqua ossigenata e acetone, la cosiddetta “madre di Satana”, perché spesso diventa uno strumento mortale anche per l’attentatore, sinora l’Occidente non ha saputo rispondere con un’altrettanto efficace strategia di logoramento.

In altri termini?

Intanto bisognerebbe liquidare definitivamente tutti i capi dell’Isis. Quelli che combattono in Siria e la parte dell’esercito iracheno di Saddam Hussein che poi è passata con l’Isis e non è più recuperabile. Chiamiamolo il quartier generale dello stato islamico, i suoi luogotenenti nei vari territori che occupano. Bisogna vincere tutte le resistenze sul terreno, arrivare intanto al colpo finale sul loro campo. E questo si può fare. Prendere i “santuari”, se così si possono chiamare, che ospitano il quartier generale e gli uomini dell’Isis. Poi, bisogna dirlo, in determinate occasioni occorre rispondere anche in altri modi.

Che cosa intende?

Guardi, se dopo il Bataclan a Parigi ci fosse stato una reazione dura, anche attraverso  bombardamenti, magari non solo per una giornata, credo che gli uomini dell’Isis si sarebbero indeboliti ancora di più. E’ inutile rispondere che senza alcuna reazione, loro, pur perdendo, hanno sempre la forza di reagire e mantenere qualche baluardo.

Il problema è quello di incalzarli in ogni modo?

Credo che sia questo il modo migliore, perché la questione sta diventando sempre più pericolosa, il nostro logoramento sempre più profondo e, inutile farci illusioni, questo non sarà certamente l’ultimo attentato. E nell’immediato futuro abbiamo di fronte molti problemi.

Si dice che bisognerebbe arrivare a tagliare ogni relazione con alcuni paesi. Si parla ad esempio dell’Arabia Saudita.

Mi sembra che si debba fare molta attenzione a questi schemi. Poco tempo fa, proprio il  ministro degli Interni dell’Arabia Saudita ha subito un attentato da parte dei terroristi. Dire che ci sia un nesso dell’Isis con l’islam wahabita è cosa vera, ma sostenere che ci sia un appoggio dell’Arabia Saudita verso il terrorismo, verso l’Isis, mi sembra azzardato e senza prove. Bisognerebbe fare alcune distinzioni, anche con altri combattenti che in Siria sono  impegnati, come gli hezbollah sciiti. Più che a schematizzare, a immaginare, bisognerebbe intanto reagire e poi ci sono altre situazioni da affrontare.

Quali, generale Jean?

Penso ad esempio ai foreign fighters. In Marocco ad esempio, chi torna dai luoghi di combattimento o non viene ammesso oppure viene messo in prigione per tre anni. Faccio un esempio: se il Parlamento italiano approvasse una legge per cui chi ritorna dai luoghi di guerra finisce per otto anni in carcere con il 41 bis, non sarebbe male. Sarebbe quanto meno un avvertimento, una reazione, una presa in considerazione di un problema grave. Al momento, ripeto, alla strategia di logoramento dell’Isis, non vedo alcuna reazione convincente da parte occidentale.

(Gianluigi Da Rold)