Il dramma del Venezuela si è arricchito, purtroppo, di un’altra decisione di Maduro che, come sottolineato dalla Cancelliera Argentina Susana Malcorra “rischia di gettare benzina sul fuoco su di una situazione gravissima”. In un discorso per celebrare la giornata del 1 maggio, difatti, il Presidente venezuelano ha dichiarato che convocherà una Assemblea nazionale costituente per sconfiggere “il colpo di Stato che l’opposizione sta organizzando contro di me, e che da un mese è causa di violenze continue”. Ma non solo: “In accordo con l’articolo 347 convoco al potere Costituente originario per permettere alla classe operaia di indire un’assemblea “ precisando che si tratta di una “Costituente cittadina, non di partiti, perché abbiamo bisogno di un potere superiore per contrastare e vincere la guerra economica e far sì che i beni e i servizi possano arrivare al popolo attraverso dei comitati locali. Vi chiedo quindi di protestare nelle strade per pretendere di congelare i prezzi”.
In altri termini si tratta di modificare la Costituzione, “ma ciò è impossibile e la manovra di Maduro nasconde un altro tentativo di accentrare a sé i poteri dello Stato in modo dittatoriale, visto che la stessa Costituzione Bolivariana promossa da Hugo Chavez nel 1999 prevede che eventuali cambiamenti possano essere effettuati solamente attraverso un referendum”, ci dichiara Marinellys Tremamunno, una corrispondente venezuelana autrice tra l’altro del libro “Venezuela: il crollo di una rivoluzione”, edito recentemente da Arcoiris. “L’attuale decisione del presidente non ha fatto altro che alterare ulteriormente gli animi e questa manovra è stata denominata dall’opposizione come il secondo golpe di Maduro, visto che il primo, due mesi fa, pretendeva di togliere i poteri legislativi al Parlamento. Il cui Presidente, Julio Borges, ha invitato la popolazione alla ribellione e a manifestare contro questa ulteriore manovra”.
Molti osservatori pensano che essa sia nata a seguito delle dichiarazioni di papa Francesco che, durante il ritorno della sua visita in Egitto, aveva parlato della necessità di un ulteriore intervento vaticano nella questione venezuelana “con condizioni molto chiare per uscire dalla crisi”. Ciò ha messo il primo mandatario venezuelano con le spalle al muro nella sua tattica di posporre qualsiasi tipo di decisione, al fine di mantenere il potere. Teme difatti che le elezioni, che ormai sono invocate dalla diplomazia di mezzo mondo, costituiscano il canto del cigno del suo potere.
“Enrique Capriles, un leader dell’opposizione, ha chiamato papa Francesco dicendosi scettico sulla riapertura del tavolo del dialogo, dopo il fallimento delle manovra fin qui attuate”, continua Tremamunno, “anche perché proseguono le manifestazioni e gli scontri con la polizia. Quelli seguiti all’ultima decisione di Maduro hanno registrato 29 arresti. Fino a oggi ci sono stati 32 morti e più di 400 feriti con circa 2000 persone detenute. Siamo molto allarmati con questa ulteriore decisione, fatto che conferma ulteriormente come in Venezuela non esista una democrazia, ma una dittatura. Ciò prova anche che non c’è nessuna intenzione di indire elezioni, permettendo una soluzione democratica”.