Nelle riunioni internazionali la cordialità, anche se simulata, e le buone maniere caratterizzano un comportamento, non a caso definito diplomatico anche nel linguaggio comune, diretto a nascondere dietro la morbidezza dei toni una realtà spesso conflittuale. Il recente summit della Nato sembra aver rappresentato un’eccezione sotto questo aspetto, grazie alla “ruvidezza” di Donald Trump che ha fornito ghiotto materiale al gossip mediatico. Come il video di Trump che spintona il primo ministro del Montenegro per mettersi in prima fila, o le strette di mano con il presidente francese Macron, che assomigliano molto a una sorta di grossolano braccio di ferro. Più significativo politicamente il video in cui si vede Macron deviare da Trump per andare a salutare calorosamente Angela Merkel.



The Donald ha poi dato una grande mano ai media quando si è provocatoriamente chiesto quanto fosse costata la nuova sede della Nato, a quanto pare grandiosa, ma soprattutto quando, secondo Der Spiegel, ha detto in un incontro con Jean-Claude Juncker e Donald Tusk che i tedeschi “sono cattivi, realmente cattivi”, perché esportano milioni di auto negli States. Affermazione fatta ai leader Ue qualche ora prima di incontrare Angela Merkel al summit Nato.



In questo quadro non proprio idilliaco si inseriscono i discorsi propriamente politici. L’incontro è stato preceduto da una dichiarazione alla stampa del segretario generale Jens Stoltenberg, che ha posto come temi principali del summit la lotta al terrorismo e una più equa divisione dei costi dell’Alleanza. Dopo aver definito un successo l’intervento Nato in Afghanistan, Stoltenberg ha indicato come uno dei principali progetti per il futuro la costituzione di una nuova cellula di intelligence contro il terrorismo. Ha poi dichiarato che la Nato in quanto organizzazione aderirà alla coalizione anti-Isis, affiancando i vari Stati membri che già ne fanno parte.



Alcune domande dei giornalisti hanno espresso perplessità sul proclamato successo della Nato in Afghanistan, così come sull’efficacia delle operazioni in Iraq citate dal segretario. Sull’adesione alla coalizione contro l’Isis Stoltenberg ha dichiarato che non porterà a nessun intervento militare, definendola però “un forte messaggio politico”. Circa la questione intelligence, un paio di giornalisti hanno fatto riferimento al contrasto tra Stati Uniti e Regno Unito per la fuga di notizie sull’attentato di Manchester, che dimostrerebbe la difficoltà di un’azione comune. Stoltenberg se l’è cavata dicendo che si trattava di una faccenda “bilaterale” tra Usa e Uk in cui non voleva entrare.

Stoltenberg è stato invece molto chiaro circa la Russia, che ha dichiarato essere sempre nell’agenda Nato “con un messaggio forte e chiaro, cioè che sono necessari una credibile deterrenza, capacità di difesa e dialogo”. In questo quadro ha citato il crescente dispiegamento di forze Nato nei Paesi dell’Europa Orientale, ultimamente di militari canadesi in Lettonia. Ha anche dichiarato che l’Alleanza appoggia le sanzioni contro la Russia, lasciando però che siano Ue e Usa a deciderle.

Trump, invece, non ha parlato della questione russa, attribuendo alla Nato come futuri compiti principali la lotta al terrorismo e i problemi dell’immigrazione, che ritiene evidentemente collegati tra loro. Il suo intervento è stato criticato per non aver esplicitamente dichiarato l’adesione del suo governo all’Articolo 5 del trattato, che prevede l’obbligo di intervenire in soccorso di un alleato sotto attacco, omissione ritenuta un segnale positivo per Putin. Trump ha però parlato dell’unico intervento avvenuto in base all’articolo, in Afghanistan dopo l’11 settembre, e dalla Casa Bianca si fa notare che l’adesione al trattato prevede il rispetto di tutti i suoi articoli, anche se non menzionati esplicitamente.

I toni più aspri sono stati usati da Trump sulla questione della partecipazione all’impegno finanziario: “Ventitré dei ventotto membri ancora non stanno pagando quanto dovrebbero pagare per la loro difesa. Questo non è corretto nei confronti del popolo e dei contribuenti degli Stati Uniti”. Un’affermazione accolta con visibile irritazione da molti degli altri capi di Stato e considerata da diversi commentatori un messaggio ai propri sostenitori in Patria.

Ciò è senz’altro vero, ma è altrettanto vero che la divergenza è reale e si affianca a una serie di altri problemi e conflitti interni all’Alleanza. La Nato appare in difficoltà nel definire il suo ruolo in un mondo ben diverso da quello del 1949, suo anno di fondazione. E’ quanto emerge anche dalla conferenza stampa di Stoltenberg e dall’aver posto due obiettivi così diversi tra loro come il contenimento della Russia, considerata la nuova Unione Sovietica, e la lotta al terrorismo, che prevede al contrario una collaborazione con Mosca. I deludenti risultati del successivo incontro di Taormina dimostrano come Nato, G7, UE, Onu e via dicendo rischino di diventare sigle vuote, utili solo per qualche giorno di gossip mediatico.