“Un focolaio, da dove l’Isis ha organizzato gli attacchi a Parigi e Bruxelles”. Così ha definito Raqqa, capitale dell’Isis in Siria, Brett McGurk, inviato speciale del presidente americano per la lotta a Daesh, parlando ad una conferenza alla Farnesina. Ma la cosa più significativa che ha detto è stata l’annuncio di un attacco della coalizione internazionale per liberare la città. Secondo il generale Marco Bertolini, intervistato da ilsussidiario.net, “si tratta di un annuncio propagandistico di grande effetto, ma in realtà stiamo ancora aspettando la liberazione di Mosul che mesi fa era stata data per imminente”. Conquistare una città, ha aggiunto l’ex capo di stato maggiore del comando Isaf in Afghanistan, “è operazione difficile, i difensori sono avvantaggiati avendo avuto tutto il tempo di preparare le difese; e conoscono il territorio”. In ogni caso, spiega, l’opposta visione che hanno Mosca e Washington sulla sorte della Siria, sta portando a una corsa contro il tempo per arrivare primi a Raqqa, cosa che senza un coordinamento rischia solo di ottenere un risultato che favorisce l’Isis.
Un attacco a Raqqa: come vede questa operazione? Che tipo di battaglia si sta preparando?
E’ un film già visto ad Aleppo, dove lo scontro è stato molto lungo e ci ha mostrato anche polemiche e accuse, secondo me molto pretestuose, nei confronti dell’esercito siriano, accusato di aver ucciso tanti civili. Lo stiamo ancora vedendo a Mosul, dove l’attacco era stato lanciato ancora prima che cadesse Aleppo, con un preciso significato propagandistico. Si voleva cioè far corrispondere alla prossima vittoria ad Aleppo un successo a Mosul.
L’inviato di Donald Trump ha però detto che a Mosul i militanti del califfato sono ormai asserragliati in un’area di soli 4 chilometri quadrati.
Senz’altro, però sembrava che fosse una cosa da sbrigare in poche settimane e ancora non è finita. Il fatto è che chi si difende è avvantaggiato rispetto a chi attacca.
In che senso?
Conosce il territorio, ha organizzato l’abitato in funzione difensiva, non si fa problema a usare i civili come scudi umani.
In caso di vittoria sarà un’operazione risolutiva?
La conquista di Raqqa è importante, infatti vi si stanno dirigendo i curdi e l’esercito siriano. Il fatto che gli alleati vogliano arrivare prima di tutti significa che prenderla sarebbe un successo non solo strategico ma propagandistico non da poco.
Prevede che sarà una battaglia molto lunga?
Non lo sappiamo, bisogna vedere che rapporti di forza ci sono fra le due parti. In linea di principio un abitato è difficile da conquistare specialmente in un caso come questo, dove gli occupanti vivono da anni e si sono organizzati per difendersi. I curdi si stanno avvicinando, gli americani e gli inglesi hanno fretta di conquistarla per impedire un allargamento dei siriani a est che li metta in contatto con l’Iraq e quindi l’Iran. Sicuramente se ancora non è finita a Mosul, figuriamoci a Raqqa dove devono ancora cominciare.
Se cade Raqqa cosa succede nella lotta all’Isis?
Se cade Raqqa, l’Isis nell’area iracheno-siriana riceve un colpo non indifferente. In quello scacchiere sarebbe un successo non da poco. Teniamo conto che è in atto una vera corsa da ovest a est, con i siriani e i russi che intorno ad Aleppo verso est stanno liberando molti territori per chiudere l’Isis in una sacca.
Si può fare un’operazione del genere senza coinvolgere Turchia e Russia?
Se in questa operazione ci sono anche i curdi sicuramente non fa piacere alla Turchia, che continua a considerarli un nemico da combattere. E’ chiaro che un coinvolgimento turco è difficile da ottenere. Con la Russia è uguale, c’è il rischio continuo di un contatto diretto fra forze americane e forze russe. II fatto che la cosa non venga coordinata è motivo di grande preoccupazione, la speranza è che sia coordinata ma personalmente ho dei dubbi.
Sembra di capire che manchi completamente una strategia comune fra i cosiddetti liberatori. Si può liberare Raqqa senza un piano per la Siria?
Stati Uniti e Russia vogliono due cose diverse. Mosca vuole conquistare territorio mantenendo Assad alla guida della Siria, gli Usa e Israele vogliono combattere l’Isis ma insieme a forze qaediste che combattono il regime siriano. Hanno una visione politica completamente diversa.
E poi abbiamo Trump che vende armi all’Arabia Saudita, il cui regime sostiene le forze terroristiche anti-Assad e non solo. Che ne pensa?
Questo purtroppo è il segno dell’ipocrisia di fondo con la quale si combatte. L’Arabia sponsorizza da tempo movimenti radicali e terroristi, ha fatto di tutto per far fuori Assad, aiutando i terroristi. E non si trattava di una guerra politica, di manifestazioni di popolo, ma di una guerra sporca fatta da tagliagole privi di ogni senso di umanità nei confronti della popolazione. Il fatto che gli Usa confermino questa alleanza privilegiata con l’Arabia è inquietante e diventa difficile per gli americani dire che non sono alleati dei tagliagole.