Il più grande funerale che la storia siriana abbia mai ricordato si è svolto il 26 di aprile a Damasco. 150 bare hanno trasportato i corpi di 72 bambini e dei loro parenti nel santuario sciita di Zeinab. Le onoranze funebri sono state tributate ai martiri della strage di Rashideen, una località vicino ad Aleppo. Le vittime erano tutti sfollati delle due cittadine sciite di al Fuya e Krafaya: tre degli autobus sui quali viaggiavano, erano stati fatti saltare con un’autobomba guidata da un attentatore suicida. Le numerose testimonianze raccolte dalla giornalista Vanessa Beeley, hanno riportato particolari agghiaccianti: i militanti hanno radunato gran parte dei bambini in uno degli autobus colpiti allettandoli con una distribuzione di patatine; ai passeggeri degli autobus i miliziani antigovernativi non avevano concesso di scendere da 48 ore; i passeggeri sono stati fatti scendere solo 10 minuti prima dell’esplosione.



Sempre lo stesso giorno delle esequie degli sciiti, nel quartiere cristiano di Bab Touma di Damasco, la popolazione ha dato l’ultimo saluto a cinque cristiani di Maloula, i cui corpi sono stati rinvenuti dopo anni di distanza dal loro rapimento avvenuto durante la devastazione dell’antico villaggio cristiano (dove si parla ancora l’aramaico) ad opera dei terroristi di al Nusra e dei ribelli “moderati” del Free Syrian Army (per maggiori particolari, vedi “SOS Chrétiens d’Orient en Syrie“).



Ebbene, se in occasione della strage di Rashideen è stata offerta dai media solo una informazione molto scarsa ed ambigua, nella giornata dei funerali è calato l’oblio più assoluto. Aiuto alla Chiesa che Soffre (fondazione di diritto pontificio nata nel 1947 per sostenere la Chiesa in tutto il mondo), mostrando una foto della folla che ha partecipato al rito funebre, ha chiesto con un Tweet “Dove sono i media? E le Istituzioni? Non sono #FakeNews! 150 persone, di cui 72 bambini, brutalmente uccise”. Il messaggio richiama in modo molto chiaro ed efficace l’attenzione sull’osceno atteggiamento di un occidente che dice di voler esportare la giustizia, la democrazia e la prosperità in tutto il mondo ma che nei fatti, dimostra di avere ben altre prevaricatrici ambizioni.



Se le notizie intorno alla strage di Rashideen sono state del tutto occultate (funerali compresi), tutt’altra sorte è stata riservata all’attacco dei gas del 5 aprile a Khan Sheikhun: in questo caso, la comunità internazionale ha ritenuto di reagire prima ancora che si avesse contezza dei fatti. E’ evidente che i due episodi, pur essendo speculari (ma il primo certo ed il secondo incerto circa le responsabilità), sono stati trattati molto diversamente. L’elenco delle tante incongruenze sarebbe lungo. Per tutte, basti ricordare l’articolo sul Daily Mail che il 29 Gennaio 2013 preannunciava un attacco chimico “false flag” da attribuire all’esercito siriano (articolo poi rimosso quando l’attacco si è verificato ma visibile ancora su archive.js) e i filmati del Media Center di Idlib dei ribelli che ha caricato i filmati il giorno prima che i fatti accadessero. 

Ciononostante, contro ogni evidenza ed ogni ragionevole dubbio, i tamburi di guerra continuano a rullare: sabato, il figlio del presidente Trump, Donald Trump Jr., intervistato sul canale Fox News, ha affermato che l’attacco che il presidente Usa ha ordinato contro l’aeroporto siriano di Shayrat, è l’atto migliore che il padre ha compiuto durante i suoi primi 100 giorni di mandato. Sulla stessa linea il candidato francese Macron che ha assicurato che se sarà eletto, ordinerà un attacco francese “per distruggere le capacità chimiche siriane”. E’ utile precisare che questa promessa è basata su indagini dei servizi segreti francesi, gli stessi che hanno fornito le false prove sulle stragi di Gheddafi e che scatenarono l’intervento della Nato e la conseguente distruzione della Libia. 

Alla luce di questi fatti, appare chiaro che la Comunità internazionale dovrebbe prendere seriamente il giudizio richiamato dal Papa in Egitto, secondo il quale alla base della pace c’è la sincerità delle intenzioni che “non è una strategia per realizzare secondi fini, ma una via di verità, che merita di essere pazientemente intrapresa per trasformare la competizione in collaborazione”.

In tal senso, l’ennesima occasione è rappresentata dal quarto round dei colloqui di pace che si sono aperti ieri ad Astana e che termineranno oggi. Il memorandum (presentato dalla Russia) che dovrebbe essere firmato oggi, ricalca quello richiesto dagli Usa e dalla Turchia. Perciò ci sono buone speranze che venga sottoscritto dagli stati garanti (Russia, Turchia, Iran). Il documento prevede la realizzazione di quattro zone di sicurezza per la de-escalation del conflitto nelle aree laddove le operazioni militari non sono in atto contro Isis. Questi territori sono quelli nella provincia di Idlib, i territori a nord di Homs, Gouta orientale (Damasco) e le aree contese al sud della Siria.

I confini esatti di queste zone in cui saranno sospesi i combattimenti (compresi i bombardamenti), non sono stati ancora determinati, ma sono chiamati “zone di riduzione della tensione”. La vigilanza sulla tregua lungo i confini che delimiteranno queste zone di sicurezza dovrebbe essere affidata a forze turche, iraniane e russe. I civili disarmati avrebbero libero accesso attraverso punti di controllo. 

Una prima intesa di massima già è avvenuta durante una telefonata tra Putin e Trump il 2 aprile in cui si è parlato principalmente della situazione siriana; il presidente americano ha giudicato il colloquio “molto buono”. Positivo anche l’incontro tra Putin ed Erdogan di ieri a Sochi. Il presidente turco Erdogan ha assicurato che presto si vedranno i “risultati concreti” dei negoziati di oggi e che i passi che Russia e Turchia compiranno insieme in futuro, “cambieranno il destino di tutta la regione”. In sostanza, tutti i paesi garanti sono d’accordo: oggi vedremo se questi buoni auspici si concretizzeranno anche con l’accettazione del piano da parte dell’opposizione armata guidata da Mohammed Alloush, capo dell’organizzazione “Jaish al-Islam”.

Se sottoscritto, il documento che porterà alla cessazione delle ostilità, entrerà in vigore il giorno dopo la firma mentre l’approvazione dei confini delle zone di sicurezza richiederà circa due settimane.