In Venezuela vengono violati i diritti umani: la denuncia arriva dal padre di uno studente finito in carcere senza essere incriminato. Fernando Caballero Arias ha accusato direttamente il governo del presidente Maduro. A La Stampa ha ricostruito la vicenda che lo sta tormentando: suo figlio, Fernando Caballero Galvez, studente del quinto anno di Economia alla Universidad Central de Venezuela stava partecipando ad una marcia il 6 aprile quando si è fermato per aiutare una ragazza caduta a terra per i lacrimogeni. In quel frangente è stato bloccato è arrestato dalla Guardia Nacional Bolivariana e dalla polizia.
«È ancora detenuto con l’accusa di terrorismo, senza essere stato incriminato in tribunale», racconta suo padre senza avere paura di metterci la faccia. Dalla tre del pomeriggio di quel 6 aprile è cominciato il calvario di Fernando. «Come prima cosa gli hanno rubato tutto, soldi e cellulare». Nella sede della polizia politica del regime è stato torturato: «Lo hanno pestato con i bastoni, frustato con corde bagnate, e poi torturato con le scariche elettriche. Quindi lo hanno incappucciato e rinchiuso in una cella buia di isolamento». Il 29enne non ha confessato di aver commesso reati né di essere stato spinto a farlo dai leader dell’opposizione, quindi le torture sono proseguite. Portato nuovamente in prigione, potrebbe restarci ancora a lungo. Arias non bada ai rischi che comporta la sua denuncia, ma si preoccupa invece di denunciare quanto accaduto affinché la comunità internazionale sappia cosa sta accadendo in Venezuela.
La repressione sta diventando sempre più brutale: lo ha confermato Alfredo Romero, direttore esecutivo del Foro Penal. Le torture più ricorrenti sono scariche elettriche, bastonature, minacce di violenza sessuale, che nel caso delle donne sono molto frequenti. A marzo è stata scoperta una fossa comune nel carcere di San Juan de los Morros: per Romero è la dimostrazione che le mafie gestiscono le prigioni. «Quando si ammazzano tra loro, il governo li butta nelle fosse comuni».