Ha ispirato un tecnica usata per torturare i gay: si chiama “zvonok Putinu“, che vuol dire “telefonata a Putin” e consiste nel far passare scariche elettriche nel corpo del prigioniero attraverso il lobo dell’orecchio. Il retroscena è stato svelato a L’Espresso da un uomo arrestato in Cecenia perché gay. Volevano che denunciasse i suoi amici, dopo due settimane di torture è stato consegnato alla sua famiglia con «l’invito» ad ammazzarlo. Il delitto d’onore, infatti, è diffuso e impunito in Cecenia. Per fortuna è riuscito a scappare e ora è a Mosca, in una safe house dell’organizzazione umanitaria Lgbt Network (Lgbtn).



Finora sono stati salvati una quarantina di omosessuali e qualcuno di loro è già all’estero. Andrey, il cui vero nome è un altro, ha paura anche se è a Mosca, perché i killer ceceni agiscono indisturbati in Russia. La Cecenia fa parte della Federazione Russa, ma Mosca non la controlla. Così possono proseguire sistematicamente le persecuzioni: negli ultimi tre mesi oltre 100 persone sono state detenute illegalmente e in molti casi torturate perché omosessuali o presunte tali. Il giornale indipendente russo Novaya Gazeta sostiene di avere prove certe di quattro uccisioni e sta indagando su altre morti sospette, ma il Cremlino smentisce. Casi di estorsione da parte delle forze di polizia nei confronti di persone omosessuali sono frequenti, stando ai racconti di Lgbtn, anche in Inguscezia e Daghestan.



Non è una questione di religione, ma allora perché la Russia non fa nulla? «La Cecenia senza i soldi di Mosca non puo` sopravvivere, e Mosca ha bisogno che la Cecenia sia pacificata. Gli equilibri che evitano una nuova guerra di secessione li puo` garantire solo Kadirov. In cambio, il leader ceceno pretende l’assoluta immunita`. Ecco perche´ le leggi russe in Cecenia non valgono», ha spiegato Alexey Malashenko, direttore del programma Islam, religioni e Caucaso al think tank Carnegie di Mosca.

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