La vittoria di Emmanuel Macron in Francia costituisce certamente il successo di un programma e la vittoria del suo movimento alle elezioni legislative in corso può essere considerata come una delle più rapide ascese dal dopoguerra ad oggi. Per quanto i problemi restino tutti aperti e la decisione di oltre la metà dei cittadini di non recarsi al voto al primo turno costringa a sospendere provvisoriamente il giudizio sulla consistenza reale di un simile primato, ciò non cambia la sostanza di quanto sta attualmente accadendo.
È infatti indubbio come il quadro della distribuzione dei consensi si sia visibilmente, e per qualcuno irrimediabilmente, alterato: è caduto oramai definitivamente l’astro socialista, la sinistra radicale sta iniziando il proprio declino, il centro-destra ristagna e la stessa destra radicale, dopo un lungo periodo di ascesa costante, ed a tratti impetuosa, conosce la strada del ridimensionamento.
Le qualità del nuovo presidente della Repubblica sono oramai più che note: tecnico di livello, dotato di fiuto e competenze, provenienti tanto dalla sua formazione quanto dagli incarichi che ha successivamente ricoperto, Emmanuel Macron è sicuramente il puro prodotto della migliore selezione professionale possibile. La sua collaborazione con il governo sotto la presidenza Hollande gli ha permesso di essere accreditato nel centro-sinistra, mentre la sua politica conservatrice in economia gli ha consentito di essere guardato con simpatia nel centro-destra. La sua giovane età rispetto alla media dei suoi competitor e la capacità di fondare un movimento capace di sbaragliare in un anno partiti consolidati, gli hanno dato la possibilità di occupare la postazione del movimento alternativo, perfettamente contro-bilanciata dalla sua immagine istituzionalmente rassicurante. Convinto europeista, Emmanuel Macron si esprime per un rinnovamento profondo della Francia contemporanea che sia in grado di recuperare, accanto all’onestà, quella particolare forma di moralità che è costituita dalla progettualità politica.
Il suo successo risolve così una situazione ambivalente, dove da un lato l’insoddisfazione collettiva, andando di pari passo con una perdita di fiducia verso le leadership consolidate, si è andata esprimendo tanto attraverso il non voto, quanto tramite posizioni radicali anti-europee. Dall’altro lato, e all’opposto, questa stessa insoddisfazione ha intrapreso una strada moderata, consolidando una ricerca di mutamento che transitasse attraverso l’idea di un progetto politico da riaffermare, di energie da sollecitare, di qualità da apprezzate e da sostenere. In breve l’alternativa si è rapidamente configurata tra un progetto di difesa da un lato ed un progetto di ricostruzione della polis dall’altro. Il successo di Emmanuel Macron ha portato alla vittoria proprio questa seconda rappresentazione e l’ascesa del movimento da lui fondato lo sta confermando.
Nel suo discorso elettorale i termini oppositivi sono praticamente inesistenti: l’attuale presidente non indica nessun avversario specifico, ma constata invece l’esistenza di un’insoddisfazione popolare diffusa dinanzi ad un paese che si percepisce come profondamente bloccato, giunto oramai ad un vicolo cieco e nel quale si sono rapidamente usurate tutte le alternative possibili: a sinistra come a destra, nel centro-sinistra come nel centro-destra.
Nessuno può dire se il mandato che si sta affidando al suo movimento potrà effettivamente tirare la Francia fuori dall’attuale situazione di ristagno. Tuttavia, piuttosto che semplicemente correre ai ripari, ciò che sta vincendo è, ancora una volta, la possibilità di riunire le energie intorno ad un progetto politico di ripresa e di rilancio, più che alimentare il conflitto. Nell’immaginario collettivo, nelle rappresentazioni condivise e dinanzi alle incertezze crescenti è proprio questo progetto di ricostruzione che sembra essere sottoscritto. Se l’altra metà della Francia resta silenziosa, la componente che ha scelto di recarsi alle urne e di preferire Emmanuel Macron e il suo movimento sta scegliendo proprio il recupero di un tale progetto, e sceglie di farlo intrecciando alleanze piuttosto che sancendo differenze.
Può bastare? Certamente no. La Francia di Emmanuel Macron e del suo movimento dovrà fare delle scelte non indifferenti su temi emergenti e divisivi. Ma ciò non toglie nulla al primato di questo riflesso anti-conflittualista. E’ proprio la volontà di uscir fuori non solo dalla crisi, ma anche di recuperare un terreno comune condiviso che costituisce il vero fascino del progetto del movimento “En Marche!”, l’attrattiva decisiva che ne decide il consenso e lo premia.